Allarme smog in Italia: analisi di una situazione critica
A distanza di un anno, il dossier di Legambiente "Mal'aria di città 2019" non riporta dati confortanti: a settembre sono già 17 le città capoluogo "fuorilegge" per il superamento del limite previsto per le polveri sottili e altre 5 sono vicine ai 35 giorni fatidici avendo superato già quota 30 giorni. Maggiori informazioni nell'articolo.

A meno di 90 giorni dalla fine del 2019, ritorna l’allarme smog: Torino e Alessandria, in Piemonte, sono le città che presentano le situazioni più critiche. Anche Milano è tra le città con più problemi relativi al tema, come emerge da ‘Mal’aria di città 2019‘, il rapporto annuale di Legambiente sull’inquinamento atmosferico in Italia che fornisce una panoramica del 2018. Il documento dell’associazione ambientalista italiana riporta, infatti, che “a settembre sono già 17 le città capoluogo fuorilegge per il superamento del limite previsto per le polveri sottili (35 giorni con una media giornaliera di Pm10 maggiore a 50 microgrammi a metro cubo), mentre altre 5 città sono pericolosamente vicine ai 35 giorni fatidici avendo superato già quota 30 giorni“.
Si tratta di città collocate in Pianura Padana: in quest’ottica, dal 1 ottobre 2019, nelle quattro regioni della zona interessata (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna), sono stati presi dei provvedimenti per contrastare le criticità in questione, le cui conseguenze avranno ripercussioni sulla vita e sulle abitudini di molti. Primo tra tutti è il blocco della circolazione dei veicoli diesel Euro3 nelle città per tutta la stagione invernale, mentre nelle giornate più soggette a inquinamento dovrebbe scattare in automatico anche il blocco della circolazione dei veicoli diesel Euro4.

Queste misure si aggiungono ad altre già istituite nelle città più a rischio, ovvero Milano e Torino: il capoluogo lombardo bloccherà ai varchi d’ingresso – come già avviene dallo scorso 1 Ottobre 2019 – la circolazione dei veicoli diesel Euro4; spostandoci in Piemonte, anche a Torino si attuerà lo stesso piano per contrastare il problema smog, a partire dal 2020. “Un provvedimento – si legge ancora nel documento – che riguarda circa 4,3 milioni di veicoli: 780 mila vecchissime automobili a benzina e 1 milione 420mila auto diesel circolanti nelle quattro regioni a cui si aggiungono 1,2 milioni di mezzi a 2 ruote (moto, ciclomotori e scooter Euro 0, 1 e 2), circa 750 mila veicoli industriali leggeri (con portata inferiore a 3,5 tonnellate) e quasi 200mila camion e trattori stradali pesanti. Più o meno un decimo dei mezzi a motore circolanti in Italia“.

L’Italia è uno tra i paesi europei con il più alto tasso di motorizzazione; ciò vuol dire che è presente una proporzione pari a 65 auto ogni 100 abitanti. Da questi numeri emerge che la richiesta di circa 2/3 di mobilità nella nostra penisola viene soddisfatta dall’automobile. Una soluzione, quindi, potrebbe essere rinunciare quando possibile a questo mezzo, sostituendolo con autobus, biciclette o usufruendo del servizio di car sharing.
Purtroppo, in vista di tali limiti e provvedimenti, alcune regioni e alcuni comuni non hanno tardato a polemizzare presentando deroghe ed espedienti per andare incontro ad automobilisti in disaccordo con queste nuove misure.

Sotto osservazione non sono però solo le emissioni delle automobili, ma anche quelle dovute al riscaldamento delle abitazioni: è stata imposta una regola che permette un massimo di 20 gradi negli ambienti (19 nei giorni di maggiore inquinamento) e una limitazione nell’utilizzo di stufe a biomasse e caminetti. Va anche considerato il settore agricolo: le alte concentrazioni di polveri si osservano anche in zone rurali accompagnate dalla presenza di ammoniaca prodotta dall’agricoltura, che, mescolandosi con il traffico, contribuisce ad aggravare la situazione.