I bambini e l’educazione alla tecnologia digitale: la parent coach Veronica Remordina si racconta
Veronica Remordina, coworker di Cittadellarte, ha tenuto un intervento a TEDx Biella sul tema della tecnologia digitale e del relativo impatto con le giovani generazioni. La parent coach, ai nostri microfoni, ha fatto il punto sulla questione e ha offerto alcuni spunti per un utilizzo virtuoso.

Durante i miei corsi ho constatato che, in Italia, c’è ancora un vuoto nell’educazione alla tecnologia digitale. E il mio scopo è quello di aiutare i genitori e gli educatori a fare chiarezza in questo ambito così delicato”: Veronica Remordina, parent coach laureata in psicologia, presenta così ai nostri microfoni il topic di cui è esperta. La professionista biellese, una comportamentalista familiare e una formatrice per aziende e genitori in ambito educativo e tecnologico, tiene da anni incontri sulla digitalizzazione fornendo strumenti e consigli per un utilizzo responsabile e consapevole della tecnologia. Tra i principali campi di ricerca e lavoro della parent coach, come accennato, figura quello della tecnologia del digitale in ambito educativo. Su questo argomento, poche settimane fa, ha incentrato un intervento che l’ha vista protagonista all’appuntamento annuale di TEDx Biella a Palazzo Gromo Losa, in una giornata in cui il tema delle relazioni era Le periferie della conoscenza.

Veronica Remordina mette in luce le linee guida del suo speech: “Se da un lato, la tecnologia digitale – racconta – è un tema nuovo per noi adulti, dall’altro lato per i bambini e i ragazzi è, senza ombra di dubbio, parte integrante delle loro vite fin dalla nascita. La scuola fa il possibile per approfondire la questione, così come i genitori, ai quali è chiesto di andare oltre le loro convinzioni affrontando temi nuovi. Alunni e figli, però, non diventano competenti in questo ambito semplicemente con un tablet in mano, ma è necessario fornire loro un’educazione ad hoc sull’utilizzo degli strumenti tecnologici”. Per questo processo è doveroso cambiare la loro prospettiva di utilizzo: “Spesso – argomenta la parent coach – i giovani usano i dispositivi solo come fruitori passivi e, così, diventano dei tester delle nuove app e dei videogiochi. Un modo per aiutarli a diventare più consapevoli è quello di insegnare loro il linguaggio della programmazione. La tecnologia è positiva: avendo le competenze giuste è possibile usarla a proprio vantaggio”.

Come educare, quindi, i ragazzi alla digitalizzazione? “Durante il mio intervento a TEDx Biella – risponde – ho elencato alcune delle competenze fondamentali, che ho sintetizzato in cinque punti. Il primo, come accennato, riguarda il linguaggio della programmazione: è importante che i genitori diano questo tipo di formazione ai figli, anche non direttamente. Il secondo è allenare il loro pensiero flessibile: in un contesto così mutevole come quello attuale la flessibilità permette ai figli di ‘muoversi nel cambiamento’ con più facilità. Contestualizzando: tanti posti di lavoro di oggi, fra qualche anno non esisteranno più e avere un pensiero flessibile aiuterà i giovani ad affrontare meglio il cambiamento. Il terzo punto è allenare la loro soglia attentiva e di concentrazione. A questo proposito, è importante svolgere con bambini e ragazzi i giochi e le attività che preferiscono, aiutandoli così ad entrare in un flusso che li tenga concentrati in quello che fanno. I giovani hanno una soglia di attenzione bassissima, perché sono esposti fin da piccoli a moltissimi stimoli, soprattutto quelli che arrivano dal mondo digitale”.

I consigli di Veronica Remordina continuano con altri due aspetti: “La quarta competenza – prosegue la comportamentalista familiare – è allenare il loro pensiero computazionale, ovvero la capacità di un individuo di dare delle istruzioni a un altro soggetto o a una macchina, affinché esso/a porti a termine un compito o raggiunga un risultato. L’ultima è accogliere amorevolmente i desideri di bambini e ragazzi, che spesso sono insoddisfatti e si rifugiano nello smartphone per cercare di ovviare a una mancanza“.

La parent coach conclude delineando le possibili prospettive sociali del rapporto uomo-tecnologia: “Ad oggi non conosciamo le ‘conseguenze’ della vita digitale. Nessuno, finora, ne è stato esposto dalla nascita alla vecchiaia e questo è un motivo in più per acquisire risorse e competenze su quest’ambito. La tecnologia fa parte delle nostre vite e ci sono due opzioni per approcciarsi ad essa: la prima è quella di considerarla negativamente o con timore e, in questo caso, sarà difficile farla fruttare a proprio vantaggio; la seconda opzione, quella da me sostenuta, è di passare attraverso un’educazione specifica, in modo tale che la tecnologia stessa ed il digitale vengano utilizzati come un mezzo per raggiungere degli scopi, in modo responsabile e vantaggioso”.