Dalla guerra alla donazione, le imprese che riciclano il materiale ricavato dalle bombe inesplose
Esistono aziende artigiane che utilizzano le bombe inesplose per realizzare gioielli etici. I progetti sono stati ispirati da una pratica sostenibile attuata in Laos, dove gli artigiani stanno riutilizzando gli "scarti" della guerra.

Trasformazione: è un processo di mutazione, che parte da una “condizione A” e attraverso varie fasi di cambiamento arriva ad una “condizione B”. Sono stupefacenti quelle azioni di cambiamento che mutano un oggetto o una situazione negativa in qualcosa di positivo o, addirittura, in una risorsa.

È il caso dello stato del Laos, i cui abitanti hanno saputo trarre profitto da una delle tragedie più grosse: la guerra. Tra il 1964 ed il 1973 sono state sganciate dall’esercito statunitense l’equivalente di otto bombe ogni minuto, un vero massacro se si conta, tra l’altro, la ridotta superficie dello stato. Come a guardare il bicchiere mezzo pieno, gli abitanti del luogo hanno pensato di utilizzare l’ingente quantità di materiale ferroso che si sono ritrovati sul territorio per dargli un’utilità, fondendolo e trasformandolo in cucchiai. Elisabeth Suda, attuale imprenditrice di New York, notò la pratica durante un viaggio nel 2008 e ideò il brand Article22. Il suo intento fu quello di attrarre il mercato internazionale riproducendo con la stessa modalità dei gioielli, incrementando così anche i guadagni degli artigiani locali. La collezione Peacebomb integra materiali di guerra con metalli semilavorati e preziosi, offrendo l’artigianalità rurale del Laos. Lo scopo del brand è solo quello di guadagnare, ma anche di dedicare una parte del ricavato per sminare i territori che, negli anni, sono stati colpiti dalla guerra.

Un sorta di processo di rigenerazione, che parte dalla distruzione per arrivare alla costruzione, un sistema che imita quello perfetto della natura, in cui vita e morte si alternano in un equilibrio sostenibile. Anche in Italia esiste una realtà che si fonda sugli stessi principi di quella americana, ed è la No War Factory. Una volta importati i gioielli, che vengono realizzati direttamente in Laos, un’artigiana orafa di Viareggio li impreziosisce e li rende unici. Scopo non ultimo dell’impresa è quello di donare parte del ricavato per acquistare filtri in ceramica utili alla depurazione dell’acqua nei villaggi rurali.

Riciclare, donare e appoggiare imprese che si basano su due cardini come questi può cambiare il sistema meramente consumistico, dando un risvolto utile e con scopi rigenerativi.

Photo credit: Article 22