Tra Let Eat Bi, nutrimento e sostenibilità: intervista a Rimvydė Muzikevičiūtė
La studentessa lituana sta elaborando a Cittadellarte un policy advice nel contesto di un "tirocinio di ricerca" della laurea in Cultural Leadership che sta seguendo in Olanda. Il suo progetto si concentra su Let Eat Bi ed è teso a valutare e far emergere la relazione tra cultura, nutrimento, arte e sostenibilità. Rimvydė, ai nostri microfoni, ha messo in luce l'esperienza alla Fondazione Pistoletto anticipando parte dei contenuti del suo lavoro.

Un percorso di studi e di vita tra Lituania, Olanda e Italia che ha imboccato i sentieri di nutrimento, musica, arte e cultura, intrecciando queste tematiche e identificando il loro impatto nella società: è questa, in sintesi, la strada che ha intrapreso Rimvydė Muzikevičiūtė, studentessa lituana 26enne, ora impegnata a 360 gradi su Let Eat Bi per valutare se e come un progetto culturale fondato sull’arte possa generare nei soggetti coinvolti un’attivazione per un cambiamento sostenibile. L’abbiamo incontrata per percorrere parte di questo suo cammino nel luogo che ha scelto per dar forma e approfondire la sua ricerca, Cittadellarte. Nonostante sia a Biella dallo scorso ottobre, nel nostro confronto è parsa completamente calata nell’atmosfera della Fondazione Pistoletto, come se vivesse – in ogni suo aspetto – la realtà artistica da anni. Fin dalle prime battute è parsa entusiasta di condividere la sua storia e, passo dopo passo, è emerso cosa ha portato una studentessa lituana nel territorio laniero. In una narrazione intramezzata da sorrisi contagiosi e una percepibile energia creativa ha delineato cosa si cela dietro la scelta di sviluppare un’idea all’apparenza inconsueta per il suo percorso di studi: individuare e definire come la sostenibilità e il cibo siano bene comune e parte della cultura di un determinato contesto geosociale.

L’idea poteva sembrare uno schizzo di colore fuori da spazi predefiniti: il suo biennio di ricerca in Cultural Leadership che sta seguendo a Groningen è focalizzato sulle parole chiave ‘arte’ e ‘cultura’ e, come rivelato da Rimvydė, gli altri compagni della sua università sono soliti approfondire aspetti legati strettamente a quei due topic, senza sconfinare. La studentessa, invece, li ha voluti mettere in relazione con gli ambiti del nutrimento e della sostenibilità: “Per il mio biennio – spiega – sono tenuta a fare un tirocinio e posso scegliere il topic in cui realizzarlo. Già all’inizio del master ero interessata alla sostenibilità e al cibo come bene comune e come parte della cultura. I miei compagni, in genere, scelgono di portare avanti i loro stage nei musei, nei festival o in tutto ciò che è solitamente associato alla cultura. Io, però, ho voluto concentrarmi sul nutrimento e collegarlo ai temi del mio master. Avevo timore che la mia idea non fosse compresa nella sua interezza, ma Katherine Watson (direttrice del ‘Cultural Leader in Residence’ dell’Università di Groningen), che conosce Cittadellarte, mi ha consigliato la realtà biellese e, nello specifico, l’Ufficio Nutrimento. Let Eat Bi rappresentava tutto ciò che avevo immaginato! Così ho deciso: l’associazione sarebbe stata ispirazionale e funzionale al mio lavoro di ricerca”.


La passione per l’ambito nutrimento e l’esperienza nella nostra penisola non è nuova per la studentessa: ha vissuto quasi 4 anni a Trento, dove ha portato a termine una triennale al Conservatorio “F.A. Bonporti” di Trento e Riva del Garda. Qui, tra brani e note, è stato alimentato il suo interesse per il cibo: “Durante l’esperienza formativa – racconta – ho avuto l’opportunità di imparare la lingua e conoscere la cultura italiana e internazionale anche grazie a momenti di convivialità con altri studenti. A questo proposito, le cene si rivelavano momenti di aggregazione: su suggerimento del professore di sassofono che cucinava a sua volta, ogni compagno preparava un piatto tipico del proprio Paese e lo condivideva con gli altri. Questi erano frangenti che rafforzavano un senso di comunità, tutti condividevano il proprio mondo attraverso il cibo e, inoltre, mi è sempre piaciuto cucinare e scoprire nuove ricette. Da questi momenti ho capito che il cibo definisce molto di una cultura e di una società e ho voluto affrontare il tema anche come campo studio”. Questo desiderio è frutto anche di un’abitudine d’infanzia, durante la quale ha sempre consumato cibo locale, naturale e stagionale grazie al raccolto dell’orto di famiglia in Lituania.

Il desiderio si è poi sviluppato e ha preso forma a Biella, dove, fin dal primo giorno, si è sentita accolta: “Trovo la cultura olandese – afferma – più individualistica rispetto a quella italiana, dove il senso di comunità è più forte, come dimostrano le mie esperienza a Trento e a Cittadellarte. Qui, al mio arrivo, sono subito stata al mercatino Let Eat Bi e ho conosciuto Armona Pistoletto di persona, poi ho incontrato i produttori del punto vendita, Mauro Lombardi con i volontari del progetto ‘Orti del Biellese’ e ho visitato e lavorato in uno di questi terreni. Ho potuto calarmi immediatamente in questa realtà, studiando da vicino tutto ciò che ruota attorno a Let Eat Bi”. Rimvydė, basandosi sulla realtà biellese, è tenuta a sviluppare un framework per la sua ricerca e, come da output del suo biennio, deve occuparsi dell’elaborazione di un policy advice finalizzato a supportare l’organizzazione di riferimento.

Oltre al mercatino – continua – seguo anche i bandi con Armona, raccolgo questionari e sondaggi per produttori e per i clienti del punto vendita. Quando avrò ottenuto tutto il materiale, realizzerò un report teso a suggerire come portare avanti le attività di Let Eat Bi e il passo finale sarà elaborare la tesi”. Un iter articolato che si avvale dei contributi e delle analisi di consumatori, produttori e dell’osservazione di tutti i momenti chiave dell’associazione, tra iniziative e consigli direttivi. Il processo comunicativo e informativo ha colpito la studentessa: “Per un consumatore poter vedere e parlare coi produttori è molto significativo. In Olanda, dove abito io, non c’è questa possibilità: ci sono solo mercati grandi e contrariamente al punto vendita di Let Eat Bi non si possono creare ‘relazioni’ tra clienti e produttori”.

Let Eat Bi, per Rimvydė, è quindi un modello virtuoso in ogni suo aspetto, ma potrà essere emulato in altri contesti? “Potrò rispondere nel dettaglio a questa domanda una volta conclusa la mia ricerca, ma di certo una pratica come questa è molto definita dal contesto culturale e sociale. In Olanda, ad esempio, credo sia difficile da replicare, visto che il nutrimento non è socialmente considerato un tema primario a livello di tempi e risorse. Un cambiamento responsabile potrebbe avvenire più efficacemente in comunità specifiche che riescono a comprendere l’importanza di promuovere responsabilità sociale e pratiche più sostenibili”. In quest’ottica, Rimvydė ha infine messo in luce le differenze tra Italia e Olanda, evidenziando le peculiarità virtuose del mercatino: “Let Eat Bi offre l’opportunità di acquistare prodotti sani e biologici a un costo accessibile. Nella maggior parte delle città olandesi, invece, i negozi con frutta e verdura di qualità hanno prezzi eccessivi. Non solo: al punto vendita di Cittadellarte ho scoperto quanta varietà, anche cromatica, possono avere gli ortaggi. Anche se all’apparenza può sembrare un dettaglio irrilevante, mi ha colpito che esistano differenti tipi di cavolfiori e varie tipologie di erbe e insalate. Tutto questo – conclude – rappresenta una ricchezza inestimabile di cui spesso non ci si rende conto”.


Immagine di copertina: Rimvydė e Armona Pistoletto.