Ocean CleanUp, la prima macchina “pulisci oceani” si prepara ad agire
Il dispositivo progettato dal giovane Boyan Slat salperà presto in direzione del "Great Pacific Garbage Patch", punto di accumulo di tonnellate di rifiuti trasportati dalle correnti. Lo scopo dell'innovativo apparecchio è raccogliere almeno la metà della spazzatura entro cinque anni.

Dopo una ricerca triennale, l’esperimento del ventitreenne Boyan Slat verrà ufficialmente testato tra qualche settimana nelle acque del Pacifico settentrionale: il dispositivo, l’Ocean Array Clean Up, partirà dal porto di Los Angeles in direzione nord per raggiungere velocemente uno dei punti più inquinati del nostro pianeta. Si tratta del cosiddetto “Great Pacific Garbage Patch”, un’isola che si estende tra la California e le Hawaii, nata dall’accumulo di rifiuti trasportati dalle correnti. I dati rivelano che la superficie interessata sarebbe maggiore dell’area di Spagna, Francia e Germania messe assieme, per un totale di 80 mila tonnellate di plastica.

Il dispositivo ideato da Slat è costituito da un sistema galleggiante e si estende per due chilometri, orientato in favore delle correnti: esso, infatti, è progettato per svolgere una funzione di “barriera” su cui i rifiuti, trasportati dal naturale fenomeno delle correnti oceaniche, possono facilmente accumularsi senza l’utilizzo di alcun tipo di energia. Una barca provvederebbe periodicamente a ritirare la spazzatura raccolta, così da ridurne progressivamente la quantità dispersa in mare: si tratterebbe, apparentemente, di una soluzione ecologica, sostenibile e a basso impatto ambientale.

La stima è che, nel giro di cinque anni, si riesca a raccogliere almeno la metà dei rifiuti che costituisce il “Garbage Patch” e, nello specifico, circa 5mila chili di plastica nel primo mese.

L’Ocean Array Clean Up, oltretutto, non essendo dotato di estensioni invasive o reti pericolose, non creerebbe alcun problema all’ambiente o alla fauna marina.

Se l’esperimento risultasse positivo, l’intenzione dell’Ocean Clean Up sarebbe quella di installare sessanta ulteriori galleggianti, diffusi in ogni parte del pianeta.

Nonostante appaia come una soluzione efficace, neanche un sistema di questo tipo sarebbe in grado di eliminare il problema dei rifiuti né tanto meno di risolvere l’inquinamento ambientale: occorre, innanzitutto, agire alla base del fenomeno. Solo in questo modo è possibile evitare che esso continui ad essere alimentato, promuovendo un intervento preventivo e indirizzando la popolazione verso scelte di vita più sostenibili come il riciclo o la riduzione del consumo di materiali difficilmente degradabili.