Rivelato il mistero dei Saisiyat
Vi proponiamo un articolo dedicato ai Saisiyat, una delle popolazioni indigene che vivono a Hsinchu e Miaoli, città del Taiwan occidentale: scopriamo le loro tradizioni (con un focus sul rito del pas-ta’ay) attraverso il racconto di I Chi Liu, studentessa di giornalismo di Taiwan che ha collaborato con Cittadellarte nell'ambito di uno scambio culturale.

Hsinchu e Miaoli, ubicate nel Taiwan occidentale, sono due città cinesi in cui vivono i Saisiyat (chiamati anche Sàixià in cinese), una popolazione indigena. Per mettere in luce le tradizioni di questi aborigeni si può partire illustrando le peculiarità del pas-ta’ay, la loro grandiosa cerimonia che dura per tre giorni e tre notti. Sebbene la tradizione stia gradualmente sparendo, è un rito molto significativo a cui partecipa ogni Saisiyat e si sta, a questo proposito, cercando una soluzione per salvarlo.

Cos’è il pas-ta’ay?
Se si parla dei Saisiyat, si pensa immediatamente al pas-ta’ay, il loro festival più importante e tradizionale che si tiene una volta ogni due anni. Rispetto alla maggior parte delle cerimonie che celebrano altre popolazioni indigene di Taiwan, il pas-ta’ay è più serio e formale.

C’è, inoltre, un mito legato al pas-ta’ay che parla di una relazione di odio e amore tra i Saisiyat e la popolazione dei Ta’ay, che insegnarono ai Saisiyat come lavorare nei campi. Il pas-ta’ay era, infatti, originariamente tenuto per mostrare apprezzamento verso i Ta’ay, ma questi avevano la ‘brutta abitudine’ di flirtare con le donne Saisiyat. Gli uomini, però, non sopportavano questo loro comportamento e, di conseguenza, il capo dei Saisiyat elaborò un piano per eliminare i Ta’ay. I Ta’ay, però, sopravvissero e portarono una maledizione sui Saisiyat (si dice che se non si fossero sinceramente scusati con i Ta’ay, per un anno il loro raccolto sarebbe stato rovinato).

Che cosa fanno esattamente i Saisiyat per i tre giorni e tre notti del pas-ta’ay?
L’intera cerimonia è divisa in tre parti e include l’accoglienza, l’intrattenimento e l’allontanamento dei Ta’ay. I Saisiyat devono ballare e cantare continuamente per tre giorni e preparare riso glutinoso e carne da sacrificare ai Ta’ay. Il primo giorno, l’accoglienza dei Ta’ay inizia con una bevuta tra i capi Saisiyat del nord e del sud. Mentre preparano crocchette di riso, pesce, carne e acqua di sorgente per i Ta’ay, tutti devono indossare il costume tradizionale, cantare una canzone – che è solo per il festival – e ballare con uno strumento speciale (il ‘buttocks bell’) da mezzanotte fino al mattino seguente. Il secondo giorno, i Saisiyat si radunano in cerchio e ballano mano nella mano per intrattenere i Ta’ay e si dice che lo stile della coreografia si basi sull’interazione tra i Saisiyat e i Ta’ay; per esempio, l’andamento veloce rappresenta i Ta’ay che accompagnano i Saisiyat ai campi, in contrasto la danza diventa più lenta nei momenti tristi. Nel corso della performance, inoltre, tutti indossano i ‘buttocks bell’. Nel giorno finale – l’espulsione dei Ta’ay – le persone vanno in riva al fiume e legano miscanthus a un ramo di nocciolo che viene posizionato in alto: in questo frangente un giovane deve saltare per prendere il mischantus dal ramo, che poi viene spezzato e gettato verso est, a significare l’espulsione dei Ta’ay dalla loro casa (nella foto).

Una cultura che sta sparendo
Oggigiorno, la maggior parte dei giovani Saisiyat non parla la lingua né conosce la cultura Saisiyat. Anche la figlia del capo dei Saisiyat studia in un’altra città e solo occasionalmente torna a casa per il weekend, ma non capisce più la lingua del suo popolo.

Tre passi da fare per salvare la cultura Saisiyat
Shao Peng Feng
, un esperto in storia e cultura Saisiyat, dice che il primo passo per salvare la cultura di questo popolo è quello di mantenere la cerimonia e il linguaggio intatti, per fare in modo che i giovani abbiano una struttura ben definita da seguire. Il secondo è quello di partecipare, incoraggiando le nuove generazioni a tornare e a prendere parte alle attività. Più opportunità ci sono di familiarizzare con le tradizioni, più possibilità ci sono di attrarre le nuove generazioni. E infine è importante ‘far capire’: bisogna assicurarsi che i più giovani conoscano i significati e i contesti delle tradizioni, così da non dover ciecamente seguire le direttive degli anziani.
Posto di fronte al rischio che le loro tradizioni scompaiano, il capo dei Saisiyat ha detto che salvare la loro cultura è un obiettivo a lungo termine e lui si impegnerà in questo senso fino a quando tutto il mondo non saprà chi sono i Saisiyat.