“On Stage”, alla scoperta dell’ambiguo confine tra rappresentazione e realtà
Manuel Canelles, ambasciatore Rebirth/Terzo Paradiso, sta lavorando da oltre un anno e mezzo a un progetto artistico che si interroga sulla materia del linguaggio, esplorando il binomio tra verità e finzione. "Attraverso una stratificazione di processi di narrazione - così Canelles - cerco di riflettere sul concetto stesso di messa in scena, partendo dal linguaggio cinematografico e del radiodramma".

‘Parlare’ di messa in scena, di narrazione, del confine sottile e ambiguo tra rappresentazione e realtà: è questa una delle funzioni di On Stage, progetto che riflette sul bisogno dell’uomo di arrivare a una verità, qualunque essa sia, indifferentemente da come sia stata condizionata. Un tema attuale che non riguarda solo l’ambito artistico, ma anche quello sociale e mediatico, basti pensare alle fake news e a coloro che le divulgano credendo erroneamente nel contenuto che veicolano. Il lavoro, dell’artista Manuel Canelles, si spinge oltre: indaga sul binomio tra verità e finzione e si focalizza sul tema dell’illusione e del condizionamento attraverso una stratificazione di processi drammaturgici. “Niente è reale – ha affermato Canelles – fin tanto che non viene fatto percepire come tale”. Il progetto, in attesa della fase espositiva finale, si è sviluppato in 3 parti: quella drammaturgica a Roma, una fase residenziale ed espositiva da Espronceda a Barcellona e una a Bolzano di produzione sonora (nell’ultimo anno e mezzo di lavori, l’opera si è sviluppata in varie parti coinvolgendo diversi partner internazionali). On Stage, inoltre, ha visto la curatela di Roberta MelaseccaSavina Tarsitano (entrambe ambasciatrici Rebirth/Terzo Paradiso come Manuel) e Ilaria Termolino. In quest’ottica, il simbolo trinamico sullo sfondo è un dettaglio rilevante ai fini del lavoro: “Per noi ambasciatori – ha specificato l’artista – l’oggettività del racconto, la pulizia della narrazione e il condizionamento rispetto alla falsificazione sono tematiche importanti”.

On Stage lavora sulla narrazione come una forma di controllo: “Attraverso una stratificazione di processi di narrazione – ha argomentato l’artista – cerco di riflettere sul concetto stesso di messa in scena, partendo dal linguaggio cinematografico e del radiodramma. Questa ricerca mi porta ad affrontare la tematica dell’illusione, del condizionamento e della manipolazione. Decido dunque che il codice narrativo utilizzato non può essere altro che la parola, nella sua forma orale e scritta. Una parola raccontata che, seppur scritta, è continuamente oggetto di manipolazione e corruzione”. Come in un lungo cantiere di restauro, On Stage cerca di mostrare al pubblico sempre l’ultimo strato del lavoro ma senza coprire del tutto quelli precedenti. Canelles ha lavorato sul principio secondo cui chi racconta o scrive come reale una propria sensazione altera il reale percepito precedente e così “la verità di un fatto fluttua nel proprio oblio”. Per questo On Stage – come ogni processo di narrazione – è un progetto non finito e in continua trasformazione.

 

Ragioniamo sulla tematica del progetto, elaborando un pensiero sul ruolo della rappresentazione nella società contemporanea e nelle relazioni quotidiane e sviluppando una traccia drammaturgica con l’intenzione di porre lo spettatore in allerta sul tema del confine incerto tra realtà e raffigurazione”. Come è stato costruito il progetto? Dopo la fase drammaturgica a Roma, nelle settimane di residenza artistica a Barcellona Canelles ha deciso di impostare il suo lavoro attraverso un’azione di relazione con lo spazio urbano e con alcuni spazi abitativi privati, immergendosi nei quartieri popolari della città e registrando suoni e dialoghi della quotidianità, sia all’esterno sia all’interno di singole abitazioni.

L’audio di questi incontri, per l’artista, rappresenta la base per un processo di trascrizione, ovvero la conversione in copione scenico delle discussioni e di tutti i rumori realmente avvenuti durante quelle giornate di lavoro. “L’operazione – ha specificato Canelles – già di per sé altera l’oggettività dei fatti. Questi testi rappresentano la base per un dramma fruibile solo via audio, recitato (appunto) in una fase successiva del lavoro. Questa mappatura sonora dello spazio viene decontestualizzata attraverso un processo drammaturgico di editing del suono e successivamente riproposta mediante diffusori audio posizionati sulle pareti della galleria. Tale materiale acustico esalta intenzionalmente la polisemia delle interpretazioni, inducendo un effetto di straniamento”.

Con un registratore all’interno della cosiddetta scatola nera – costruita come una sala da regia radiofonica – ha offerto a una serie di persone la possibilità di raccontare al microfono quanto percepito dai suoni ascoltati durante la fruizione in sala. “Lo spettatore – continua – si trasforma in attore del proprio racconto. La dimensione teatrale della cabina da regia (on stage, appunto) rappresenta l’unico impianto visivo dell’installazione. I suoni diffusi in sala e la narrazione dello spettatore dentro la cabina di regia possono sovrapporsi dato che il microfono è collegato in tempo reale con cuffie wireless posizionate sulle pareti della galleria stessa. Questa stratificazione di ascolti e di condizionamenti è un nucleo fondante dell’azione”.

La prima fase di ricerca in Spagna è stata dunque fondamentale per immaginare, impostare e poi realizzare il progetto nell’ambito di una realtà cosmopolita come quella di Barcellona, mentre la terza sessione di lavoro amplifica la ricerca operata alla Galleria Espronceda e lavora nel contesto di una realtà diversa, Bolzano. Grazie alla collaborazione del Centro Giovanile Vintola18, la città trentina è diventata lo spazio artistico di produzione delle registrazioni sonore e dunque “di coworking tra il team originario e gli attori chiamati a trasformare in una sorta di radiodramma le parole dette durante la prima fase e trasposte in forma di copione successivamente”.


Roberta Melasecca e Manuel Canelles.

Nell’indagare il confine sottile e multiforme tra realtà e rappresentazioni – si legge in un estratto del testo critico di Roberta Melasecca (per visionarlo cliccare qui) – On Stage ha generato un sistema complesso di narrazioni che si sovrappongono e si stratificano proprio mentre acquisiscono quella complessità frattale ogni volta che viene aggiunto un elemento, fatto, esperienza, persona, luogo o territorio: un dispositivo aperto e liquido che assorbe e restituisce, elabora e interpreta sopra ulteriori narrazioni, procede dal macro al micro e viceversa senza soluzioni di continuità, allontanando e avvicinando continuamente il focus”.