“Il tempo del giudizio”: l’opera di Michelangelo Pistoletto per Pisa
Il simbolo del Terzo Paradiso torna ad abitare i luoghi pubblici. Questa volta è la chiesa di Santa Maria della Spina di Pisa ad aprire i propri spazi ad un’opera collaborativa, che vede la partecipazione dei cittadini pisani. Per l’occasione, Michelangelo Pistoletto è stato ospite all’inaugurazione, domenica 27 maggio, per illustrare il suo manifesto "Ominiteismo e demopraxia".

Dal 27 maggio al 2 settembre 2018 una rappresentazione del Terzo Paradiso sarà visitabile all’interno degli ambienti gotici della Chiesa di Santa Maria della Spina a Pisa. Il segno-simbolo di Pistoletto è parte della mostra Il tempo del giudizio, che trova un’appendice nella Sala delle Baleari di Palazzo Gambacorti, sede del Comune.
Curata da Ludovico Pratesi, si tratta del quinto di una serie di interventi site specific all’interno della chiesa di Pisa, che pone opere di artisti contemporanei nazionali ed internazionali in dialogo con le sculture di maestri romanico-gotici come Giovanni Pisano, Andrea Pisano e Lupo di Francesco. 

Il simbolo del Terzo Paradiso è la riconfigurazione del segno matematico dell’infinito: i due cerchi laterali, rappresentanti le antinomie del mondo, vengono congiunti da uno centrale, nonché il grembo generativo di una nuova società e di nuovi valori.
Per questa mostra, il segno è stato realizzato utilizzando cinquanta sedie di diversa provenienza e, su specifica richiesta del maestro, cariche di valore affettivo: peculiarità dell’installazione è, infatti, il coinvolgimento della popolazione locale, che ha avuto la possibilità di prestare delle sedie, con la consapevolezza di riaverle indietro, terminata la mostra, come elementi una volta partecipi di un’opera d’arte. In questa installazione, il Terzo Paradiso trova la propria vita all’interno di un oggetto del quotidiano, portatore del vissuto e della storia di cittadini diversi, che ora si incontrano generando arte.

La prima sedia arrivata è stata decorata dagli anziani ospiti di Villa Isabella, che l’hanno dipinta trasformandola in un oggetto colorato e allegro. Una signora ha portato l’ultima sedia appartenuta alla madre, di cui figura il nome sul retro. Hanno partecipato anche tre bambini, con le proprie piccole sedie di legno, di bambù e a forma di leone. Un ex studente ha portato quella che, di trasloco in trasloco, lo ha sempre accompagnato. Il circolo La Rinascita, storico Arci, ha prestato una delle proprie come simbolo di condivisione e accoglienza. Tra le altre, anche la poltrona di uno psicoterapeuta e la sedia a cui un cittadino si è particolarmente affezionato, nonostante l’abbia trovata per strada in maniera fortuita. Spicca la sedia-scultura di due artisti, Cristina Carmassi e Marc Pozzi, realizzata con materiali di riciclo.
Il contributo arriva anche dalle istituzioni, dal Museo della Grafica all’Università di Pisa che, per l’occasione ha prestato una sedia di Palazzo alla Giornata, sede del Rettorato. Dal Comune arriva una sedia proveniente dal Gabinetto del Sindaco e, dalla Fondazione Comel, una prestigiosa Howe 40/4, del designer David Rowland.

La seconda parte della mostra di Pistoletto a Pisa verte sulla presentazione del Il tempo del giudizio (2009): l’opera-tempio è situata all’interno della Sala delle Baleari, nel Comune di Pisa, ancora una volta in dialogo con gli affreschi della seconda metà del 600, attribuiti a Giacomo Farelli e a Pier Dandini, raffiguranti le storiche vittorie della Repubblica di Pisa. L’installazione si compone di quattro specchi parietali, davanti ai quali è posto il simbolo delle quattro grandi religioni: Cristianesimo, Buddismo, Islamismo ed Ebraismo sono portate, attraverso la riflessione dello specchio, a meditare su se stesse e sulla propria essenza, inducendo noi a fare lo stesso. 

“Il valore sociale e culturale del pensiero di Pistoletto – scrive Ludovico Pratesi nell’opuscolo della mostra – ha reso possibile l’apertura all’arte contemporanea della Sala delle Baleari, luogo simbolico e identitario della città di Pisa, dove l’artista ci consegna un profondo messaggio di speranza, che ci porta a riflettere sull’essenza stessa del messaggio religioso”.