Giada Daolio premiata all’ONU per la startup DeBatelier
Grazie al materiale innovativo Macroteria, Daolio si è aggiudicata - presso l'Ufficio delle Nazioni Unite di Ginevra - il premio popolare del concorso UNECE Ideas4Change, basato sulla ricerca di soluzioni innovative che possano creare posti di lavoro incentivando modelli produttivi sostenibili ecologicamente.

Spesso si parla dell’Italia per la fuga dei cervelli e per la mancanza di riconoscimenti internazionali. Per fortuna, ci sono segnali in controtendenza. Tra questi, rientra senza dubbio il premio ricevuto dalla  startup DeBatelier di Giada Daolio lo scorso 25 aprile presso l‘Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra. Grazie al materiale innovativo Macroteria, infatti, la trentenne milanese, laureata in Interior Design, si è posizionata tra i primi cinque candidati (su duecentocinquanta) del concorso UNECE Ideas4ChangeInnovation for the Sustainable Development Goals. Oltre alle finali della prestigiosa iniziativa, Daolio si è aggiudicata anche il premio popolare. Nel percorso personale della “nostra” vincitrice , ha avuto un ruolo anche Cittadellarte: fu partecipando al workshop di B.E.S.T. infatti, che conobbe la responsabile Olga Pirazzi, che le suggerì di partecipare al concorso in questione. Oltre a DeBatelier, le startup vincitrici sono state Catalytic Innovations (dagli Stati Uniti) e Inspecto (da Israele).

Macroteria è un materiale completamente organico e biodegradabile che si autogenera (nell’arco minimo di un mese), grazie all’azione di particolari batteri in una soluzione prevalentemente composta di acqua e zucchero. Considerato che lo spessore di tale materiale ne influenza le principali proprietà meccaniche e ottiche, Macroteria costituisce una valida alternativa alla pelle di origine animale per quanto concerne le potenziali applicazioni nel settore moda, arte, artigianato e design, con un auspicabile impatto sull’implementazione di packaging biodegradabile.<

Abbiamo intervistato l’ideatrice di Macroteria, per farci raccontare come è nato il progetto e quale sia stato il suo percorso.

(Photo credit: UNECE)

Qual è stato il tuo percorso professionale e scolastico?
Mi sono laureata in Interior Design al Politecnico di Milano, dove ho avuto la fortuna di stare a stretto contatto con luminari e professionisti di grande rilievo; uno tra tutti Andrea Branzi, il quale ha seguito la mia tesi magistrale riguardo un approccio progettuale e teorico critico, volto alla riattivazione veloce di aree terremotate come L’Aquila e l’Emilia. In questo senso, ho avuto modo di dare maggior valore a questioni etiche e sociali che coinvolgono l’agire del progettista, anche se la contingenza del lavoro quotidiano spesso non permette di perseguire obiettivi del genere. Mentre stavo scrivendo la tesi, infatti, ho colto l’opportunità di lavorare a Ginevra presso lo studio di architettura MarkoB-Barokas Architects, che mi ha permesso di vivere un’esperienza professionale molto concreta, fondamentale per il mio percorso. Successivamente, ho deciso di spostarmi a Londra dove ho consolidato le mie capacità organizzative come Project Manager e Interior Designer presso InHauz Ltd, compagnia di ristrutturazione nel settore residenziale di alto livello. Nel frattempo, ho sempre cercato di collaborare come freelancer a progetti più creativi destinati al grande pubblico, sia nel settore Retail, sia Exhibition ed Events, per perseguire l’impegno e il coinvolgimento in progetti di maggior impatto visivo.

(Photo credit: UNECE)

Ci spieghi in cosa consisteva la tua startup e il concorso in generale?
Abbiamo partecipato al concorso di avviamento “UNECE Ideas4Change”, che riconosce gli imprenditori che stanno sviluppando soluzioni innovative, con il potenziale per creare posti di lavoro produttivi in modo ecologicamente sostenibile e socialmente inclusivo.

La startup DeBatelier è un’impresa di ricerca collaborativa, che esplora nuovi materiali e tecniche, per lo sviluppo di un design buono e impegnativo per tutti. Lo facciamo focalizzandoci sullo sviluppo del potenziale dei materiali a basso profilo e delle semplici tecniche. Il design di DeBatelier è etico, riflessivo sulle questioni globali e sempre curioso di quello che può essere il ruolo del design per un cambiamento sociale e ambientale.

Ci tengo anche a sottolineare che, invece, tutte le ricerche e sperimentazioni relative a Macroteria hanno proseguito  in parallelo alla mia vita professionale e soprattutto grazie al sodalizio con Matteo Bartoli, con il quale decidemmo di fondare proprio DeBatelier. In questo quadro, Macroteria ha assunto un ruolo fondamentale nella nostra vita, poiché ci ha permesso di continuare a investire le nostre energie e risorse personali in un progetto innovativo.

(Photo credit: UNECE)

Quali sono gli aspetti che rendono “speciale” Macroteria?
Negli ultimi anni ci sono stati molti contributi nell’ambito dei materiali innovativi, ma Macroteria si differenza dagli altri per una serie di motivi. Poiché gli elementi costitutivi sono reperibili ovunque nel mondo a prezzi contenuti, riporta costi di produzione e coltivazione relativamente bassi, anche perché non implica l’utilizzo di energia o sistemi di controllo meccanizzati sofisticati. Inoltre, essendo Macroteria una valida alternativa alla pelle animale, il suo inserimento nel mercato potrebbe contribuire ad attenuare tutte le conseguenze negative che derivano dagli allevamenti intensivi, sia a livello ambientale sia per danni dati da alcune abitudini alimentari basate su un consumo eccessivo di carne.

Che valore ha per te aver vinto il premio popolare ed essere arrivata tra i 5 finalisti?
Non ci aspettavamo di essere selezionati, poiché solitamente le startup si distinguono per l’apporto di un elevato contenuto tecnologico e scientifico. Macroteria, invece, è un materiale innovativo, ma anche largamente accessibile e fruibile per due ragioni. Innanzitutto grazie al basso contenuto tecnologico, con costi ridotti e facile manutenzione. La startup è stata sviluppata sulla base di dati empirici, che Matteo e io abbiamo raccolto coltivando e testando il materiale nel capanno del giardino di casa; questo è uno degli aspetti più promettenti di questo progetto, perché permette di capire l’effettiva sostenibilità dell’operazione dal punto di vista ecologico ed economico.

In secondo luogo, penso che le implicazioni etiche ed ambientali che si prefigurano nell’approcciare direttamente Macroteria siano di impatto sostanziale. Ci auguriamo che, nel lungo termine, il nostro progetto possa addirittura contribuire ad attivare un’inversione di rotta, della quale gioverebbe sia il nostro pianeta sia tutti i suoi abitanti. In sostanza, credo che l’accessibilità low-cost unita all’esposizione organizzata nel palazzo dell’ONU (che invitava all’interazione diretta col materiale, tramite campioni e meta-prototipi), abbia inciso sulla percezione e l’apprezzamento del pubblico; questo si è manifestato con la vittoria del premio su base del voto popolare. Onestamente penso non potessimo avere un feedback migliore!

(Photo credit: UNECE)

Quali contaminazioni hai avuto da Cittadellarte e nello specifico da B.E.S.T.? In che modo Olga Pirazzi ti ha supportato nella partecipazione al concorso?
L’esperienza a Cittadellarte e il workshop B.E.S.T. mi hanno dato maggior sicurezza. Olga ha colto immediatamente il potenziale di Macroteria e mi ha spronata a fare richiesta per prendere parte al concorso “UNECE Ideas4Change”, oltre ad avermi dato consigli utili per strutturare la nostra proposta. Grazie Olga!

(Giada Daolio e Olga Pirazzi)

Quali prospettive avrà il tuo progetto innovativo e come potrà svilupparsi?
L’esperienza all’ONU è stata cruciale per scambiare idee e raccogliere consigli da startup più mature, nonché dagli stessi giudici del concorso, tra i quali ringraziamo Isabelle Andrieu e Wendy Singer. Pertanto, io e Matteo, stiamo già ricalibrando il piano di sviluppo per il breve termine, in modo da velocizzare la prototipazione in chiave semplice. Così potremo ottenere più velocemente una risposta di mercato concreta, in modo da prefigurare scenari di sviluppo realistici e sostenibili dal punto di vista economico. Naturalmente, in parallelo, siamo attivi nella ricerca di partnership e supporto da parte di varie organizzazioni, che condividano i nostri obiettivi di innovazione materiale ed etica ambientale nel settore della moda, del design, dell’arte e dell’alimentazione.

(Matteo Bartoli e Giada Daolio)

Ci racconti le emozioni che hai provato nell’ottenere il prestigioso risultato nella sede dell’ONU?
Ero emozionatissima, soprattutto quando ho dovuto presentare il progetto in cinque minuti in inglese, davanti al pubblico riunito nella sala delle Nazioni Unite. Non pensavo che avrei mai avuto tale onore, ma allo stesso tempo ero consapevole del fatto che essere arrivati fin lì, cinque finalisti su duecentocinquanta progetti in tutto il mondo, era già una vittoria. Soprattutto siamo fieri che l’Italia sia stata nuovamente rappresentata come paese di spicco in tale contesto. Speriamo, infatti, che sia di motivazione per tutti i giovani italiani, che, in questi anni post-recessione, si stanno dando da fare per smuovere l’economia e catalizzare energie per contribuire all’innovazione.

Questo significa fare scelte difficili e buttarsi in qualcosa di cui non si vede la fine, invece che rinchiuderci in piccole sicurezze che alla lunga non gratificano. Siccome certe decisioni richiedono molto coraggio, ci auguriamo che il nostro paese e la nostra classe politica possano dimostrare maggiore attività dando finanziamenti ed agevolazioni in questo contesto. Sarebbe fondamentale facilitare e sostenere le giovani startup italiane e le associazioni nazionali che si occupano di accelerarne l’operato.