Let Eat Bi, il Terzo Paradiso in terra biellese
Andiamo alla scoperta dell'associazione che coniuga coltura, cultura e convivialità, ponendo particolare attenzione all’inclusione sociale e al legame col territorio. Per presentare questa realtà vi proponiamo un testo pubblicato nel magazine della XXII edizione della rassegna "Arte al Centro".

Let it be, let it be | There will be an answer, let it be | Let it be, let it be | Whisper words of wisdom, let it be”: nel 1970 i Beatles pubblicavano il brano Let it be (singolo dell’omonimo album), una canzone diventata negli anni un successo mondiale. Dal titolo di questa hit è nata l’ispirazione per il nome dell’associazione Let Eat Bi, chiara assonanza che sfuma it in eat e be in bi. Nuove vocali che offrono una panoramica della mission e del contesto in cui questa realtà è attiva e calata: eat, per il focus sul nutrimento, e bi, in relazione alla provincia di Biella dove ha sede e opera. Questa realtà, avviata insieme a una fitta rete di partner tra cooperative, imprese sociali e comunità locali, coniuga coltura, cultura e convivialità, ponendo particolare attenzione all’inclusione sociale e al legame col territorio. In questo caso, la composizione è una sinfonia di frutta, verdura e sapori del territorio, tutti naturali, sani e, appunto, locali: uno dei progetti cardine dell’associazione è un mercatino settimanale che propone le eccellenze dei produttori della zona, situato alla Casetta di Paglia di Cittadellarte, di fronte all’installazione di Michelangelo Pistoletto. Il legame con l’opera dell’artista e i suoi significati è presente anche nella seconda parte del nome dell’associazione, Il Terzo Paradiso in terra biellese, come a voler portare i principi del segnosimbolo anche nel settore agroalimentare.

Se, citando Feuerbach, “l’uomo è ciò che mangia”, l’attenzione rivolta alla propria alimentazione deve avere un peso non indifferente nelle scelte quotidiane. Consapevolezza e responsabilità si trovano sullo stesso binario di salute e sostenibilità, ma il motore del viaggio non può che passare dalla nostra spesa: per il ‘rifornimento’ di qualità, il punto vendita in questione è aperto tutti i mercoledì, dalle 10 e alle 13, e, una volta al mese, propone anche una festa, con omaggi e degustazioni. Let Eat Bi, inoltre, ha come progetto principale Terre AbbanDonate, una piattaforma web che ha l’obiettivo di favorire l’incontro tra i soggetti proprietari di terreni di cui non vogliono o non possono più prendersi cura e quei cittadini che vorrebbero coltivare un terreno, ma non lo hanno a disposizione. Il sito consente di incrociare la domanda (attraverso l’iscrizione all’Anagrafe Solidale) con l’offerta (attraverso l’iscrizione al Catasto Solidale), proponendosi come valido strumento per stimolare la nascita di buone pratiche territoriali.

Passiamo poi a Let Eat Grow, progetto di welfare generativo di Let Eat Bi – sostenuto dalla Fondazione CRB e Banca Simetica – che mette a sistema alcune realtà attive sul territorio in ambito sociale per creare una filiera agroalimentare, dalla coltivazione dei prodotti agricoli fino alla vendita di trasformati alimentari. L’obiettivo è creare un prodotto sano e locale, con una storia sociale, coinvolgendo soggetti in situazione di fragilità sociale, psicologica ed economica. Al centro dell’iniziativa sono poste le capacità degli attori coinvolti, stimolati a diventare essi stessi generatori di buone pratiche di innovazione sociale. Di rilievo anche l’Accademia Verde, un programma di incontri e appuntamenti tesi a incentivare la tradizione enogastronomica locale e la condivisione dei saperi. Si tratta di un calendario articolato – solitamente appuntamenti multitematici mensili con nuovi relatori di volta in volta – che favorisce il dialogo e l’interazione tra tutte le discipline che concorrono ad un nuovo umanesimo.