Marina Maffei: tessere una rete di dialoghi a Cittadellarte
"Coordino il dialogo fra i dipendenti e il direttore Paolo Naldini e seguo alcuni progetti esterni". Marina Maffei racconta il suo lavoro di assistente alla direzione e spiega come si interfaccia con le macroaree della Fondazione.

Mettere in relazione gli altri ed essere rete di rapporti professionali: è questo il compito di Marina Maffei, assistente alla direzione di Cittadellarte. Un lavoro che spesso risulta meno appariscente, da dietro le quinte, ma che è fondamentale per il corretto funzionamento di tutti i progetti e le aree della Fondazione Pistoletto. Marina cura i rapporti e il dialogo tra chi lavora e il direttore Paolo Naldini, come racconta nell’intervista che segue.

Qual è il suo compito a Cittadellarte e com’è stato il suo inizio?
La scorsa estate, dopo i colloqui, sono stata assunta come assistente alla direzione. A ottobre ho iniziato a lavorare, mi occupo di aiutare il direttore di Cittadellarte Paolo Naldini nel coordinamento e lo supporto in tutto quello che mi è possibile; non nelle decisioni, ma facendo da filtro nel dialogo tra lui e i cittadini (chi lavora a Cittadellarte viene definito così – ndr) della Fondazione. Visto che il direttore è spesso fuori ufficio, sono il riferimento in sua assenza. Cerco, inoltre, di “oliare gli ingranaggi” e permettere un confronto fra i dipendenti, perché, dove mi è possibile, individuo e risolvo le criticità che possono crearsi. Mi rapporto, inoltre, con ambasciatori e personalità locali, nazionali e internazionali. Di recente, sotto la supervisione e la direzione di Paolo, ho anche iniziato a fare rete per molti progetti esterni che coinvolgono la Fondazione.

Che tipo di esperienze professionali ha avuto prima di iniziare questo lavoro?
Dopo essermi laureata a Torino in Disegno Industriale, ho lavorato come grafica e come interior designer presso studi di architettura e freelance per una decina d’anni, nello specifico all’architettura di interni. Sono stata anche co-founder di una startup, che partecipò alla prima edizione di B.E.S.T.: il progetto infatti era incentrato sulla creazione di tessuti artigianali sostenibili e di alto livello, fibre e tinture naturali e filiera totalmente tracciata e quanto più possibile locale. Io e la mia socia ci avvicinammo così a Cittadellarte e fu l’occasione per rapportarmi con la Fondazione, che, per me, è poi rimasta un punto di riferimento e ritrovo.

Cosa significa per lei lavorare alla Fondazione Pistoletto?
Mi piace pensare di essere approdata a Cittadellarte: sento di essere arrivata in un punto dove resterò per un po’, non mi sento di passaggio. Ho imparato a conoscere le persone che ci lavorano, a cercare la loro approvazione e il loro rispetto guadagnandomelo sul campo. Ho lavorato in tanti ambienti e questo mi fa capire quanto sia fortunata ad essere qua.

Quale rapporto ha con i responsabili delle macroaree di Cittadellarte?
Fin dagli inizi ho avuto contatti con l’ufficio comunicazione. Da subito fui supportata da Margherita Cugini, che si occupa dell’ufficio stampa: mi ha dato un ausilio a collocare progetti, persone, scala di priorità, rapporti istituzionali, politici e di comunicazione verso l’esterno. Ottima collaborazione anche con Olga Pirazzi, con la quale ho molte affinità e passioni anche per via del mio progetto passato. Stesso discorso per Elena Rosina, ci siamo sempre trovate in sintonia quando ci siamo occupati delle Terme Culturali. Per quanto concerne l’ufficio arte e l’ufficio Unidee, rispettivamente con Juan Sandoval e Cecilia Guida, ho un rapporto diretto, veicolo le informazioni in entrata e in uscita per Paolo Naldini. Infine, ho un rapporto costante con l’ufficio amministrazione, con cui mi rapporto per varie dinamiche lavorative.

Quali contaminazioni ha avuto da Michelangelo Pistoletto e da Cittadellarte?
A livello personale e lavorativo essere qua mi ha resa più sicura. Per me è stata una rinascita. Michelangelo mi ha dato tantissimo in questo nuovo inizio, sono riuscita a rileggere in una chiave nuova la chiusura della startup alla quale avevo dedicato molte energie. Ogni volta che Pistoletto parla, lo ascolto con attenzione e capisco che è in Fondazione che deve continuare il mio percorso di vita. Mi sento molto coinvolta a livello personale nei progetti, come anche Let Eat Bi.

Qual è il suo pensiero sul maestro biellese e la sua arte?
Pistoletto è un uomo grande. Sulla sua arte una persona può essere più o meno appassionata, ma è difficile non rimanere colpiti di fronte ai messaggi che si celano dietro le sue opere. Lo stimo molto: fondare Cittadellarte, per me che sono biellese, mi rende orgogliosa che si trovi in questo territorio; avrebbe potuto sviluppare la Fondazione ovunque, ma ha scelto Biella.

Quali sono gli ingredienti che rendono vincente la Fondazione Pistoletto?
Innanzitutto Michelangelo. Poi, proseguendo a piramide, un ingrediente di grande rilevanza è la nostra città. Tutti sono colpiti dalla bellezza del nostro territorio e dalla scelta del maestro di svilupparla qui. Anche le persone che ci lavorano sono determinanti. Un punto di forza fondamentale è ovviamente Paolo Naldini: un uomo visionario, sempre trascinante. Riesce a trasmettere con passione le sue idee ovunque vada e a qualunque livello, dall’agricoltore di Let Eat Bi al funzionario ONU di New York.