Arte dell’equilibrio #19 | Maurizio Trovatelli, dove abiterai?
L'architetto è il diciannovesimo ospite de “Arte dell’equilibrio / Pandemopraxia”. Maurizio Trovatelli esordisce illustrando, a suo avviso, quale impatto abbia avuto la pandemia sulla vita di tutti i giorni, tra lati negativi (libertà perduta) e positivi (rigenerazione della natura). L'ospite si concentra poi su una delle domande dell'iniziativa lanciata da Cittadellarte: "Abiterò in una città, o in un centro abitato, dove gli spostamenti vengano limitati sia nelle distanze da percorrere sia nella necessità di compierli; in un luogo, dunque, dove il traffico dei mezzi meccanici sia fortemente ridotto e il necessario sia più vicino". Un processo che, per compiersi, necessita di un contrasto al consumismo che passi attraverso servizi culturali, luoghi di condivisione, laboratori sociali e spazi naturali.

Dove abiterai?
La domanda “dove abiterai?” formulata ad un architetto non può che trasformarsi in “dove potremo abitare?“, anche se il futuro è adesso: comprende il nostro spazio privato (la casa) e il nostro spazio sociale (la città, i centri abitati, l’ambiente naturale).
Il confinamento nel nostro spazio privato determinato dalla lotta alla pandemia e la drastica riduzione della maggior parte della attività alle quali siamo abituati hanno messo in luce aspetti fortemente negativi come la sensazione di libertà perduta, la riduzione dello spazio vitale oltre ai disastrosi effetti economico sociali; tuttavia è stato utile per evidenziarne altri che dovremo necessariamente considerare nel tentativo di ipotizzare un progetto di futuro migliore per la nostra vita e per ciò che la circonda.


Maurizio Trovatelli.

Lo sviluppo vigoroso di alberi, piante, fiori, la veloce riappropriazione di molti spazi da parte degli animali selvatici, la ritrovata trasparenza dell’aria e dell’acqua hanno dimostrato che l’ambiente naturale, se non aggredito in forme violente (le attività umane sono comunque aggressive), è in grado di rigenerarsi. Il piacere che la maggior parte di noi ha provato per questa rinascita ha dimostrato il beneficio, spesso sottovalutato, che la bellezza della natura e delle sue forme, ma anche di forme artificiali come l’arte, l’architettura, la scrittura, la musica, apportano alla nostra vita.
La perdita della socialità, esasperata dal confinamento e drammaticamente evidenziata da alcuni comportamenti come cantare alla finestra o aderire ad uno dei tanti flash mob che si sono succeduti, ha dimostrato come malgrado i surrogati o social tecnologici, questa viva necessariamente nel rapporto diretto tra le persone. Personalmente ci metterei anche quello con gli animali.

Dove abiterò?
In una città, o in un centro abitato, dove gli spostamenti vengano limitati sia nelle distanze da percorrere sia nella necessità di compierli. In un luogo, dunque, dove il traffico dei mezzi meccanici sia fortemente ridotto e il necessario sia più vicino. Questo implica la reintegrazione tra i luoghi del lavoro, del tempo libero e della abitazione che, nella storia recente, per scelte urbanistiche superate e incapaci di leggere l’evoluzione della società e delle tecnologie produttive, sono diventati sempre più distanti. In questa nuova ‘compattezza urbana’ l’offerta di servizi culturali, di luoghi di condivisione, di laboratori sociali, di spazi naturali, dovrà riuscire a contrastare l’attuale deriva del ‘consumismo a tutti i costi’ che contribuisce in modo enorme all’aumento progressivo dell’inquinamento, fisico dell’ambiente e mentale delle persone, e alla crescita esponenziale della congestione e degli spostamenti, in grossa parte a quello delle conflittualità sociali. Naturalmente questo potrà realizzarsi solo se l’ambiente di questa nuova forma civica sarà così ricco di qualità e servizi perché frutto di un progetto comune tra architetti, artisti, sociologi, psicologi (anche psicologi dei luoghi, disciplina praticata con successo in Francia) e non frutto di logiche quasi esclusivamente di tipo finanziario o stilistico pubblicitarie (e aggiungerei che contrastare e limitare il consumismo obbliga un ripensamento del cosa e come produrre e cosa e come comprare…).

Gli edifici dovranno produrre una densità di occupazione del suolo ridotta sviluppandosi in altezza o contenendo al proprio interno spazi verdi e spazi pubblici. In tutti i casi ogni edificio o piccolo gruppo dovrà contenere anche abitazioni non convenzionali, spazi comuni gestiti dai residenti, servizi commerciali di vicinato, spazi per la cultura e il tempo libero, aree a verde naturale e botanico con attrezzature per la fruizione e il suo mantenimento. E sarà importante la compenetrazione visiva e sensoriale tra spazio interno e spazio esterno.
Gli alloggi dovranno consentire lo svolgimento di attività molto differenziate con minimi aumenti delle superfici rispetto a quelli analoghi convenzionali. Questo potrà essere possibile in due modi: dirottando alcune funzioni verso alcuni spazi integrativi comuni presenti nell’edificio stesso o rendendo possibile l’immediata trasformazione temporanea dell’alloggio stesso con l’uso di pareti mobili e soluzioni di arredo trasformabili e reversibili.
Affinché tutto questo possa realizzarsi è indispensabile una evoluzione mentale, culturale e civile delle persone. E qui si arriva al concetto espresso fortemente da Cittadellarte e da Michelangelo Pistoletto: l’arte come cura per l’innovazione sociale.

Non ho parlato della sostenibilità che è una condizione fondamentale e deve essere a 360 gradi. Ma per parlarne compiutamente sarà necessario un nuovo intervento specifico.


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