Arte dell’equilibrio #53 | Marco Papa, come penserai?
L'ambasciatore Rebirth/Terzo Paradiso è il 53esimo partecipante dell'iniziativa "Arte dell'equilibrio/Pandemopraxia" lanciata da Cittadellarte. Marco Papa propone una riflessione su equilibrio e consapevolezza individuale, cercando di individuare la strada sociale che la razza umana deve provare a percorrere: "Cerchiamo una evoluzione senza rivoluzione, catechizzando il dubbio con la soluzione". L'ospite di questa puntata mette anche in luce come si comporterà nel futuro post pandemia: "Mi sono preso cura, e continuerò a farlo, di una e più terre, facendo in modo di avvicinare gli animali che gli incendi e l'ignoranza hanno allontanato negli ultimi trent'anni".

Come penserai?

Il funambolo restituisce, ad ogni passo, lo spazio che il corpo sottrae all’aria. Questa è l’immagine che torna sempre davanti ai miei occhi, quando penso all’equilibrio. Cosa abbiamo sottratto finora e, soprattutto, quanto? Quanto tempo abbiamo per il reso, ormai obbligatorio?

Ci decidiamo, una buona volta, ad assumere il dovere di associare un senso, non prettamente estetico o an-estetico, alle dovute azioni di risarcimento?

Tutti parlano di resilienza, come se fosse utile e giustificabile la facile restituzione. Io, dio, bio, mio, pio…

Miopia! Le difficoltà che nascono dal guardare troppo da vicino non minacciano soltanto la vista, bensì impediscono di avere una prospettiva, nella quale essere disposti a ritenersi un mero punto di una retta infinita: umiltà e altruismo, sguardo di insieme, disponibilità. Cos’è che si fa davvero per gli altri e quand’è che si smette di farlo per un tornaconto personale o per pura magnificazione del proprio ego?

Cosa vuol dire, oggi, essere uno? E, ancora, è proprio il caso di continuare a curarsi del sistema globale attraverso la consapevolezza individuale?

Globale = globo!

Mi spiego meglio, tornando all’immagine iniziale del funambolo. È fin troppo ovvio, ormai, che stiamo camminando su un filo: abbiamo umanamente esagerato nella ricerca di una consapevolezza, meramente fittizia, del nostro ruolo sulla terra. O me o Dio. O io o un ‘Deus ex machina’. Come se non potessimo o non volessimo accettare il valore che un volano ha in una meccanica! L’universo è un motore infinito, nel quale il tempo e lo spazio sono e causa e effetto, intercambiabili ma illusori di una misura relativa.

Come un germe o un virus, per l’uomo negativi, il caos creativo, anagramma del caso e di ogni cosa, regge l’inganno della paura, che tutto nasconde: paura dell’incognito, del diverso, del vuoto, del fuoco, dell’altro, dei lampi e dei tuoni, dei topi e dei serpenti, di moti e terremoti.

Cerchiamo una evoluzione senza rivoluzione, catechizzando il dubbio con la soluzione. Diceva Hans Kammerlander, un noto alpinista, tracciando, di fatto, la rotta pindarica della ‘mia’ sempre più convinta adeguatezza animale: “La vita non è un problema da risolvere, ma una realtà da sperimentare”.

È qui, e ora deve essere sempre, che il guadagno perde terreno e il bene materiale non ha più senso, lasciando un retaggio di memoria e conoscenza. Saggezza ed intuizione.

I libri che leggiamo sono scritti da altri uomini.

Lo stesso vale per i sentieri.

Torniamo a guardare, ad ascoltare, a notare ciò che esiste tutt’intorno! Accorgiamoci di accadere!

Solo allora saremo parte di qualcosa, diverso da noi, compreso ed onnicomprensivo od ‘omini-comprensivo’!

Negli ultimi settant’anni ci siamo nascosti in una scatola, davanti alla quale, di qualsiasi cosa si trattasse, fosse un televisore o un cellulare, non siamo riusciti a comunicare il cambiamento: siamo complici della distanza che un sistema smart ha contribuito a creare. Una volta si esprimeva il concetto della famiglia davanti al fuoco o a un panorama di sentimenti, pronti a realizzare, con la condivisione, un paesaggio comune.

 

Ora siamo gli attori sempre più coinvolti in un comodo protagonismo di un film da botteghino, il cui argomento assomiglia, in un modo o nell’altro, alla solita e ripugnante scommessa economica: chi può ce la fa, chi no pazienza. Siamo sicuri di esserci evoluti? Abbiamo davvero appeso la clava al chiodo?

Dove sono gli intellettuali?

Ancora si pensa che la cultura possa essere venduta in circoli di prescelti abbienti, con disponibilità per una rateizzazione dei doveri?

Come penserai? Come penserò?

Come penseremo: ho studiato a fondo il pluralis majestatis, mettendolo in pratica, a costo di pagare con la salute, consapevolmente, per la distribuzione gratuita delle mie energie, fisiche e mentali. Mi sono preso cura, e continuerò a farlo, di una e più terre, facendo in modo di avvicinare gli animali che gli incendi e l’ignoranza hanno allontanato negli ultimi trent’anni. Così sono andato avanti riforestando, con Tiziana, mia compagna e musa, ripopolando, abbattendo confini e muri a colpi di martello, costruendo scale in legno e in pietra, liberando corsi d’acqua, vietando l’uso di macchine pesanti, costruendo nidi e rifugi, e stringendo le maglie della catena naturale. Mi sono guardato come un ingranaggio del tutto.


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