Emergenza della civitas cosmopolitica dell’arte
Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte, in occasione dei lavori per la mostra "Da Cittadellarte alla civiltà dell'arte" a Palazzo Ducale a Mantova - in programma dal 22 marzo al 7 giugno 2018 -, propone una breve riflessione sul rapporto tra pratiche artistiche e sul concetto di emergenza nella teoria dei sistemi e in filosofia.

Fin dagli anni ’90, i primi anni della sua esistenza, Cittadellarte ha espressamente assunto una missione civico-politica: congiungere l’emancipazione e l’autonomia che l’arte genera per l’individuo con la responsabilità che questa autonomia porta con sé, responsabilità che informa tanto il rapporto con sé stessi e la propria interiorità (la spiritualità) quanto la relazione con l’altro (la politica e l’ecologia).

Definivo questa missione “civitas cosmopolitica – vedi nota 1 -” e mi sembrava che trovasse il proprio fondamento nella sintesi tra due opposti poli identitari, l’individuo e il collettivo.
L’arte, sorprendentemente nell’esatta maniera dell’energia, esiste come onda e come materia; è idea, movimento, vibrazione, processo comunicativo e trasformativo ma è anche oggetto, costruzione, opera. L’arte, come l’energia, congiunge la singolarità (della particella o dell’individuo – vedi nota 2 –) con il campo, con il contesto, con l’altro.

Dunque, essa si presenta oggi, nel frangente di una transizione epocale, come la forza su cui rifondare e rinegoziare il senso del nostro stare sulla terra; passare dall’umanesimo a un’ecologia dell’esistente, superando la dimensione antropocentrica, ultima responsabile dell’insostenibilità della nostra impronta sul pianeta. Come arrivare allora a questa civitas estesa e armonica dell’umano con “ogni altro”? A Cittadellarte, con Pistoletto e il laboratorio di pensiero dell’Università delle Idee, individuiamo la prospettiva aperta dalla sintesi, termine greco, ma concetto universale; il simbolo del Terzo Paradiso e la teoria della Trinamica esprimono questo pensiero. Personalmente, ho sempre sentito che esiste in natura una forza insita nella profondità della complessità e dell’unione del tutto: la filosofia e la scienza parlano di emergenza – vedi nota 3 -, il fenomeno per cui enti di maggiore ampiezza sorgono dalle interazioni tra enti meno estesi o più semplici in modo tale che l’entità emergente mostra caratteri e proprietà che gli enti di partenza non possedevano.

Ritengo che l’arte sia espressione di questa forza; ovviamente l’arte – come nozione – appartiene all’universo semantico antropologico, e non alla fisica quantistica o all’ecologia profonda. Attraverso l’umanità, però, questa forza dell’emergentismo, si manifesta come fenomeno.
Il passaggio da Cittadellarte alla civiltà dell’arte, segue un processo complesso e generativo, per cui dall’individuo alla comunità, dalle comunità (città) alla regioni, dalle regioni alla globalità, esiste una simultaneità di dimensioni in cui persistono gli enti ai vari livelli di emergenza di fenomeni complessi.


Manifestazione visibile dell’emergenza della civitas cosmopolitica dell’arte è la Demopraxia, teoria e pratica che abbiamo sviluppato negli anni di riflessione condivisa a Cittadellarte; gli individui, nella loro dimensione singolare, non possiedono una reale facoltà di esercitare potere, se non attraverso la delega, e cioè alla rinuncia allo stesso a favore di rappresentanti: questo è il limite insito nello stesso concetto di democrazia, specificatamente nella sua declinazione di rappresentanza; il termine “crazia” deriva da “cratòs” e significa appunto potere.


(Photo credits: Wikipedia)

Gli individui per raggiungere il potere non possono passare attraverso il sistema democratico, essi possono invece arrivarci attraverso la pratica; occorre un salto semantico, un nuovo paradigma teorico, fondativo di un rigenerato agire nel campo civile: indichiamo questo passaggio sostituendo con il termine “praxis” il greco “cratòs“: dalla democrazia alla demopraxia. Il demos emerge dunque da una pratica viva e diretta di una propria presenza al tessuto sociale. Dunque, esiste concettualmente, ma anche concretamente, una dimensione emergente della convivenza e organizzazione politica; essa si fonda sull’esercizio del fare demos, prima che dell’esercitarne il potere.


(Photo credits: Wikipedia)

Fare demos significa occupare lo spazio civico con un impegno diretto. Abbiamo elaborato in questi anni “metodi” demopratici; essi si sperimentano nei diversi Cantieri aperti a Cuba, a Milano e Melbourne, a Tirana, e quest’anno programmati a Bali, in Azerbaijan e in Messico. Sono costruiti su un modello basato sulla proprietà dell’emergentismo, sulle potenzialità locali e sulla visione di un’unione profonda e complessa del singolo alla comunità e alla Terra vivente. Forum, cantieri e scuole: questi sono i parametri essenziali su cui si svolge l’attività di Cittadellarte oggi. La demopraxia come emergenza, l’arte come sua forza intrinseca e generatrice.


(Photo Credits: Wikipedia)

Le immagini di questo articolo, tratte in parte da Wikipedia, rappresentano strutture spontanee di organizzazione emergente in natura e non solo.
“Le strutture emergenti possono essere trovate in molti fenomeni naturali, dal dominio fisico a quello biologico. Ad esempio, la forma dei fenomeni meteorologici come gli uragani sono strutture emergenti. Lo sviluppo e la crescita di cristalli complessi e ordinati, guidati dal movimento casuale di molecole d’acqua in un ambiente naturale favorevole, è un altro esempio di un processo emergente, in cui la casualità può dare origine a strutture complesse e profondamente attraenti, ordinate”; (Wikipedia).


Note:
1 – Nel 2006, scrivevo “…l’infrastruttura di Cittadellarte si sviluppa nella forma di network internazionale per una trasformazione sociale responsabile attraverso la creatività, estendendo così il senso del termine città ad una civitas transnazionale ed interculturale fondata sull’arte intesa come dimensione umanistica cosmopolitica. … questo termine che esplicita in una sua metà la dimensione appunto politica dell’impegno creativo e nella sua altra metà la dimensione cosmica, il-limitata, della responsabilità dei cittadini di questa civitas-dell’arte. La Terra è intesa come ager da curare rifondando il senso di un’agri-cultura umanistica nell’estensione del grande progetto, del nuovo mito, del Terzo Paradiso…”; Journal 10, 2006, Edizioni Cittadellarte.

2 – Colgo la suggestione di “Le particelle elementari”, di Michel Houellebecq.
3 – “Ogni risultante è o una somma o una differenza delle forze dei cooperanti; la loro somma, quando le loro direzioni sono le stesse – la loro differenza, quando le loro direzioni sono contrarie. Inoltre, ogni risultante è chiaramente rintracciabile nei suoi componenti, perché questi sono omogenei e commensurabili. È diversamente agli emergenti, quando, invece di aggiungere movimenti misurabili a movimenti misurabili, o cose di un tipo ad altri individui del loro genere, c’è una cooperazione di cose di tipologia diversa. L’emergente è diverso dalle sue componenti nella misura in cui sono incommensurabili e non può essere ridotto alla loro somma o alla loro differenza”; G.H. Lewes, filosofo e critico letterario teatrale di epoca vittoriana.