La nostra specie ha scambiato la qualità per la quantità… ma non recentemente
Ruggero Poi riflette sul naturale desiderio di imparare dei bambini, analizzando come questo si rapporti e sviluppi con la loro crescita, portandoli ad essere degli "esploratori che cercano il significato delle cose". Il direttore dell'Ufficio Ambienti d'Apprendimento e Scuole di Cittadellarte mette anche in luce la rilevanza ricoperta dalle attività ludiche nell'infanzia: "Il gioco risulta uno strumento per mettere alla prova e prendere confidenza con il proprio libero arbitrio".

Oggi una delle risorse più importanti che possediamo sulla Terra è la naturale voglia di imparare dei bambini e delle bambine.
La loro crescita non è un processo meccanico, ma un processo di sensibilità organica che può essere diretto e orientato ma non rigidamente stabilito.
C’è nei bambini la curiosità e il desiderio di estendersi al massimo nel mondo per comprenderlo, possiamo parlare di un bisogno, di una ‘fame di universo’. I bambini sono come degli esploratori che si muovono ricercando il significato delle cose in modo molto concreto. Giocano con quello che trovano a loro portata e da questo imparano. Il desiderio naturale di comprendere li porta a trovare complicità con altri esseri sulla Terra che similmente sono esposti a questa immensità. Il bisogno di estensione, di raggiungere il significato di quanto incontriamo, compresa la nostra vita, ci ha portato nei vari tempi e luoghi a risposte di tipo magico, spirituale e scientifico.

Nella pratica del gioco i ‘bambini ricercatori’ ripercorrono e sperimentano gli aspetti magici, spirituali e scientifici, ottenendo una sensazione di felicità immediata dalle scoperte che ne derivano senza fatica. Attraverso questo ingaggio ludico i bambini cercano di sfidare quotidianamente le loro possibilità; il gioco risulta uno strumento per mettere alla prova e prendere confidenza con il proprio libero arbitrio. Il neonato infatti nasce prematuramente per necessità, non potendo continuare la gravidanza nel grembo materno, dopo i nove mesi. Oltre questo termine la testa del bambino diverrebbe troppo grande per uscire, mettendo a rischio le due vite. Una volta nato la sua gestazione continua per diversi mesi a contatto del mondo. Gli rimane così un ventaglio di possibilità da sperimentare e adottare: ecco che si trova in quella che definiamo appunto condizione di libero arbitrio, che caratterizzerà tutta la sua vita. La volontà di determinazione supplisce alla natura definita degli altri animali, che nascono molto più legati a una funzione e un habitat. Se gran parte dello sviluppo del cervello umano avviene una volta nato, l’ambientamento con il mondo circostante ha permesso all’umanità di adattarsi e insediarsi in ogni parte del globo, al di là delle condizioni più o meno favorevoli del suo habitat.

Tutto ciò ha richiesto un notevole lavoro di accudimento parentale verso la prole, che risulta a tutti gli effetti un investimento di strategia riproduttiva. Susan Allport nel suo libro Tutti i genitori del Mondo scrive “…Mentre lo scimpanzé è dipendente dalla madre per un periodo di sei anni (il tempo necessario perché il cervello si sviluppi e raggiunga proporzioni vicine a quelle definitive), il bambino […] è dipendente dai genitori per quasi due decenni. La nostra specie ha proprio scambiato la quantità per la qualità. È stato questo, si può dire, il nostro vero affare nella strategia riproduttiva, il modo per garantire la sopravvivenza dei nostri figli”.
Comprendere come ‘scambiare la qualità per la quantità’ abbia determinato la strategia riproduttiva dell’umanità, può forse esserci utile per ristabilire un corretto equilibrio nell’organizzazione complessa della nostra società, dove non sempre la qualità è favorita sulla quantità.


Didascalia immagine di copertina:
Michelangelo Pistoletto
Ragazzo sull’altalena, 1965
velina dipinta su acciaio inox lucidato a specchio
230 x 120 cm
Photo Courtesy: GAMEC Bergamo.