Narciso attraversa lo specchio: superare gli schermi nell’apprendimento a distanza
Ruggero Poi propone un articolato pensiero sulla soglia di concentrazione infantile, provando a individuare possibili motivazioni che possono causare un deficit di attenzione. Come bilanciare le lunghe giornate a casa dei bambini? Troppo intrattenimento tecnologico? Si sta lavorando al meglio per tutelare il benessere psico-fisico dei più piccoli? In un percorso tra miti e parallelismi che coinvolge adulti e bambini, il direttore dell'Ufficio Ambienti d'Apprendimento e Scuole di Cittadellarte porta l'attenzione sulla necessità di non dimenticare i tempi lunghi d'apprendimento e le necessità reali dei più giovani.

Narciso è un adolescente che confonde una pozza d’acqua con un’altra realtà, confonde l’alto con il basso, l’altro con se stesso, Narciso è confuso e così sprofonda pesantemente.
L’arte, come ho scritto in precedenza, ci mette di fronte alla sensibilità dell’umanità che ci ha preceduto, che ha vissuto, sentito, pensato prima di noi. Ma l’arte ha la possibilità di svelare noi stessi, di connetterci, di portarci di fronte allo specchio, senza veli.

Allora ripenso ad Alice che lo specchio non lo guarda più, ma decide di attraversarlo. E torno ancora più indietro e penso alle domande che la regina/strega di Biancaneve pone al suo specchio: Chi è la bella del reame? E come questo non le possa mentire.

Narciso non si pone nessuna domanda, nè riconosce il varco dello specchio.
La fine di Narciso è quella di affogare nella superficialità, un ossimoro inquietante, soprattutto se pensiamo a come a volte trascorrano le nostre giornate.
Con il libro aperto, rispondiamo a una mail, che interrompiamo per leggere un messaggio WhatsApp, che ci linka un post di Facebook, che commenta un post su un argomento che potrebbe interessarci, rispetto alle visite che in precedenza abbiamo svolto.
Sostituiamo alla pozza di Narciso lo schermo di un tablet per essere contemporaneamente connessi e slegati dalla nostro presenza.
Continuamente interrotti da input che ci portiamo letteralmente in tasca, passeggiando di stanza in stanza, fatichiamo a immergerci a lungo in un flusso di concentrazione prolungato. Un tempo gli antichi definivano la meditazione, la concentrazione, ‘estasi’ (dal greco ex-stasis), che significa ‘essere fuori’ ovvero focalizzarsi su un punto, annullando le distrazioni esterne. L’estasi – mistica – è nella tradizione della spiritualità, anche quella quotidiana che possiamo provare tutti ha risvolti mistici, riducendo i bisogni fisiologici del nostro corpo: non sentiamo più le ambulanze passare, non avvertiamo continuamente sete o fame, non dobbiamo andare in bagno, possiamo addirittura contrastare il dolore…
Lo psicologo Mihaly Csikszentimihaly l’ha studiata e descritta lavorando con artisti, scienziati e sportivi, che praticano la concentrazione a lungo e che da questa ottengo un beneficio psico-fisico. Tra concetrazione e benessere c’è un’importante correlazione. Se così è, chi si occupa di educazione deve stare attento e non può ignorarlo.
Fin qui ho parlato di adulti, ma cosa succede se applichiamo il binomio concentrazione-benessere all’infanzia?

L’estasi quotidiana della concentrazione dà benessere, è naturale e andrebbe frequentata regolarmente. Oggi, come dicevo, faticano gli adulti che senza tecnologia pervasiva hanno vissuto tutti gli anni del loro sviluppo.
Pensate quanto possa essere difficile per i ragazzi, o meglio i bambini una volta provata la facilità da intrattenimento.
Non c’è un collegamento diretto provato, ma fa pensare il fatto che esista una sostanza psico-attiva dal nome ‘ecstasy’, un paradiso artificiale che produce effetti positivi sull’umore e sulla capacità di empatia.
Cosa ci allontana dalla naturale concentrazione e dagli effetti che questa ha sulle nostre relazioni?
Basterebbe sperimentarla fin da piccoli, per diventarne positivamente dipendenti. Ma ci vuole tempo, tempo di qualità nella relazione e sembra che questo alle volte manchi, in tutti i contesti.
Intanto a scuola continuano – o meglio continuavano – ad aumentare le diagnosi da deficit d’attenzione, tema spinoso quest’ultimo, sul quale non mi soffermerò in modo esaustivo, ma c’è un associazione che va approfondita: deficit attentivo e benessere.
Una prima causa di questo ‘deficit’ è in realtà la conseguenza dall’eccessiva ‘somministrazione d’intrattenimento’.
Molti bambini faticano infatti a intrattenersi o portare l’attenzione fuori da sé in modo autonomo, a esercitare l’interesse verso ciò che non sia stato loro somministrato, come ad esempio un tablet o il celluLare (ma vale anche per i giochi, quando lo schema è quello della somministrazione).
In questi giorni è difficile incontrare bambini per ovvie ragioni, ma ritornate con i ricordi a qualche settimana fa: non avreste faticato a imbattervi nella “postura da ‘intrattenimento’; nei bar, seduti a tavola nei ristoranti, avvolti nei sedili dei treni, legati in un viaggio in macchina, sulle panchine del parco giochi, sdraiati al mare, nel pic nic in montagna…
Se questo poteva essere fino a ieri lo scenario, come è cambiato in questi giorni?
In meglio o in peggio? Stiamo lavorando per tutelare il loro benessere psico fisico?
‘Dopando’ l’interesse, con la somministrazione facile in uscita (per l’adulto) e facile in entrata ( per il bambino) rischiamo di rendere fragili le passioni dei bambini.

Attenzione: non amo la morale sterile, né tantomento quella che demonizza la tecnologia. Se scrivo è grazie a un computer che oltrettutto quotidianamente mi permette di ascoltare, leggere, condividere documenti…
È necessario, però, fare attenzione e distinguere le funzioni degli strumenti, degli oggetti, e le ricadute che questi hanno sulla realtà dei vari soggetti.
I dispositivi elettronici sono strumenti affascinanti, sono ‘magici’ perché immediati nel calcolo, nel trasporto, nella visione, nell’ascolto, nella relazione…
Quest’immediatezza sta annullando delle competenze che l’essere umano acquisisce attraverso un’educazione lenta dei sensi, del corpo, delle mani, della mente.
Per essere tipi ‘veloci’,‘svegli’, (attributi usati per descrivere l’intelligenza) c’è stato un tempo di pratica della lentezza.

Tuteliamo le passioni e il tempo lento dell’infanzia, forse così l’adolescenza saprà fermarsi prima di cadere dentro lo specchio di Narciso.


Crediti immagine di copertina: Enrico Amici.