Note sulla demopraxia – Il raccordo istituzionale con gli Assessorati allo Sviluppo Sostenibile
Come può un assessore con la delega allo Sviluppo Sostenibile avvalersi del metodo demopratico per operare nel proprio comune in linea con l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite? Come costruire una grammatica comune, una possibilità per un coordinamento nazionale orizzontale, tra i moltissimi programmi diversi l’uno dall’altro ma che, al di là delle appartenenze politiche e delle declinazioni locali, vertono tutti sul medesimo orizzonte, quello della sostenibilità? Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte e ideatore della demopraxia, lancia una propositiva riflessione in questa nova nota alla demopraxia dedicata al tema del "raccordo istituzionale”. "Non è più tempo per programmi di assessori eroici, ma solitari. Tanto meno per azioni isolate incapaci di coordinarsi con i programmi di altri Enti Locali, magari contigui. Piuttosto è sempre più necessario imparare a imparare, condividere e accrescere l’impatto delle politiche locali. È ora di istituire percorsi di ingaggio diretto, coprogettazione e condivisione dello scarico a terra delle policies con i cittadini e con le forme articolate ed avanzate della loro intelligenza".

Come si raccorda la demopraxia all’ordinamento democratico e ai suoi apparati?
Vi sono tre ordini di raccordo con la compagine istituzionale. In questa nota rifletto su quello che si propone di istituire con i Comuni e gli Enti Territoriali, in particolare con l’Assessorato a cui è affidata dalla Giunta la delega allo sviluppo sostenibile.
Gli altri due ordini del raccordo istituzionale si hanno: il primo con il coinvolgimento degli apparati nelle fasi dell’Opera Demopratica in qualità di soggetti partecipanti ma anche di promotori, sostenitori, patrocinatori (pensiamo al Ministero della Cultura nei primi Forum Rebirth di Cuba ma anche gli assessorati alla cultura di Milano e Roma per i forum corrispondenti). Questi contributori al processo demopratico sono da considerare anche come consiglieri e consulenti scientifici, in parallelo alle istituzioni universitarie e ai centri di ricerca, sui temi specifici di maggior rilievo per il territorio e gli stakeholder partecipanti (come la FAO e l’UNICEF a Cuba, per esempio).

Il secondo ordine del raccordo istituzionale si ha invece con la presentazione/proposta ai rappresentanti delle istituzioni delle pratiche realizzate dal Cantiere: queste (come trattato previamente in altre Note sulla Demopraxia) devono essere accompagnate dal Censimento (l’articolata e precisa quantificazione degli individui – agli occhi dei rappresentanti istituzionali, degli elettori – che appartengono alle organizzazioni partecipanti all’Opera Demopratica) e dalle Policies (la traduzione in forma di policies, con il relativo linguaggio, delle pratiche realizzate dal Cantiere, in modo da mantenere i rappresentanti istituzionali nell’ambito di un confronto preciso e chiaro, meno incline a venire neutralizzato dalle nebbie di certi apparati istituzionali).

In questa breve nota, voglio affrontare un terzo e per me innovativo ordine del raccordo istituzionale. Mi riferisco alla struttura dell’ordinamento civico degli stati moderni – assai diffusa in Paesi anche molto diversi tra loro, anche non liberali – che si fonda su enti locali territoriali guidati da una giunta i cui membri ricevono dal sindaco specifiche deleghe, relative ai diversi ambiti della vita civile.

Come primo elemento, consideriamo che moltissimi Comuni (non solo Comuni e non solo italiani) hanno attribuito a un componente della giunta la Delega allo Sviluppo Sostenibile, con nomi e titoli diversi e a volte curiosi, tuttavia sempre concernenti appunto lo sviluppo sostenibile.
Ognuno di questi assessorati articola un proprio programma in base alle competenze dell’assessore e degli uffici inerenti, oltre che naturalmente agli indirizzi politici della giunta e alle vocazioni territoriali. Il punto debole di questa strategia (o situazione di fatto, derivante dalla mancanza di una strategia generale) è che non vi è coordinamento.

Soprattutto problematico è il fatto che non esistano metodi da offrire agli amministratori pubblici con cui essi possano cimentarsi nella sfida tanto ampia e profonda, quanto urgente, posta dalla necessità di cambiamento rispetto allo sviluppo insostenibile.

Inoltre, vi è un altro punto che rende la situazione inadeguata alla serietà della sfida: non è più tempo per programmi di assessori eroici, ma solitari. Tanto meno per azioni isolate incapaci di coordinarsi con i programmi di altri Enti Locali, magari contigui. Piuttosto è sempre più necessario imparare a imparare, condividere e accrescere l’impatto delle politiche locali. È ora di istituire percorsi di ingaggio diretto, co-progettazione divisione dello “scarico a terra” delle policies con i cittadini e con le forme articolate ed avanzate della loro intelligenza. È ora – come sappiamo in base alla filosofia della demopraxia – di costruire realtà partendo dalle pratiche già in atto nelle varie organizzazioni della società civile.
La mia proposta è che il metodo demopratico sia il prototipo – già in corso di sperimentazione e con alcune storie di successo – da offrire agli assessorati competenti.

Il metodo demopratico, infatti, è un canovaccio teatrale dove sono previsti gli atti e i principali eventi scenici, ma che deve essere vivificato e agito dalla Compagnia di attori locali (le organizzazioni, attori economici, sociali, amministrativi, del mondo della sanità, dei servizi, della formazione, dello svago…) che di volta in volta si raccolgono intorno all’ambizione di realizzare un’Opera Demopratica a immagine e somiglianza della propria città o comunità civica.

Soprattutto, il metodo demopratico è incardinato sul palinsesto dei 17 obbiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Esso è dunque appropriato e coerente. Efficace. Riscontrabile. Adeguato.

Dunque l’Assessore con la delega allo Sviluppo Sostenibile potrà adottare il metodo demopratico e e adattarlo alle esigenze della propria città semplicemente avviando le varie fasi:
• il Coro con la Mappatura e l’Esposizione
• quindi il Forum con la Carta delle Azioni
• e infine il Cantiere con le Pratiche e le Policies.

Come sappiamo, sarà opportuna la partecipazione e co-direzione dell’Opera da parte di un soggetto formato nell’arte della demopraxia, nella visione del Terzo Paradiso e nel metodo trinamico; a questo fine la presenza o l’avviamento sul territorio di un’Ambasciata Rebirth/Terzo Paradiso sarebbe assai efficace.

Quindi, occorrono uno o più luoghi – dell’arte e della cultura, ma anche eventualmente di altri ambiti – in cui realizzare l’Opera. L’esposizione potrà ad esempio bene aver luogo presso un Museo della Città (come a Roma si è tenuto presso il MACRO, grazie alla efficace collaborazione tra l’assessorato alla Cultura e il direttore del museo). Il Forum e gli incontri del Cantiere potranno tenersi nello stesso spazio o in altri a seconda delle opportunità specifiche.

Un ulteriore elemento di rilievo è il coordinamento offerto da Cittadellarte specificatamente nel confronto e condivisione con altri percorsi progettuali, aprendo gruppi di lavoro a cui partecipino i vari protagonisti dei diversi capitoli in corso o realizzati.
Questa opportunità di confronto è finalizzata al continuo apprendimento e all’ambizione di costruire una sorta di disciplina fondata su casi concreti attraverso la condivisione diretta delle esperienze.
Ora occorre dunque sperimentare questa strategia.

 

Paolo Naldini
Corniglia, 22 agosto 2020