Note sull’Arte della demopraxia: i progetti di rete e la rete di progetti
Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte e ideatore del concetto di demopraxia, propone - in una dimensione trinamica - una riflessione che avanza la definizione del Metodo Demopratico.

Il lavoro di sperimentazione e ricerca dell’Arte della demopraxia continua anche sulla spinta delle esperienze recenti di Melbourne e dello svolgimento del cantiere di Roma.
Il laboratorio vivo mi ha portato a riflettere su un ulteriore tassello del quadro, ed è affascinante vedere come stia prendendo forma un nuovo modo di organizzare la polis e la nostra vita politica di cittadini consapevoli e responsabili.
Parto da una tensione che in questi anni ho visto spesso, se non sempre, emergere nei Forum: una dialettica tra due sistemi o modi di attivazione dei partecipanti tra loro antitetici. Il primo corrisponde al più tradizionale esito dei processi di network, cioè che i partecipanti – più o meno consapevolmente – ricercano la adesione di altri soggetti al loro progetto personale. Il network in questo caso, fondamentalmente è uno strumento per acquisire connessioni al fine di meglio realizzare i propri progetti.

I progetti così derivanti li definisco ‘progetti di rete’: quindi la prima polarità che si viene generalmente a configurare nell’organizzazione dei forum e dei cantieri è finalizzata alla costituzione di progetti di rete, ovvero progetti condivisi da più soggetti partecipanti. Questi, nell’ambito del Forum, trovano talvolta la possibilità di venire sviluppati o completamente realizzati.
L’altra polarità che costituirebbe il percorso ‘ortodosso’ dell’Arte della demopraxia, consiste nello sviluppo – da parte delle singole organizzazioni partecipanti – di azioni o progetti all’interno della propria compagine, ossia ciascuno dei partecipanti, dopo il Forum, attiva e avvia delle realizzazioni e delle azioni che aumentano, per così dire, il gradiente di impegno e di impatto sostenibile della propria organizzazione. Oppure, usando un’altra metafora, si tratta di progetti che contribuiscono a ri-orientare la bussola strategica dell’organizzazione sull’asse della sostenibilità e della responsabilità.

Ciascuno, dunque, in questo secondo scenario, opera nella propria ecologia. Assume consapevolezza di essere demos attraverso la pratica di compiere decisioni consapevoli, dando loro seguito e realizzandole. Così facendo esse esercitano la forma più profonda e diretta di kratòs, cioè di governo; esse si costituiscono, di fatto, come micro-governi, cioè che in realtà sono comunque, ma senza la narrazione della Demopraxia essi stessi non si vedono! Non è per loro possibile, per lo meno non immediato, concepirsi come micro-governi in atto. A questo servono i concetti: sono strumenti del pensare. Come i simboli sono strumenti del vedere. Attribuisco all’espressione demopraxia la stessa facoltà che il simbolo del Terzo Paradiso esplica. Solo che le due espressioni agiscono su due reami del sensibile diversi: il visuale e il linguistico. Entrambi metafisici. Entrambi costruttori di mondi.

Questa seconda polarità, dunque, è opposta alla precedente. Essa non individua ‘progetti di rete’, ma pone le basi per costituire una ‘rete di progetti’, ossia una conglomerazione o un’agglomerazione di progetti diversi fra loro.
Questi sono connessi da un comune sentire e da una diffusa consapevolezza che il demos prende forma attraverso l’incidenza diretta sul reale in ciascuna ecologia propria, ovvero in ciascun ecosistema che la singola organizzazione viene a costituire.
Che cosa distingue una rete di progetti da una dispersione e diffusione sconnessa di progetti? Lo rivela la parola rete: la connessione degli stessi, quindi l’esercizio, eventualmente sottinteso, di una connessione tra i partecipanti.
Che la connessione sia demotica – cioè la coscienza di fare parte e di costituire un démos – piuttosto che condivisione pratica è una distinzione importante, ma non determinante ai fini della costituzione della rete di progetti.

Ora abbiamo individuate le due polarità: i ‘progetti di rete’ e la ‘rete di progetti’.
Entrambe le polarità posseggono legittime e consolidate ragioni per costituirsi, per esistere, per manifestarsi e per diventare fenomeno.
Ci troviamo di fronte, quindi, a un tipico caso di antinomia o opposizione di una dualità.
Vogliamo progredire nella narrazione e nell’applicazione del concetto della trinamica? Occorre dunque definire una sintesi, individuare una armoniosa congiunzione tra le due opposte polarità, che sia frutto dell’esercizio della facoltà del creare.

Che cosa consente di proporre un sentiero o una strada di creazione sintetica tra i ‘progetti di rete’ e la ‘rete di progetti’?
Mi sembra che questo sia proprio il percorso delle attività, dei metodi, dei riti della demopraxia: ossia le tre fasi (mappatura, forum e cantiere).
Ma anche la narrazione simbolica del simbolo visivo del Terzo Paradiso e quella linguistica del concetto di demopraxia, e, come dicevo, le ritualità che vengono esercitate e poste in essere nella partecipazione al percorso dell’arte della demopraxia.
Tutti questi sono elementi di un dispositivo articolato che costituisce l’accesso alle sorgenti della reificazione, cioè di costruzione del reale.
Siamo cioè di fronte ad una chiara manifestazione dell’applicazione del metodo della demopraxia nella sintesi tra due opposti.
Il gioco sta proprio nel cercare (e trovare!) l’equilibrio trinamico tra il progetto di rete e la rete di progetti. Nè l’uno, né l’altra, da soli bastano. Insieme, i due possono fare tre.