Il parco giochi delle parole
Vi proponiamo un nuovo articolo del direttore dell'Ufficio Ambienti d'Apprendimento e Formazione di Cittadellarte, che si concentra sull'evoluzione dell'uso delle parole e sul loro impatto nella realtà quotidiana. Ruggero Poi riflette su come questo processo di trasformazione si sia acuito con l'avvento dei social network, sottolineando come, in quest'ottica, gli strumenti tecnologici debbano essere usati responsabilmente dai più piccoli vista l'influenza che possono avere nel loro linguaggio: "Se lasciate dei bambini nei loro primi anni di vita, in balia di medium tecnologici, la cui caratteristica è la semplicità di interazione e la velocità, avrete come conseguenza, tra le altre cose, il manifestarsi di un importante deficit attentivo". In questo contesto, qual è il ruolo della scuola? "Negli ambiti educativi è importante non inflazionare lo strumento verbale, ma dirigerlo e contestualizzarlo con la pratica".

Il parco giochi delle parole

Oggi le parole che scambiamo sono moltissime, segno di una proliferazione d’interazioni eccessive anche per l’uomo cosmopolita. Negli ultimi anni la parola ha servito gli uomini nella diffusione di idee, ideologie, slogan, réclame. Ha alimentato le immagini di giornali, manifesti, schermi domestici, personal computer, telefoni… vivificandole. Le parole, come detto, hanno un impatto incredibile sulla realtà, perché servono a programmarla e rigenerarla. Nell’ultimo secolo e in particolare nell’ultimo decennio i mezzi di diffusione delle parole si sono esponenzialmente diffusi, consentendo a moltissimi, se non proprio a tutti, la possibilità di essere virtualmente la guida mediatica di molti con tweet, blog, post. Questa proliferazione dei linguaggi e delle parole porta il rischio illustrato dal mito della Torre di Babele, il luogo dove la direzione di una parola si moltiplica a tal punto da rendere incomprensibile qualsiasi tentativo di organizzazione sociale. Ognuno parla il suo linguaggio e non capisce più quello dell’altro. Questo fenomeno produce una crisi personale e sociale.
La parola, e con lei il linguaggio, ha bisogno di un’altra economia, di una diversa gestione.
Economia significa anche risparmio ottenuto attraverso la comprensione e la valorizzazione delle risorse di cui siamo in possesso. Dove c’è economia c’è la scelta. Dove c’è la scelta c’è la capacità di orientarsi tra molte possibilità, per avvicinare quella che si ritiene più adatta.

Se applichiamo la legge della domanda e dell’offerta al traffico verbale, troppe parole in circolo, ne svalutano il valore e la funzione iniziale. Ricordiamoci che il linguaggio nasce probabilmente per gestire, organizzare e dare senso alla quantità d’interazioni. Decidere tra opzioni ordinate è una cosa, altro è doversi orientare in una “discarica” di parole.
Come avviene a una moneta svalutata, consumiamo sempre più parole, molte di queste sono scadute o improprie.
Per spiegarmi meglio trasferisco l’immagine della svalutazione e del consumo in una situazione quotidiana di “disordine”. Organizzate un laboratorio per bambini in cui sia necessario a un certo punto procedere in una incollatura. Per venti bambini sul tavolo predisponete venti colle stick. Molto probabilmente a fine laboratorio molte di queste saranno senza tappo, oppure chiuse male o ancora per terra. Provate poi a lasciare ai venti bambini del turno successivo soltanto quattro colle ben alternate sul tavolo. Il gruppo si organizza per gestire e non perdere quello strumento, il cui valore è ora cresciuto.

Anche per le parole è importante fare attenzione a non perdere di vista il loro obiettivo. Immergiamole in adeguati silenzi e strutturiamole in spazi di senso rispondenti.
A scuola e nei contesti educativi è così importante non inflazionare lo strumento verbale, ma dirigerlo e contestualizzarlo con la pratica.
In questo senso gli ambienti di apprendimento vanno disegnati e strutturati per favorire processi di scoperta consapevole, in essi si orientano la conoscenza e la co-resposanbilità di ognuno, e ognuno fa conoscenza degli altri attivando il processo creativo.

A livello virtuale, vale lo stesso discorso, la parola va moderata.
Se lasciate dei bambini nei loro primi anni di vita, in balia di medium tecnologici, la cui caratteristica è la semplicità di interazione e la velocità, avrete come conseguenza, tra le altre cose, il manifestarsi di un importante deficit attentivo. La diagnosi sarà una nevrosi, data dall’assenza di tempo libero. La pausa è necessaria alla “programmazione fisiologica” dell’essere umano super sociale.
In sostanza le parole servono per produrre una consapevolezza in sintonia con obiettivi condivisi dalla società. Per aver valore le composizioni dialogiche hanno bisogno di silenzi che le valorizzino, così come nelle composizioni gli intervalli determinano il ritmo e la comprensione di un’armonia.
Maria Montessori, figura che ha trasformato a inizi del Novecento il pensiero e l’azione educativa, insisteva sempre sull’importanza di preparare lezioni brevi, chiare e oggettive. Addirittura suggeriva di approcciarsi ai più piccoli in silenzio, per farli concentrare solo sui gesti e semmai pronunciando soltanto il significato ultimo individuato nella funzione di quella presentazione.
Così l’asta era “lunga” o “corta”, il cubo “grande” o “piccolo”, il cilindro “grosso” o “fino”.
Seguendo questo principio arriviamo a un “design delle parole e dei gesti”, dove si scelgono quelle funzionali e utili a raggiungere nel modo più chiaro l’obiettivo prestabilito, senza sovraccaricare il “sistema” che abbiamo di fronte. L’obiettivo a cui lavora il silenzio è fornire le condizioni per avere un “campo da cultura” senza erbacce che tolgono nutrimento alla coltivazione scelta.

Anche in ambito professionale troppe riunioni, troppe parole scritte (via mail o via chat) disorientano il pensiero che si inserisce in un tempo silenzioso e riflessivo dovuto alla progettazione a lungo termine. Se il cambiamento che ci aspettiamo è una nuova “parola” che scava a fondo, c’è bisogno di adeguato silenzio perché questa possa presentarsi. A orientare il nostro futuro in modo significativo non sarà allora il marketing, il cui scopo è favorire il consumo, ma al contrario il suo abbandono, attraverso un’attenta ricerca delle parole “oneste”. L’attenzione è figlia della lentezza e della precisione e favorisce l’onesta e la chiarezza di intenti. Anche questa è una competenza che riguarda la scuola, che riguarda i maestri veri, prima dei professori.


Immagine di copertina: Ti amo, 1965-1966
Acrilico su tela, cm 60 x 70
Fondazione Pistoletto, Biella