Un’altra idea di progresso – Una tecnica più umana
Vi proponiamo un testo del direttore di Accademia Unidee, Francesco Monico, su "Fratelli Tutti", citazione dalle "Ammonizioni di San Francesco", la terza enciclica di Papa Bergoglio scritta nel suo ottavo anno di pontificato. “Fratelli tutti di Papa Francesco è un radicale aggiornamento dell’umanesimo moderno, antidoto al 'pensiero calcolante' che ha ridotto l’altro a partner d’affari. Un testo che parla anche ai laici, superando la prospettiva antropocentrica: sull’astronave Terra ci si salva solo tutti insieme”.
Articolo pubblicato il 13 novembre 2020 sul settimanale 7 del Corriere della Sera .

 

È chiaro che la nuova enciclica di papa Francesco è una citazione diretta delle Ammonizioni di Francesco d’Assisi. Il titolo Fratelli Tutti lo dichiara. Indica una fratellanza che va oltre il concetto moderno di ‘solidarietà’, supera ogni prospettiva antropocentrica e diventa un messaggio politico: siamo tutti abitanti della stessa terra con eguali diritti e doveri e tutti godiamo ‘del tempo che ci è dato di vivere’.
È una lettera aperta che evoca una fraternità che permette a ogni essere e realtà di venire riconosciuta, valorizzata e amata a doppio senso, nel senso che la fraternità permette di amare e di essere amati.
Questo concetto nell’epoca del compiersi della tecnica (il XXI secolo) è centrale per comprendere come l’amore — come è indicato da più pensatori anche laici — sia antidoto al pensiero calcolante e al progresso alienante. Infatti l’amore, nel suo essere anche e soprattutto un fatto psicologico, è la capacità di vedere l’altro e non solo, ma superando il moderno umanesimo antropocentrico, anche l’altrove e il diverso. È Sigmund Freud, nei primi anni del Novecento, a definire il narcisismo (la pulsione ad essere amati) come fondamentale per percepire l’altro e l’altrove; ovvero la pulsione a essere amati ci insegna (se riceviamo l’amore richiesto) ad amare gli altri, siano essi conspecifici e no, e addirittura l’altrove ovvero l’ambiente che abitiamo, sia esso territorio umano o del tutto naturale.
Questo ambiente fatto di persone, parenti, estranei, conspecifici, esseri viventi di specie e generi differenti è reso evidente oggi nell’epoca della crisi ambientale e del Covid-19, ovvero nell’epoca in cui la terra e la natura sembrano non reggere l’ingaggio accelerato del progresso umano, e richiede a gran voce di estendere l’amore alla natura tutta, agli animali e alle piante, proprio come ammonito da San Francesco, quando estende la fraternità in uno sguardo universale al sole, alla luna, alla terra, al mare.
Oggi nonostante siamo iperconnessi e a uno stadio molto evoluto della gestione energetica e delle scienze dei materiali, stiamo affrontando una grande crisi planetaria che è stata chiamata Antropocene. Il bene comune sembra essere il meno comune, la globalizzazione e l’apertura del mondo celano interessi interessi economici e finanziari. Le persone svolgono il ruolo di consumatori o di spettatori. Il dramma che si produce è quello di un uomo isolato, senza legami, che è ridotto a consumatore/spettatore passivo.
La terra oggi si configura come ‘un’astronave terra’, ovvero un globo terracqueo lanciato a incredibile velocità alla deriva nello spazio, abitato da esseri umani che hanno solo due scelte: o perire con il vascello in fiamme o trasformarsi nei manutentori planetari dell’astronave in rovina. E proprio questo è l’appello: farsi carico di una responsabilità cosmica. Amate la terra e la natura tutta, gli esseri umani e tutte le creature e trasformatevi, finché in tempo, nei gestori responsabili del pianeta terra. Ma in questa deriva vige la cultura dello scarto, le persone non sono considerate un valore primario, per questo nella cultura del progresso calcolante parti dell’umanità sembrano sacrificabili: poveri, disabili, bambini, anziani. La ricchezza è aumentata ma con essa anche l’iniquità sociale. E si è dimenticata l’eterogenesi dei fini, ovvero che nei sistemi tecnici compiuti il mezzo diventa sempre il fine quello che serviva per produrre diventa esso stesso il fine: finanza, beni comuni, risorse idriche… ovvero la tecnica è l’unico fine del progresso. E sta qui la grande attualità del messaggio, anche per la cultura laica, di questa lettera pubblica, ovvero che l’immaginario, pur radicato in una dimensione sociopolitica e culturale, è radicalmente metafisico, incentrato su una attenzione e speculazione verso l’essere, l’esserci, lo stare qui e ora. E qui avviene la testimonianza del fatto che il pensiero moderno, nel nome di un universale e continuo progresso, ha abbandonato l’essere (umano) riducendolo a funzione tecnica. Ciò è potuto avvenire grazie a una profonda suggestione tecnica sull’etica: ovvero all’influenza della politica economica del progresso sull’etica che è divenuta, incarnando le tendenze stesse della razionalità, un’etica della funzione.
Così l’unica cosa che conta è il processo, ben oltre qualsiasi spiritualità (basta vedere i processi scolastici e dell’apprendimento). Al contrario da un punto di vista proprio della filosofia e delle religioni, al centro dell’essere deve restare salda un’etica dell’intenzione, ovvero delle scelte ponderate e partecipate dell’essere e dalla sua psicologia emotiva.

Soci, non fratelli
Il contare del processo annichilisce l’essere umano per come lo abbiamo conosciuto dall’avvento del moderno (XVI secolo) e realizza il mondo della crisi che stiamo affrontando. L’altro non è più un compagno ma è ridotto a essere un partner d’affari e la dimensione dell’utile non rende ragione dei rapporti umani e impedisce ogni reale prossimità. L’eguaglianza contemporanea del socio d’affari, quale che sia, ha infatti creato un falso universalismo di chi quindi non ama gli altri da sé, e implica un’astrazione generica che si perde nell’omogeneo e nell’indistinto. È forte anche il rischio di un universalismo autoritario e astratto, che è mera omogeneizzazione, uniformità, dominio. Il progresso del XX secolo ha generato un sogno universalista che ha l’unico effetto di stemperare i colori dell’umanità così come le peculiarità dei differenti sistemi culturali. Al contrario la famiglia umana ha bisogno di imparare a vivere in armonia e pace senza dover per forza essere tutti uguali, in questo senso la custodia delle differenze è il criterio della fraternità.
Il messaggio è netto e non lascia dubbi a interpretazioni: “C’è bisogno di liberarsi dell’obbligo di essere uguali” (Francesco, Amoris laetitia, 2016-139), e recuperando l’etica dell’intenzione le stesse istituzioni della società civile (oggi ormai diventate sigle sovranazionali della finanza e del commercio: World Bank, Fmi, Wef, G8, Wto, Unctad) devono andare oltre alla mera efficienza e ai risultati dei processi sottesi. In questo senso l’enciclica si fa portavoce di un messaggio radicale che la sinistra non è più in grado di pronunciare: “Il diritto alla proprietà privata si può considerare come un diritto naturale secondario derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati, e ciò ha conseguenze molto concrete, che devono riflettersi sul funzionamento della società”. La visione di Francesco è radicale ed è quella di una certezza della gestione comune dei beni della terra. E allora questa visione nel XXI secolo diventa la visione che ogni nazione è corresponsabile dello sviluppo e della gestione dei beni comuni della terra. In un pensiero ecologico sistemico e planetario.

Così oggi di fronte a un generale fallimento della politica, di fronte alla crisi dell’illusione del progresso, di fronte all’Antropocene, è il rappresentante di una chiesa che assume un approccio sovversivo rispetto alle teologie politiche apocalittiche che esistono e si stanno diffondendo. Questa lettera, mi permetto un facile gioco di parole, è più progressista del progresso e occupa uno spazio lasciato vuoto da un pensiero politico sociale rimasto legato a narrative e immaginari novecenteschi divenuti cliché. Esiste una tensione tra globalizzazione e localizzazione che deve evitare sia l’essere eremiti localisti sia l’essere globalisti astratti.
E concludendo, se spingiamo l’enciclica Fratelli Tutti dentro il suo stesso immaginario possiamo arrivare a un necessario quanto originale e radicale aggiornamento dell’umanesimo moderno in chiave multilaterale dove i territori della “casa comune” sono tutti gli esseri e tutti gli ambienti e i territori, proprio in quanto tutti sono ‘esseri e casa’ allo stesso tempo.