Intervista a Giada Fedeli: alla scoperta della sua arte tra introspezione, bellezza e responsabilità
A tu per tu con l'artista autodidatta originaria di Pomarance, attualmente residente a Viareggio, che ha messo in luce ai nostri microfoni l'identità e i temi cardine delle sue opere. Tra queste figura anche un lavoro ispirato alla "Venere degli stracci" di Pistoletto, ovvero "La stessa taglia". Dal titolo si evince il riferimento che ha voluto dare: "Affermare di avere la stessa taglia di Venere - ha spiegato - è come dire che ogni donna proviene dalla dea in questione: la bellezza e l'armonia l'abbiamo tutti".

L’ispirazione, nell’arte, è spesso chiave di volta per la creatività. Un riferimento non solo visivo o estetico, ma anche nei significati, può accendere una scintilla e portare alla realizzazione di un’opera nuova con riferimenti ad una già esistente. È il caso di La stessa taglia di Giada Fedeli, in arte Gammaphi, che a partire dalla Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto ha realizzato l’opera in questione dandole significati simili e nuovi rispetto all’opera del maestro biellese. A partire dal dipinto dell’artista nata a Volterra nel 1984, andiamo a ripercorrere la sua cronistoria creativa e i suoi lavori.
Giada vive e lavora a Viareggio, ha abbandonato gli studi universitari a pochi passi dalla Laurea (Corso di Laurea in Cinema, Musica e Teatro della Facoltà di Lettere e Filosofia di Pisa) e ha imboccato la strada della pittura. È autodidatta, ma dopo continue sperimentazioni giunge ad un linguaggio pittorico proprio. I soggetti sono spesso appartenenti al mondo femminile, ma i temi toccati sono molteplici e legati non soltanto alla figura della donna. “Il tratto deciso, la forma della figura, la scelta di cromatismi forti e puri – si legge nel sito dell’artista – si snodano sulla tela per parlare in modo diretto e affinché il senso arrivi senza filtri, facendo sognare lo spettatore. Quando dipinge Giada è poetessa, è musicista, è filosofa e portavoce del suo tempo. L’eclettismo personale si riflette nei suoi segni, nell’immaginario pittorico che di volta in volta si evolve e si spoglia, si riveste e si arricchisce“.
Dal 2007 Giada partecipa a rassegne d’arte nazionali conseguendo importanti riconoscimenti e curatele come quella di Claudio Strinati, di Ilario Luperini, Pietro Gaglianò e della curatrice Alessandra Ioalè.
Scopriamo nel dettaglio il mondo artistico di Gammaphi attraverso il nostro dialogo.

Cosa ti ha spinta a lasciare il Corso di Laurea in Cinema, Musica e Teatro della Facoltà di Lettere e Filosofia di Pisa per intraprendere la strada della pittura?
Il percorso universitario che avevo iniziato a percorrere era, a mio avviso, troppo teorico. Così ho cambiato strada: volevo trovare un linguaggio che mi permettesse di raccontare storie ed esprimere le mie idee e ricerche, anche a costi contenuti. La pittura era ideale per questo processo, anche alla luce del mio amore per l’arte. Ho quindi iniziato a studiare e sperimentare da autodidatta e non ho più smesso… ormai dipingo da oltre 15 anni.

Da autodidatta come hai costruito e sviluppato la tua identità artistica?
Fin da subito mi sono concentrata sull’autoritratto. Ho affinato questo aspetto, mi guardavo attentamente e mi sono concentrata sulla mia figura. Agli inizi la mia rappresentazione era poco realistica, iconica. Col tempo ho poi iniziato a dipingere e rappresentare il mondo femminile, disegnando donne con seni asimmetrici. Le opere in questione hanno avuto seguito: ho messo in piedi una mostra insieme a medici che lavorano con pazienti operate o con problemi al seno e ho ricevuto grande attenzione dal critico d’arte Claudio Strinati. In generale, il mondo femminile è al centro dei miei lavori, in cui do spazio sia alle problematiche che ruotano attorno alle donne sia alla loro bellezza e unicità. Nella rappresentazione delle mie opere, però, non manca mai la componente maschile e quella degli animali, perché per me l’icona della donna è un contenitore del tutto.


Il Primo Autoriritratto che ha incuriosito la Senologa e Primario Francesca Catalano di Catania con la quale nel 2010, parallelamente ad un convegno Nazionale ANDOS, Giada ha esposto le sue opere presso la Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati a Roma (presentazione a cura del di Claudio Strinati).

Hai realizzato ‘La stessa taglia’ ispirandoti alla ‘Venere degli stracci’. Ci illustri le peculiarità della tua opera?
È nata sia perché conoscevo la scultura del maestro biellese sia perché gli stracci, o meglio ‘l’accumulo’, sono fattori che vivo quotidianamente. È come se un giorno mi fossi vista l’opera di Pistoletto a casa: ho voluto immortalare il momento, rappresentandolo con un lato ironico (rappresentato da un atto quotidiano e casalingo che sembra non finire mai, ovvero stirare) ma allo stesso profondo (la percezione del corpo), come si può evincere dal titolo. Affermare di avere la stessa taglia di Venere è come dire che ogni donna proviene dalla dea in questione: la bellezza e l’armonia l’abbiamo tutti. Ho voluto così innestare una concreta riflessione sulla percezione del corpo che abbiamo. Ho scelto di ispirarmi a questa scultura perché ha un messaggio potentissimo: la mia interpretazione è che noto una riflessione sul consumismo, sull’ammasso di materia, una montagna insormontabile di stracci che la bellezza della Venere tiene in piedi creando un equilibrio tra qualcosa che non ha valore, il cumulo di vestiti, e qualcosa che ne ha moltissimo, la bellezza. Specifico che non ho dipinto la Venere nei minimi dettagli, non m’interessa: la sua riconoscibilità in quanto creazione di Pistoletto è immediata. La dea in questione è definita dalla sua stessa esistenza e nella mia opera la figura stira i suoi stracci, che poi sono quelli che accumuliamo, come i pensieri, le relazioni e le idee. 


L’opera La stessa taglia.

Cittadellarte opera per un cambiamento sociale responsabile che può innestarsi a partire dall’arte. Qual è il tuo pensiero rispetto a questa mission della Fondazione Pistoletto?
La sposo a pieno, seguo molto la realtà biellese e credo che il lavoro portato avanti sia encomiabile e condivisibile. È fondamentale ciò a cui Cittadellarte lavora, soprattutto il far conoscere il ‘noi’ prima dell’‘io’.

Quali sono le tematiche e i soggetti ricorrenti nei tuoi lavori? Quali sono le esposizioni a cui sei particolarmente legata?
I protagonisti sono per lo più femminili (a volte astratti), ma anche gli animali, le mani e l’amore. I messaggi, invece, sono vari. Cito, ad esempio, quello che ho voluto fare in un mio progetto artistico intitolato ‘Ma_donne’. Ho fatto fotografare soggetti femminili con fisici o con trascorsi di vita particolari o delicati. A ognuna di loro ho dedicato un lavoro: ad esempio una ragazza con un’enorme voglia sul volto l’ho dipinta in un’opera e l’ho intitolata ‘La ma_donna delle voglie’. Quello che poteva risultare un difetto è stato in realtà la sua bellezza e la sua unicità. Poi, con ognuna delle mie modelle parlo molto, in modo che anche chi si confronta con me inizi un percorso di accettazione e riflessione.


La Ma_donna delle voglie. Nella seconda e nella terza foto è presente anche la modella.

Dall’incontro, poi, nasce l’opera. Ho anche esposto al Polo Oncologico di Pisa per la Fondazione ARCO. Per me portare l’arte in un luogo di sofferenza è stata un’esperienza molto intensa… pensa che i bambini malati osservavano le mie opere e uno di loro ha addirittura disegnato un sole su un mio quadro. Un’altra mostra che ci tengo a citare è quella a Cortona (organizzata in collaborazione con la Galleria “Il Forte Arte” nella figura di Patrizia Grigolini): durante il lockdown ho accumulato numerosi giornali e riviste che ho ‘trasformato’ in pappagalli origami (nella foto sotto), realizzarli è stato come recitare un mantra e ho creato una riflessione su ciò che mi circondava; è poi stato significativo vederli esposti, è come se i frammenti di carta fossero volati fuori casa.

Quale funzione può avere, a tuo avviso, l’arte nella società?
Ha una funzione importantissima. Chi ‘fa’ arte ha una grande responsabilità, perché può mettere in luce certe problematiche e tematiche importanti usando un determinato linguaggio che può smuovere l’attenzione su questioni delicate. L’arte deve essere quel luogo in cui l’artista si mette a pensare a cosa può fare per far ragionare chi guarda l’opera, veicolando messaggi rilevanti per se stesso e per la collettività. 

Quale ruolo può invece assumere l’arte nella società post pandemia?
Un ruolo determinante. Dopo questa pandemia l’artista credo si sia abituato al lockdown, anche perché per molti era consuetudine stare chiusi nei propri spazi creativi. Io ero abbastanza preparata, ma mi mancava il contatto con l’esterno, come a chiunque. Ero bisognosa dell’‘altro’. L’arte nel post Covid-19 sarà fondamentale, perché tutti abbiamo bisogno di riascoltarci e capire cosa vorremmo non succedesse più. Penso, inoltre, che il dialogo di un’opera tra pubblico e mostre sarà più intenso e spero che le persone abbiano imparato a ‘sentire’ con attenzione, anche le opere d’arte.


Immagine di copertina: l’artista Giada Fedeli e, alle sue spalle, l’opera La stessa taglia.