Giornata mondiale delle api, in Italia meno raccolto ma più consumi di miele
Coldiretti ha analizzato la situazione economica e ambientale dietro l'alimento prodotto a partire dal nettare o dalla melata: durante la pandemia sono aumentati del 44% i consumi di miele, ma, allo stesso tempo, è calata dell'80% la raccolta. La maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell'agricoltura italiana, inoltre, invita a fare acquisti Made in Italy in questo settore per favorire l'economia nazionale e le eccellenze nostrane.

20 maggio, una data volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza degli impollinatori, sulle minacce che affrontano e sul loro contributo allo sviluppo sostenibile: mercoledì scorso è stata celebrata la Giornata mondiale delle api, che ha avuto il ruolo di mettere in luce, come ogni anno, l’importanza di questi insetti per l’ecosistema. Come impollinatori, infatti, consentono a molte piante di riprodursi, comprese numerose colture alimentari. Con questa ricorrenza, inoltre, si vuole porre l’attenzione sulla minaccia che – ormai da anni – incombe sulle api: insetti, pesticidi e cambiamenti nell’uso del suolo possono ridurre i nutrienti a loro disposizione ed essere un pericolo per le loro colonie. Nell’ambito di questa giornata, Coldiretti ha pubblicato una nota in cui – oltre a ricordare l’importanza di questa occasione – ha approfondito quale impatto abbia avuto l’attuale pandemia sulla produzione e sulla vendita di miele. Un dato è positivo: in Italia è aumentato del 44% il consumo. Probabilmente uno dei fattori dietro a questo incremento sarebbe il lockdown della cosiddetta ‘fase 1’ e l’aumento della preparazione di tisane, torte o altri piatti fatti in casa, in cui il miele viene spesso usato come dolcificante. Ricordiamo, inoltre, che questo prodotto è ricco di proprietà benefiche per la nostra salute, al contrario di altri dolcificanti come lo zucchero o l’aspartame. L’aumento delle vendite accennato in precedenza è emerso da una analisi della Coldiretti divulgata proprio in occasione della Giornata mondiale delle api sulla base dei dati Nielsen sulle vendite nella Grande distribuzione organizzata nel periodo compreso tra lunedì 17 febbraio e domenica 03 maggio. Sempre più italiani, durante la pandemia, hanno quindi scelto l’alimento prodotto a partire dal nettare o dalla melata.

L’altro lato della medaglia mostra però un momento delicato per la produzione del miele Made in Italy, con un calo dell’80% rispetto alla media. Una difficoltà da imputarsi alle anomalie del cambiamento climatico e alle siccità che hanno ridotto le fioriture con un conseguente danno alle api. “L’inverno bollente e la pazza primavera segnata da gelate – sottolinea la Coldiretti – hanno creato in molte regioni gravi problemi agli alveari con le api che non hanno la possibilità di raccogliere il nettare. Il poco miele che sono riuscite a produrre se lo mangiano per sopravvivere, anche se non mancano lungo la penisola situazioni più positive rispetto allo scorso anno. In Italia il raccolto rischia di essere anche peggiore del 2019, quando si era registrata una produ­zione nazionale di appena 15 milioni di chili a fronte di un quantitativo di quasi 25 milioni di chili di miele (importato durante l’anno dall’estero). In quest’ottica si evidenzia che il 40% arriva dall’Ungheria e oltre il 10% dalla Cina. In altre parole quasi 2 barattoli di miele su tre sono stranieri”.

È chiaro che chiunque può dare il proprio contributo per favorire le eccellenze nostrane, basta scegliere oculatamente quale acquisto fare. Anche se a volte il packaging del prodotto può risultare ingannevole per il consumatore, basta prestare attenzione alle etichette e comprare il miele al 100% italiano (spesso si legge, scritto in un carattere molto piccolo, ‘proveniente da stati dell’Unione Europea e non’). La maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana entra nel dettaglio su questo punto: “Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene, ad esempio, in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti”. Come spiegato nella nota stampa, la parola ‘Italia’ deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale, mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione ‘miscela di mieli originari della CE’; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta ‘miscela di mieli non originari della CE’, mentre se si tratta di un mix va scritto ‘miscela di mieli originari e non originari della CE’. Ecco, perché acquistare del miele di dubbia provenienza e non favorire quello italiano o le economie locali? A Biella, ad esempio, il mercatino di Let Eat Bi ogni mercoledì riunisce i partner dell’omonima associazione che propongono frutta, verdura, formaggi, prodotti trasformati e molti altri altri prodotti a km zero, biologici, naturali. Tra questi figura anche il miele: citiamo, ad esempio, il miele del Terzo Paradiso o quello de L’APEritiva.

In Italia – conclude la Coldiretti – esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di pascolo delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne italiane ci sono 1,5 milioni gli alveari curati da sessantamila apicoltori di cui circa 2/3 produce per autoconsumo. Ma le api sono soprattutto un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori. In media una singola ape visita in genere circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni secondo la FAO”.


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