Karma Barnes: modellare le avversità ambientali attraverso l’arte, la speranza e la cura
Creare un ponte tra ricerca, installazione e pratica sociale ispirandosi al Terzo Paradiso: Carol Schwarzman propone un approfondimento sulla pratica artistica dell'ambasciatrice Rebirth Karma Barnes, con un focus sulle opere "Tutto è Fatto di Tutto il Resto" e "Filo di Terra e Speranza", realizzate a Cittadellarte tra novembre e dicembre scorso nel contesto di una residenza UNIDEE.

Karma Barnes, artista interdisciplinare di Tāmaki Makaurau (Aotearoa, in Nuova Zelanda), ha partecipato alla residenza artistica di UNIDEE a Cittadellarte tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre per realizzare un progetto di ricerca in Fondazione Pistoletto, come ambasciatrice Rebirth/Terzo Paradiso. Durante questa permanenza ha realizzato due nuove opere, Tutto è Fatto di Tutto il Resto e Filo di Terra e Speranza.
Da oltre vent’anni Barnes lavora per ridefinire le intersezioni tra arte, terra e comunità. Attualmente vive a Bundjalung Country, nella regione australiana dei Northern Rivers, ed è nota per le sue installazioni che rispondono al sito e per le sue pratiche partecipative e socialmente impegnate. Il suo nuovo lavoro si basa sull’esperienza vissuta e sulla conoscenza applicata derivante dalla risposta ai disastri climatici sulla costa orientale dell’Australia. Sviluppa strutture per le generazioni future attraverso il recupero creativo e le pratiche artistiche impegnate nella comunità, generando così risorse e speranza di fronte alle avversità. La materialità e le qualità formali delle sue opere scultoree mettono in contatto gli spettatori con una comprensione intuitiva e concettuale dell’impegno etico di cura alla base della sua estetica. La pratica di Barnes è infatti profondamente immersa in un’estetica della cura. Vale a dire, cura per le comunità con cui interagisce, cura per l’ambiente naturale e artificiale in cui si svolgono le sue azioni relazionali e le sue installazioni materiali, e cura per il futuro della Terra e di tutti i suoi abitanti – umani e non umani.

Nel novembre di quest’anno, Barnes si è recata a Venezia come finalista del Premio Arte Laguna 2024. Ha esposto la sua monumentale installazione scultorea Co lapses (2024), una famiglia poetica di baccelli biomorfi sospesi che rappresentano corpi umani e non umani, intrecci e interdipendenze e il passaggio condiviso del tempo, del caso e del cambiamento. Il premio di quest’anno ha messo in mostra il suo lavoro insieme a quello di oltre duecento artisti internazionali. All’interno della scenografica architettura dell’Arsenale Nord, i dipinti e le sculture di questi artisti, realizzati con diversi mezzi, hanno rappresentato l’arte contemporanea ed emergente di tutto il mondo. L’opera di Barnes mette in discussione e si oppone al modo in cui la civiltà occidentale ha costruito un mondo completamente artificiale, innescando un degrado ambientale irreversibile e un consumo eccessivo in ogni aspetto della quotidianità.

Il ruolo dell’uomo, in quanto custode, è quello di salvaguardare il pianeta. Il concetto di Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto rappresenta una nuova fase che include l’intera umanità, che porta a creare un equilibrio armonioso tra artificiale e naturale e che richiede un ripensamento fondamentale dei principi etici e dei valori che guidano l’esistenza collettiva. Il Terzo Paradiso funge da potente metafora, ispirando gli individui ad assumersi la responsabilità personale nel dare forma a una visione globale e condivisa della cura. Come ha dichiarato Barnes, “durante la mia residenza, l’opportunità di vivere e lavorare all’interno di Cittadellarte – una manifestazione del Terzo Paradiso e dei suoi principi – ha permesso una profonda riflessione e lo sviluppo della mia pratica concettuale. Sperimentare di persona le opere di Michelangelo Pistoletto mi ha fornito una lente unica attraverso la quale considerare come i principi del Terzo Paradiso possano creare un terreno di incontro, un luogo di dialogo e di connessione”.

 

Co-Lapses (2024) ad Arte Laguna
A Venezia, come accennato, Barnes ha presentato un’iterazione monumentale Co-Lapses, originariamente esposta in scala ridotta in Australia. L’installazione site specific collega gli svettanti soffitti dell’Arsenale Nord ai suoi pavimenti in pietra. Dieci baccelli elegantemente sospesi, di forma organica, fabbricati con la stampa 3D, frutto dell’uso della tecnologia di imaging da parte di Barnes, riecheggiano le pratiche scultoree della terra. I pigmenti industriali locali utilizzati per gli edifici di Venezia emergono verso il basso da aperture simili a capezzoli e scorrono sul pavimento. Un paesaggio che si forma lentamente si trasforma in dieci montagne in miniatura, facendo riferimento ad antiche relazioni tra i corpi e la terra, creando un’opera di lunga durata il cui terreno sottostante muta fisicamente nel corso della mostra. L’installazione nel suo complesso richiama il passaggio del tempo profondo e i sistemi biologici e sociali della Terra.
In origine, la motivazione di Barnes per l’opera è emersa dall’osservazione delle vespe di fango che costruivano i loro nidi nel suo studio: le minuscole capsule di terra che costruivano sulle pareti e sul soffitto erano multicolore rosso e giallo ocra, grazie al fatto che gli insetti prendevano i pigmenti dalla sua collezione. Per questo motivo, Co-Lapses è una traduzione poetica delle strategie progettuali delle vespe per proteggere le uova che depongono. Qui, in linea con gli obiettivi di Pistoletto di sfruttare la ricerca interdisciplinare per inaugurare il Terzo Paradiso, entra in gioco l’interesse di Barnes per la biomimetica, ovvero la pratica di tradurre le strategie della natura nel mondo dei progetti umani per la risoluzione dei problemi e l’applicazione creativa dei sistemi e dei processi naturali alle soluzioni umane. Così Co-Lapses ci ricorda eloquentemente che l’interconnessione degli abitanti del nostro pianeta si estende al di là della percezione e dei confini umani e che il nostro mondo è co-creato attraverso relazioni umane-non umane e oltre-umane.

Gli highlights della residenza UNIDEE a Cittadellarte fra arte, ricerca e collaborazione
Per Barnes, le “implicazioni etiche ed estetiche della relazionalità tra gli esseri umani e il mondo” si basano su rapporti di uguaglianza, “piuttosto che sullo sfruttamento o sull’obbligo contrattuale”¹. Questo senso di uguaglianza si ritrova nel suo lavoro, che sia scultura o pittura, come si può vedere nelle due installazioni che ha creato durante la sua residenza a Cittadellarte, ovvero Tutto è Fatto di Tutto il Resto e Filo di Terra e Speranza. In entrambe le opere l’artista incorpora argilla locale e pigmenti industriali, come il rosa pompeiano, la terra rosa, la terra di Siena e l’ocra gialla, per esplorare l’interconnessione di tutte le cose, siano esse di origine umile o più illustre. Tutto è Fatto di Tutto il Resto è stato poi presentato all’Open Studio finale della residenza.

Con Tutto è Fatto di Tutto il Resto, l’artista realizza cerchi perfetti e strutturati con argilla e pigmento, disponendoli verticalmente sulla parete in una forma che riecheggia il simbolo di rinascita del Terzo Paradiso. Nel punto in cui il cerchio inferiore incontra il pavimento, l’artista colloca a terra piccole sfere realizzate nella semplice arte giapponese del dodorango (palla di fango), in un contorno lineare della forma del simbolo di rinascita di Pistoletto. Così, tre cerchi piatti e verticali incontrano il simbolo trinamico dell’infinito appoggiato sul pavimento. In particolare, di queste venti/trenta sfere di fango e pigmento (che in scala micro ricordano pianeti come Mercurio, Marte o Giove), circa dieci sono in vari stadi di disintegrazione. Per Barnes, l’installazione, umile ma bella ed elegante, “riflette la natura ciclica della creazione, della distruzione e del rinnovamento”. In Tutto è Fatto di Tutto il Resto, Barnes ha preso il simbolo dell’infinito in tre parti del tema della rinascita del Terzo Paradiso di Pistoletto e lo ha trasformato in una meditazione sull’uguaglianza, l’equilibrio, l’interezza, l’infinito e la decadenza. Del suo teorema della trinamica, Pistoletto ha detto che è “la dinamica del numero tre. È la combinazione di due unità che dà origine a una terza unità distinta e nuova“².

Per Barnes, questa installazione favorisce il dialogo sulla resilienza, la speranza, l’auto-responsabilità e l’interdipendenza di fronte al cambiamento climatico. “Esploro – così Barnes – la trasformazione psicologica e interna come riflesso dei cambiamenti ambientali esterni, con un lato del simbolo del Terzo Paradiso a tripla infinità che rappresenta il processo di creazione e il lato opposto che mostra il processo di distruzione. Il centro del simbolo rappresenta l’unione dell’interezza.
Successivamente, le tre forme circolari che creano il triplo infinito sulla parete sono tutte presenti come forme di interezza e manifestazione del Terzo Paradiso. L’opera riflette i cambiamenti geologici di lunga durata e i cambiamenti psicologici e gli stati emergenti dell’essere come un modo per trovare la speranza attraverso la comprensione dell’impermanenza e la riflessione sul contesto del tempo e del cambiamento”.


Karma Barnes e Francesco Saverio Teruzzi.

Filo di Terra e Speranza è stata creata in collaborazione con Francesco Saverio Teruzzi, coordinatore degli ambasciatori Rebirth/Terzo Paradiso, e comprende trentadue dipinti di piccole dimensioni ispirati alle conversazioni di Barnes con il vicino torrente Cervo, la neve e la terra. I dipinti di forma organica incorporano una tavolozza di pigmenti italiani di colori industriali e grafite. I dipinti sono appesi tramite filamenti invisibili ai simboli del Terzo Paradiso in ghisa di Pistoletto, lunghi tre metri (anch’essi sospesi, ma dal soffitto), che confermano l’interconnessione dell’umanità con l’ambiente in un linguaggio visivo di segni astratti, gesti, colori e texture. I dipinti, che fluttuano senza peso a circa due metri di altezza, possono essere visti come forme osservate da Barnes nelle osservazioni di disegno, come resti di cicli geologici lasciati nella terra, e impronte lasciate dall’acqua e dal suo movimento attivo, così come frammenti di pietra e roccia formati dagli agenti atmosferici e dall’erosione, tutti frammenti di un dialogo più ampio lasciati nel paesaggio.

Le loro forme riprendono gli spazi negativi della scultura aerea ed ellittica di Pistoletto; la loro vivacità contrasta con la solidità di ciò che li circonda, ovvero gli archi bianchi e mattonati del soffitto a volta dello spazio industriale ottocentesco di Cittadellarte. Per gli spettatori, muoversi sotto i dipinti appesi, sperimentandoli da vicino individualmente o a distanza come un insieme lirico e mutevole, offre un ruolo attivo all’interno della conversazione. “Il mio lavoro – ha concluso Barnes – incarna la forza tranquilla della resilienza e dell’ottimismo”, facendo riferimento all’idea dei ‘barlumi’, intesi come piccoli momenti di luce e di speranza che ci guidano nei momenti difficili. Le sue installazioni trasformano queste fugaci esperienze positive in potenti simboli di guarigione collettiva e di cura dell’ambiente. In prospettiva, Barnes continuerà a creare un ponte tra ricerca, installazione e pratica sociale. La sua arte servirà da richiamo all’azione. Inserendo i principi del Terzo Paradiso nel suo lavoro, cercherà di ispirare le comunità ad abbracciare la compassione, l’autoresponsabilità e l’interconnessione.

Carol Schwarzman³

¹ Yuriko Saito, Aesthetics of Care: Practice in Everyday Life (Londra: Bloomsbury Academic, 2022), 4.
² Michelangelo Pistoletto, http://terzoparadiso.org/en/teorema-della-trinamica.
³ Artista visiva e scrittrice d’arte con sede a Meanjin/Brisbane, in Australia.