L’emergenza c’è, è adesso. L’allarme cambiamento climatico non è una storiella per bambini o un problema secondario, come qualcuno sostiene. E l’ennesima prova che manifesta come il problema sia reale e urgente arriva da Venezia, che sta naufragando in un mare di disagi. Non è solo una metafora, purtroppo: codice rosso continuato per giorni, acqua alta che ha toccato picchi di 187 cm – il 13 novembre – simili a quelli registrati nell’alluvione del 1966. Ok, dopo tanta tempesta è prevista la quiete, con i valori che, oggi e nei prossimi giorni, saranno contenuti e supereranno di poco i 100 centimetri, secondo le analisi del Centro Previsioni e Segnalazioni Maree. E le scuole sono già riaperte. Ma la splendida notizia del possibile miglioramento non cancella quanto avvenuto, in riferimento ai due morti all’isola di Pellestrina, ai feriti e agli incredibili e inquantificabili disagi – il sindaco, per ora, parla di circa un miliardo di euro di danni – per una città intera e per le zone limitrofe. La vicenda, sotto i riflettori internazionali, ha portato molti a Venezia, in senso figurato e non: un turismo grottesco, per chi non ha voluto ‘perdersi’ la città in queste condizioni di emergenza; visite di istituzioni e realtà di tutta la penisola che hanno manifestato la propria vicinanza (reale o di facciata) alla città, come la delegazione della squadra di calcio della nazionale italiana; le mosse della politica locale, che, per esempio, ha dato lo stop ai mutui per un anno e fornirà un contributo – che andrà dai 400 ai 900 euro mensili in base ai componenti del nucleo familiare – a chi ha avuto la casa inagibile per la marea e troverà autonomamente una sistemazione abitativa.
Le visite di personalità poliche o di altri ambiti, secondo le parole degli attivisti dei Fridays for Future di Venezia/Mestre, sono state passerelle di circostanza. È in particolare il MO.S.E. (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico), inoltre, ad essere al centro della bufera: si tratta del un progetto/opera di ingegneria civile, ambientale e idraulica (o anche geoingegneria), tuttora in fase di realizzazione, finalizzato alla difesa di Venezia e della sua laguna dalle acque alte, attraverso la costruzione di schiere di paratoie mobili a scomparsa poste alle cosiddette bocche di porto di Lido, di Malamocco e di Chioggia, in grado di isolare temporaneamente la laguna di Venezia dal mare Adriatico durante gli eventi di alta marea. “Con 1,90 metri di acqua alta – sottolineano i giovani attivisti in una nota sulla loro pagina Facebook – il MO.S.E. sarebbe stato inutile in ogni caso, dato che la marea ha inondato Pellestrina e buona parte della ‘striscia di terra’ che separe mare e laguna. Attorno a questo progetto sono stati gettati al vento miliardi, tra corruzione e finanziamento ad un’opera criticata e bocciata da tutti coloro che corrotti non erano. I cittadini e le cittadine, in questi 50 anni, hanno sempre saputo da che parte stare: contro il MO.S.E., contro le grandi navi, contro ogni scavo in laguna utile a questi mostri. Come Fridays for Future siamo sempre stati al fianco di queste persone e di quei comitati e associazioni che hanno lottato per una città diversa, libera dalla morsa speculativa di chi l’ha sempre gestita solo come una miniera d’oro da cui ricavare più ricchezza possibile per pochi, sulla pelle di tante e tanti”.
Il gruppo dei Fridays fot Future non è il solo ad essere critico verso l’opera: “Il record dell’acqua alta a Venezia e l’eterna vicenda del MO.S.E. – si legge in una nota del WWF sul loro sito – dimostrano come non basti mai operare con la sola logica delle grandi opere pubbliche quando si devono affrontare fenomeni naturali esponenzialmente più frequenti e intensi per effetto dei cambiamenti climatici, quindi ampiamente prevedibili e previsti”. Quale futuro attende Venezia? Riuscirà la città a rialzarsi in tempi brevi? Di certo, al suo fianco, non mancheranno i ragazzi del Fridays For Future: “Ogni venerdì e non solo – scrivono i giovani attivisti nella loro nota – scendiamo in piazza contro i cambiamenti climatici, per la giustizia climatica. Da due giorni ci siamo messi a lavoro per portare solidarietà e mutuo aiuto a tutta la cittadinanza, ci siamo messi a disposizione per dare una mano nelle calli, nelle botteghe, nelle case, nelle scuole e nelle biblioteche. Abbiamo voluto ricreare un senso di comunità reale, che davanti alla tragedia non si affligge, ma si rialza e resiste (…) È fondamentale continuare a portare aiuto e solidarietà a chi ne ha bisogno, ma è altrettanto importante indicare i responsabili di questa crisi e chiedere provvedimenti seri e radicali per la salvaguardia della nostra città e del mondo intero. Rilanciamo momenti di discussione, mobilitazioni di solidarietà e aiuto diretto per i prossimi giorni”.