Burkina Faso, Ciad, Etiopia, Libia, Myanmar, Siria e Yemen: sono questi alcuni dei 22 stati* a rischio di insicurezza alimentare acuta. Non solo, si contano circa 43 milioni di persone vulnerabili in quest’ambito e dipendenti dall’agricoltura. A marzo la FAO ha lanciato l’allarme, riportando questi dati nel contesto dell’appello umanitario delle Nazioni unite per il 2020. Una notizia che desta stupore (eufemismo), se si considera che il secondo punto dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 verte proprio su questo settore, con lo scopo di porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile. A rendere più arduo e ai limiti dell’utopistico questa finalità, influiscono i conflitti e gli choc climatici che stanno gravando sulla sicurezza alimentare e sull’agricoltura di Paesi a rischio. A peggiorare ulteriormente una situazione già delicata, si è aggiunta la problematica delle locuste, con quantità considerevoli di sciami stanno attaccando le colture dell’Africa orientale; se anche il Covid-19 dovesse diffondersi nelle zone a rischio, le conseguenze sarebbe probabilmente drammatiche. E se si volge lo sguardo allo scorso anno, i dati sono impetuosi: secondo il rapporto 2020 Global humanitarian overwiew delle Nazioni unite (da cui sono emerse tutte le recenti criticità sul fronte alimentare), all’inizio del 2019 circa 821 milioni di persone erano denutrite, tra cui 113 milioni che soffrivano di fame acuta.
Asvis – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile – attraverso una nota sul proprio sito – ha riportato l’emergenza sottolineata dalla FAO spiegando come negli ultimi tre anni il numero di persone in condizione di insicurezza alimentare acuta sia stato costantemente superiore a 100 milioni. Un problema acutizzato dall’aumento dei prezzi di alimenti e carburanti, sempre a danno delle fasce di popolazione più fragili. In questa emergenza attuale “la protezione dei mezzi di sussistenza – ha specificato l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura – salva vite umane e contribuisce al rafforzamento della resilienza di fronte a shock futuri”. Come si può portare a termine questo processo? “Fornendo alle popolazioni contributi agricoli – ha argomentato la FAO – come semi, strumenti e fertilizzanti, garantendo alimenti per animali e cure veterinarie e distribuendo attrezzi da pesca, nonché assistenza in denaro che aiuti le persone a soddisfare i bisogni immediati mentre continuano a produrre cibo”. In quest’ottica, si stima che un operato di questa portata richieda un investimento totale di 900 milioni di dollari. “La maggior parte delle persone che si trovano ad affrontare un’insicurezza alimentare acuta a livello globale, a causa di conflitti, impatti dei cambiamenti climatici o vincoli economici – ha concluso il direttore generale della FAO, Qu Dongyu – si affida all’agricoltura per il proprio sostentamento. Dobbiamo fornire loro gli strumenti necessari per far fronte a queste sfide e riprendersi”.