L’obbiettivo 1 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite è dedicato a porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo. Nello specifico, rientrano negli ambiti di questo primo goal la fame e la malnutrizione, la discriminazione e l’esclusione sociale, l’accesso limitato all’istruzione e agli altri servizi di base. Tra questi ultimi non può non figurare la possibilità di vivere e dormire in un’abitazione, ma, a questo proposito, il raggiungimento dell’obiettivo appare distante: secondo il rapporto Fifth overview of Housing Exclusion in Europe, rilasciato lo scorso 27 luglio dalla Fondazione Abbé Pierre e l’European federation of organisations working with the people who are homeless (Federazione europea delle organizzazioni che lavorano con le persone senza dimora), a circa 700mila persone in Europa manca un alloggio dignitoso.
Lo studio, come approfondito in una nota dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, offre “una panoramica sulle condizioni delle persone senza dimora in Europa, identificando gli elementi chiave di una politica abitativa che estenda l’accesso agli alloggi a coloro che attualmente ne sono esclusi, in primis a causa degli alti costi delle abitazioni”. Il trend drammatico, inoltre, che si è aggravato sensibilmente negli ultimi dieci anni, con un 70% di homeless. Lo studio, che viene condotto ogni 12 mesi, quest’anno si è focalizzato sulle persone in esilio, particolarmente toccate da questa criticità soprattutto nei Paesi dell’Europa meridionale. Ma non è l’unica casistica al centro di questa emergenza: il rapporto rivela un’allarmante crescita dei senzatetto tra i minori, i giovani, la comunità Lgbtiq, le donne single, i richiedenti asilo e le persone sotto protezione internazionale.
Fifth overview of Housing Exclusion in Europe riporta anche le statistiche delle nazioni analizzate tra il 2008 e il 2018 (frutto di censimenti parcellizzati, quindi si tratta di stime), evidenziando come sia l’Irlanda il paese con un incremento di senzatetto maggiore, addirittura +211% di homeless. Aumenti considerevoli anche nei Paesi Bassi (+121% ), in Inghilterra (+72%) e Francia (+50%). In Italia, invece, la percentuale di persone senzatetto per più di due anni è aumentata dal 27,4 al 41,1%, ovvero circa 50mila persone attualmente prive di dimora. “I dati – sottolinea ASviS – che restituiscono una situazione drammatica sono molti: in Irlanda un senzatetto su tre in un alloggio temporaneo è un bambino; in Svezia tra il 1993 e il 2017 la quota di donne tra la popolazione senza fissa dimora è passata dal 17% al 38%; in Olanda il numero dei giovani senzatetto è passato da 4mila nel 2009 a 12.600 nel 2018; in Germania le famiglie con bambini rappresentano il 27,2% dei rifugiati senza fissa dimora; in Grecia il 51% dei 3.774 minori non accompagnati è senzatetto”.
L’emergenza, come sottolineato dallo studio, ha avuto dei risvolti controversi durante la pandemia: da una parte si stima che più del 90% delle persone che dormiva per strada nel Regno Unito hanno ottenuto un posto sicuro dove stare durante i picchi del virus (anche altri Paesi hanno reagito prontamente in quest’ottica), ma, d’altro canto, la ricerca rivela che “mobilitando meno del 3% delle sovvenzioni previste nel bilancio del piano di recupero post-Covid, l’Unione europea e gli Stati membri sarebbero in grado di alloggiare immediatamente tutti i senzatetto in Europa in condizioni dignitose per un anno intero“. Ora, con la pandemia in atto, non è chiaro come i governi affronteranno la situazione, anche se i Ministeri delle politiche abitative nei Paesi Bassi, in Galles e funzionari di Bruxelles, Lione, Parigi, Barcellona, Madrid e Londra hanno già annunciato “piani per trovare soluzioni – spiega ASviS – post-Covid a lungo termine a varie forme di esclusione legate all’edilizia abitativa”. Da sottolineare, infine, come Sarah Coupechoux e Chloé Serme-Morin, autrici del Rapporto, abbiano evidenziato che “la categoria dei senzatetto non è sistemica ma, al contrario, potrebbe essere sradicata se la volontà politica, i finanziamenti per progetti intersettoriali e le risorse umane fossero allineati sugli stessi obiettivi”.