Trentanove opere tra dipinti, fotografie, sculture e installazioni: è questa la proposta contenutistica di Vedo Rosso, nuova mostra della Collezione Giancarlo e Danna Olgiati che sarà visitabile a Lugano al Lungolago Riva Caccia 1. Il progetto espositivo, come si evince dal nome, indaga il tema del rosso nella sua varietà di significati e qualità espressive mettendo in dialogo lavori di trentacinque artisti e artiste di generazioni, nazionalità e culture differenti in un percorso immersivo proposto nel contesto del MASI – Museo d’arte della Svizzera italiana. Come riportato dagli organizzatori, il progetto espositivo pone in relazione una selezione di opere provenienti dalla Collezione Olgiati, principalmente dagli anni Sessanta a oggi, di cui molte presentate per la prima volta in questa occasione. “La Collezione Giancarlo e Danna Olgiati – si legge nella nosta stampa dedicata – ha scelto questo affascinante tema per proporre un confronto esemplare tra artisti e artiste fra loro distanti cronologicamente e stilisticamente, ponendo l’accento sulla molteplicità di interpretazioni del colore rosso. L’allestimento si configura dunque come un’originale indagine sulla valenza simbolica del rosso, articolata secondo associazioni visive e semantiche solo in parte fedeli alla cronologia e alle distinzioni storiografiche”. È proprio attraverso questa prospettiva inedita sui temi fondativi e sulle principali tendenze che compongono la Collezione che si possono cogliere nuove corrispondenze tra linguaggi solo apparentemente inconciliabili, dove il dialogo tra le avanguardie storiche del Novecento e la contemporaneità è elemento fondante.
La mostra si apre con una riflessione sul colore rosso in termini metafisici. I calchi in gesso dipinto di Claudio Parmiggiani, accostati a quadri di due protagonisti della Transavanguardia italiana, Mimmo Paladino e Francesco Clemente, accolgono il visitatore “coinvolgendolo in un’atmosfera di enigmatica sospensione – così gli organizzatori – ed evocando un arcano simbolismo che attinge a iconografie del passato, talvolta intessute di memorie personali”. Nell’orizzonte simbolico del rosso si coglie anche il rapporto rosso-velocità: l’esuberanza del rosso si accompagna all’iconografia dell’automobile in una varietà di opere che spaziano da un collage di carte colorate del 1929 del futurista Fortunato Depero, un omaggio allo scultore Jimmie Durham recentemente scomparso e un significativo esempio dei più recenti quadri specchianti di Michelangelo Pistoletto, come Scaffali-ricambi auto, 2015 (nella foto di copertina).
Segue un capitolo dedicato a uno tra i nuclei fondanti della Collezione Olgiati, il Nouveau Réalisme: i francesi Arman e Martial Raysse “esaltano il potere attrattivo del rosso – viene specificato nella nota stampa – per celebrare gli oggetti della quotidianità elevandoli a nuova materia artistica. E ancora l’uso del rosso contraddistingue le ricerche degli astrattisti italiani Ettore Colla e Piero Dorazio; se questi ultimi ricorrono alla riduzione del colore alla sua funzione espressiva più semplice, perentoria e incisiva, gli originali collages dell’americano Conrad Marca-Relli e le celebri impronte di pennello del ticinese Niele Toroni costituiscono ulteriori indagini sul colore rosso secondo personalissimi codici astratti”. Uno spazio autonomo è poi dedicato a un nucleo di tre opere dell’anglo-indiano Anish Kapoor, che trasporta nella dimensione esistenziale e filosofica del rosso attraverso l’immagine poetica del fiore.
Nella sezione successiva un monocromo rosso del 1956 di Yves Klein è emblematico della scelta di semplicità cromatica assoluta che contraddistingue l’intero percorso creativo dell’artista. Uno spazio immateriale, cosmico e spirituale viene evocato anche nelle superfici monocrome costellate di buchi di Lucio Fontana. Il suo Concetto spaziale (Teatrino), 1965, viene qui presentato in relazione ad altre due importanti opere del XX secolo, un autoritratto del 1969 di Gino De Dominicis e un igloo del 1988 di Mario Merz, in un dialogo ideale sul tema dell’immortalità dell’opera d’arte, nonché sulla dialettica tra individuo e universo.
“Segue un omaggio all’arte concettuale di Giulio Paolini – viene aggiunto nella nota -, presente in mostra con un iconico collage del 1969, dove la scelta del rosso è del tutto arbitraria e subordinata alla riflessione sullo spazio della rappresentazione. E ancora nelle opere di Tano Festa e Mario Schifano, protagonisti della scena artistica romana dei primi anni Sessanta, il rosso convive con la sperimentazione pittorica e l’indagine consapevole sul linguaggio dell’arte”. Di Schifano viene esposto nella sala successiva l’imponente paesaggio intitolato Palma, 1973, attivando una sorprendente corrispondenza con il cielo infuocato di rosso del dipinto Aurora boreale, 1938, di Luigi Russolo.
L’ultima sezione presenta opere della stretta contemporaneità, dove il rosso è associato a temi di attualità. Attraverso sculture ispirate al colore e alla forma delle gocce di sangue, l’italiana Chiara Dynys e la palestinese Mona Hatoum, pur con accezioni e modalità diverse, alludono metaforicamente a tematiche quali la fragilità umana, l’oppressione e la marginalità della condizione femminile, mentre gli americani Kelley Walker e Wade Guyton, protagonisti della scena New Pop, offrono uno sguardo altrettanto profondo sulla simbologia del rosso come rappresentazione ed evocazione della violenza sia essa fisica o psicologica. “Rosso – concludono gli organizzatori – è il colore della passione, la passione per l’arte che non è mai venuta meno ai collezionisti nell’intero arco della loro vita. Rosso è il colore che nelle sue varie espressioni e declinazioni è al centro del progetto espositivo che mette a confronto opere di diverse avanguardie storiche e contemporanee in un ritmo sempre più incalzante e suggestivo”.