La disabilità solitamente è considerata un limite invalicabile, che alimenta continuamente i pregiudizi riguardo i soggetti più deboli della nostra società. Spesso questi ragazzi sono esclusi da alcune attività, comprese quelle legate alla sfera lavorativa.
Eppure la rete Agricoltura Sociale Lombardia non è dello stesso parere e, da qualche tempo, propone attività e percorsi riabilitativi terapeutici attraverso il lavoro agricolo.
Nell’ultimo report che hanno pubblicato si parla di 1.967 persone con svantaggio che, grazie alla rete regionale, hanno trovato un’opportunità di riscatto. Tra questi, più di mille sono disabili coinvolti nelle attività agricole.
In quest’ottica nasce una fruttuosa collaborazione tra gli Orti Sociali di Voghera e il Centro Diurno Disabili (CDD). Dallo scorso ottobre, infatti, si è dato il via all’iniziativa dal titolo ‘Prendersi cura di qualcosa è bello’, che cerca di coinvolgere nel lavoro agricolo alcuni ragazzi della struttura, di età compresa tra i 30 e i 35 anni.
Elisa Castelli e Moreno Baggini, i referenti del progetto, sono orgogliosi di affermare che questa sinergia ha portato risultati positivi e che quei cinque ragazzi hanno maturato un’esperienza nuova e gratificante. “I benefici – spiega l’educatrice Elisa Castelli nel sito ‘Orti Sociali’ – sono riscontrabili a vari livelli. Dal punto di vista relazionale ci si confronta con gli altri e si impara a lavorare insieme rispettando i ritmi della natura. Il lavoro permette anche di acquisire autonomia e maggior responsabilizzazione in un contesto con ritmi tranquilli e adatti a questo tipo di disabilità. Inoltre, la metodologia iniziale, strutturata ad imitazione delle tecniche proposte dall’orto-terapista, favorisce l’acquisizione di competenze e stimola la memoria potenziando l’aspetto cognitivo e riducendo nettamente le stereotipie che spesso assorbono i nostri utenti. Il contatto con la natura, i suoi cambiamenti e ritmi, migliora la percezione di se stessi”.
L’iniziativa, perciò, è servita a concepire l’agricoltura come un’azione di riscatto sociale tramite l’inclusione di quegli individui che, solitamente, si sentono emarginati. Una volta a settimana, per due o tre ore al giorno, i ragazzi sono usciti dalle solite mura che li ospita e, in gruppo, hanno sperimentato un percorso di vita e crescita personale. Inoltre, hanno potuto scoprire cosa significa non essere i soli ad essere bisognosi di cure e attenzioni quotidiane, offrendo il loro aiuto alla società con il lavoro della terra.
Crediti immagini di copertina: Italia che Cambia