“Agrivello”, dal Friuli la startup che crea un “vello d’oro” etico e al servizio della natura
Nel 2021 a Udine è stato lanciato il progetto di Chiara Spigarelli che mira a convertire lana di pecora in fertilizzante da poter utilizzare in ambito agronomico. Si tratta di una startup che ruota attorno a quattro pilastri concreti che sono il benessere dell’animale, sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

E Berta filava…” cantava così Rino Gaetano nel ’76, invece oggi a filare è la startup Agrivello di Chiara Spigarelli. La startup, nata nel 2021 dalla ricerca scientifica, porta sul mercato un prodotto green, innovativo e soprattutto sostenibile: il pellet fertilizzante naturale composto al 100% di lana di scarto dalla tosatura degli ovini.

Chiara Spigarelli, classe 1990, vive e lavora ad Udine. È agronoma zootecnica, laureata in Nutrizione e Benessere Animale ed ha concluso un dottorato di ricerca sul tema degli allevamenti di montagna e della loro sostenibilità nel 2021. Il punto di partenza del suo progetto imprenditoriale è stato quello di fornire una soluzione al problema dello smaltimento della lana in modo che fosse sostenibile a 360°.

La tosatura è una pratica che presenta non poche difficoltà, alcune delle quali, negli ultimi anni, stanno “minacciando seriamente la filiera ovina ed in particolare quella di piccola scala” spiega Raffaella Ponzio, responsabile dei progetti biodiversità in una news di Slow Food.

Spigarelli evidenzia che i problemi della procedura sono molti. Per cominciare le pecore devono essere tosate, per il loro benessere almeno una volta l’anno, ma non c’è quasi più nessun allevatore che lo faccia direttamente. Lei stessa, ad un certo punto, ha deciso di imparare a tosare proprio per aiutare in primis gli allevatori, che altrimenti dovrebbero avvalersi di professionisti esterni (con un costo che si aggira tra i 2000 e i 4000 euro a capo), e anche per favorire il ritorno di questo mestiere antichissimo e necessario.

Qui in Italia, però, le razze ovine vengono allevate principalmente per due attitudini: la produzione di carne e di latte. Vi è anche una terza attitudine che è quella della produzione di lana per la filatura, ma nella nostra penisola abbiamo pochi allevamenti di ovini dal vello pregiato che possa essere impiegato nell’industria tessile.

L’oneroso problema che sopraggiunge è: che cosa fare dunque, con quella corposa porzione di lana che non viene trasformata in prodotti della fashion industry che deve essere per forza smaltita secondo il regolamento della CE¹ che inquadra la lana come SOA – Sottoprodotto di Origine Animale e rifiuto speciale?

La soluzione arriva proprio dalla startup Agrivello che produce fertilizzante da lana di scarto e che promuove concretamente il concetto di economia circolare garantendo il benessere dell’animale, sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

In termini di sostenibilità ambientale la trasformazione della lana in fertilizzante avviene ad impatto zero senza consumo di acqua (poiché la lana non viene lavata, ma così com’è tosata viene tritata, macerata e compressa) e senza produzione di scarti (da 1 kg di lana si ricava 1 kg di pellet); il prodotto di Agrivello è infatti lana pellettata. La caratteristica principale del pellet è quella di essere un fertilizzante azotato, quindi rilascia gradualmente azoto dando nutrimento alla pianta nelle sue varie fasi di crescita senza dover utilizzare alcun fertilizzante chimico. Non solo: la caratteristica igroscopica (capacità di assorbire acqua) della lana fa sì che il terreno riesca a mantenersi umido e quindi, a sua volta, evitare il consumo eccessivo di acqua che deriverebbe da una irrigazione continua del terreno.

Agrivello coinvolge nel processo di trasformazione allevatori e istituzioni locali, tecnici scientifici e anche soggetti con fragilità. “Non è un prodotto anonimo, da scaffale, ma è legato a un territorio, a una cultura. Dentro la scatola di pellet c’è il lavoro di tanti, perché da soli non si va da nessuna parte”. Ed è proprio questa la sostenibilità sociale motivo d’orgoglio per Chiara Spigarelli e tutti i suoi collaboratori.

In termini di sostenibilità economica Agrivello abbatte quindi il costo dello smaltimento della lana rispondendo ad una esigenza dei piccoli-medi allevatori e, inoltre, rappresenta uno stimolo volto a valorizzare una materia che altrimenti rimarrebbe solo uno scarto.

È facile evincere che l’auspicio della giovane imprenditrice Chiara Spigarelli possa essere che in tempi non lontani si diffondano tanti centri di raccolta e trasformazione della lana, proprio come quello da lei fondato nel capoluogo friulano. E magari, chissà, in futuro potrebbe nascerne proprio uno a Biella, città dalla storica tradizione ed identità laniera.


¹ Il regolamento è il n. 1774/2002 della Comunità Europea che inquadra la lana come S.O.A, cioè come una materia che porta rischi igienico-sanitari e che necessita di trattamento specifico per essere trasformata in prodotto tecnico e che quindi deve essere prima lavata qualunque uso se ne voglia fare. Uno dei centri specializzati è proprio a Biella.
Immagine di copertina: Chiara Spigarelli – imprenditrice e startupper creatrice di “Agrivello” – © agrivello.it