L’estinzione delle specie animali e vegetali è un fenomeno naturale che fa parte del processo evolutivo fin dalla nascita della vita sulla Terra: ognuna si evolve e si adatta all’ambiente in cui vive, per poi lasciare spazio a nuove forme di vita al momento di cambiamenti ambientali. Gli esperti stimano, infatti, che oltre il 99,9% delle specie viventi che hanno abitato la Terra oggi non esista più. L’estinzione naturale è dunque un fenomeno ricorrente, ma molto lento, che non ha niente a che vedere con l’accelerazione impressionante subita negli ultimi decenni sotto il peso delle attività umane insostenibili.
Il nuovo report 2021
Il 16 novembre WWF ha pubblicato il nuovo report Estinzioni: non mandiamo il pianeta in rosso in cui gli esperti segnalano che l’impatto dell’uomo ha velocizzato la scomparsa di specie animali e vegetali ad un ritmo 1.000 volte superiore al tasso naturale. Già per cinque volte – in 540 milioni di anni – la maggior parte degli esseri viventi è scomparsa dal pianeta: l’ultima volta 65 milioni di anni fa. Quella a cui stiamo assistendo oggi è ormai considerata unanimemente dagli scienziati la sesta estinzione di massa, a causa del tasso di estinzione così accelerato da provocare l’attuale vertiginoso declino della biodiversità. A partire dalla rivoluzione industriale, infatti, le attività umane hanno alterato l’ecosistema naturale distruggendo l’habitat di molte specie. A scontare il prezzo di questa crisi ambientale sono soprattutto le specie animali, infatti, tra il 1970 e il 2016, il 68% di quelle monitorate hanno subito un forte declino: “dal rinoceronte bianco settentrionale – si legge sul sito ufficiale del WWF -, dichiarato estinto nel 2018 con l’ultimo esemplare in cattività e ben prima quelli in natura per colpa dei bracconieri, alla tigre di Giava, scomparsa nel 1979 insieme alle foreste che la ospitavano“.
Crediti immagine: sito ufficiale di WWF
Le specie a rischio estinzione
Il cambiamento climatico colpisce quasi la metà dei mammiferi terrestri a rischio di estinzione e un quarto degli uccelli in pericolo potrebbero essere già essere stati influenzati negativamente dal cambiamento climatico. Esemplare è il caso dell’orso polare: “Il suo habitat è compromesso al punto – avverte il WWF – che se i trend di fusione delle calotte polari e la scomparsa di ambiente idoneo per spostarsi e procacciarsi il cibo proseguiranno come negli ultimi decenni, in soli 35 anni rischiamo di perdere fino al 30% della popolazione di orso polare“. Sono in pericolo anche gli impollinatori, i quali, sebbene siano fondamentali per la sopravvivenza delle piante selvatiche e delle colture agrarie, sono vittime dei pesticidi e altri veleni usati in agricoltura. “La mano dell’uomo – sottolinea la maggiore associazione ambientalista italiana – si spinge fino all’estremo, mettendo in atto veri e propri crimini di natura come il bracconaggio: vittima simbolo di questa piaga è la tigre cacciata per alimentare uno dei fenomeni più difficili da sradicare perché molto redditizio, il commercio illegale di animali o parti di essi”. Lo stesso pericolo viene corso dall’elefante, specie introdotta per la prima volta nelle categorie a rischio di estinzione elevato nel 2021. In tal modo, l‘associazione illustra la drammatica situazione faunistica globale, sottolineando come non si tratti di una crisi passeggera, ma una vera e propria estinzione di massa, provocata dall’uomo e dalle sue attività. Infatti, la sopravvivenza del nostro Pianeta dipende principalmente da una specie, la nostra, e da come riusciremo a ricostruire un rapporto di armonia con l’ambiente, utilizzando le risorse naturali senza distruggerle.