Sulle ali di un’iniziativa di Tancredi Pino, professore di Storia dell’Arte e del Design alla Scuola Cova di Milano ed ex-collaboratore di Fondazione Pistoletto per il progetto Biella Città Arcipelago, è nata l’opportunità di assistere a un viaggio alla scoperta della quotidianità di Michelangelo Pistoletto e di Cittadellarte, attraverso la voce di Allegra Loro, la collaboratrice personale del maestro. A giovarne sono stati gli allievi al terzo anno del corso di Interior Design e di Design del prodotto dell’Istituto Professionale di Fondazione Giovanni e Irene Cova ETS. L’obiettivo di questo incontro ha mantenuto la visione della missione formativa dell’istituto milanese di Corso Vercelli, che, come si evince dal sito, da 90 anni estende i propri percorsi educativi agli studenti fornendo esperienze pluridisciplinari e dirette con il mondo del lavoro.
“L’idea dell’incontro – ha raccontato il professore Pino ai nostri microfoni – nasce dall’interesse di comprendere come un artista del calibro di Michelangelo Pistoletto svolge il suo lavoro quotidiano e che cosa comporta essere un artista oggi, ma anche scoprire e comprendere l’attività professionale che affianca l’artista stesso nelle sue attività di tutti giorni. Questa lezione, tenuta da Allegra Loro, è stata un ponte per i ragazzi che ha portato l’esempio di una persona che, oltre che al mondo delle imprese creative, lavora proprio a fianco di un artista”.
Abbiamo ospitato ai nostri microfoni la collaboratrice del maestro, per sapere di più sull’esperienza vissuta nelle aule scolastiche con gli studenti.
Da dove un professionista delle industrie culturali e creative inizia a raccontare il suo lavoro?
Il primo aspetto che ho voluto far comprendere ai ragazzi è che essere un artista non significa intendersi esclusivamente di arte ma anche di molto altro e di conseguenza anche io, come collaboratrice, non arrivo da un percorso di studi artistico teorico o pratico. Ho provato insieme agli studenti a riflettere sul valore e sulle competenze che una figura come la mia dovrebbe avere per stare a fianco, e seguire giorno per giorno, la vita di un artista che vive e si occupa da ormai tanti anni della contemporaneità. Questo per stimolare l’immaginazione ma anche il senso pratico necessario a un professionista di questo settore.
L’immaginabile dinamismo della vita di un artista come Michelangelo Pistoletto si può pensare come un motore che aziona vari ingranaggi e che questi, tutti insieme, armonizzandosi, danno origine a innumerevoli progetti in diverse parti del mondo. Come si riflette questo ritmo nel tuo lavoro?
Uno dei progetti più recenti di cui mi sono occupata e di cui ho parlato ai ragazzi, proprio per approfondire questo aspetto in particolare, è stata la tournée per la promozione del nuovo libro di Michelangelo La formula della creazione. Per ogni tappa realizzata per promuovere questa nuova e importante pubblicazione, che ha visto coinvolta la maggior parte delle regioni d’Italia, abbiamo sempre voluto invitare e interpellare grandi esperti del sapere: da scienziati, filosofi, antropologi e fisici. Così come nella vita di Michelangelo, così come a Cittadellarte, questo grande complesso di ideazione e azione artistica coinvolge tutti i settori della società e questo avviene anche nel mio lavoro. Niente è mai fine a se stesso, ma tutto è dato dalla connessione continua tra molteplici ambiti e l’arte. Questo, in fondo, è il riflesso del grande sapere trasmesso da Michelangelo, che come dice sempre lui “io non creo niente da zero, ma metto insieme le cose che già esistono”.
Sappiamo bene che lui vive a Biella e quotidianamente lavora a Cittadellarte. Come vivi tu questa realtà e come l’hai descritta ai ragazzi?
Sì, io sono di Biella e tutti i giorni lavoro in questa piccola e grande “cittadella” in cui quotidianamente c’è un gran via vai di persone che arrivano da ogni parte del mondo. Agli studenti ho descritto Cittadellarte “semplicemente” attraverso quello che succede ogni giorno, quando la porta di casa di Michelangelo, che confina con quella degli uffici, si apre e tutto inizia. Posso dire che il motore a Cittadellarte è sempre “un’idea”. Una delle mie “chicche” preferite, che ho raccontato anche ai ragazzi, è quando Michelangelo arriva al mattino e mi riferisce “Stanotte ho sognato questo, cosa ne pensi? Condividilo per favore su internet”. Michelangelo condivide sempre, si circonda appositamente di esperti per poterli interpellare e confrontarsi con opinioni diverse, questo per arrivare poi insieme a un risultato. La base di partenza è sempre la quotidianità, la realtà e il lavoro di tutti i giorni che insieme, coinvolge tutte le altre persone lo vivono. Cittadellarte è una palestra per la mente e lavorare con Michelangelo significa essere chiamati in causa e interrogarsi. Questo, secondo me, è anche un riflesso della sua arte. Non necessariamente è immediato il significato psicologico e scientifico delle sue opere, ma queste sono accessibili a tutti, stimolano e conducono a riflettere.
Che riflessione hanno potuto elaborare i ragazzi e quali espressioni o reazioni sono emerse dal racconto della tua esperienza?
Il bello dell’incontro con gli studenti è quello di avere davanti la più totale trasparenza. Gli allievi di questi indirizzi, in particolare, sono persone creative e molto pratiche. La loro curiosità ha saputo trasportare il discorso dall’aspetto più quotidiano, legato al lavoro di ufficio, alle trasferte, fino ad approfondire le tecniche artistiche utilizzate nelle sue opere, come la serigrafia. Così ho potuto raccontare, e fare anche io un resoconto con me stessa, delle azioni che svolgo quotidianamente, dall’organizzazione generale per gli eventi, dalle cose più immediate alle più pratiche, come i preventivi, le riprese, la gestione delle collaborazioni fino a lavorare con il materiale da sviluppare dedicato alla comunicazione.
Come pensi possa aver influito sull’aspetto professionale, quanto sull’aspetto didattico, il tuo racconto ai ragazzi?
L’obiettivo era fare in modo che fossero stimolati, che mi o si facessero delle domande. Smuovere l’interesse di una singola persona, per me, è già un risultato. Come probabilmente non cambio la vita a nessuno, probabilmente ci può essere qualcuno che coglie un fatto, un particolare che accende un barlume di ispirazione o di speranza per il proprio futuro. Credo di aver fatto scoprire loro qualcosa di nuovo, al di fuori, forse, della portata quotidiana e allo stesso tempo di rassicurarli con uno tra i tanti esempi di vita professionale. Intendo dire che spero di avergli fatto comprendere, rispetto a quello che loro studiano, anche solo un’altra possibilità pratica di quello che il mondo lavoro può anche offrire. Io in prima persona non sapevo nemmeno che lavoro volessi fare “da grande”, tantomeno che esistesse il lavoro che ora svolgo. Con questo, l’unico consiglio che mi sono sentita di dare ai ragazzi è quello di mantenere sempre ampi i propri orizzonti e di accogliere con curiosità l’inaspettato, e questo è forse il messaggio di fondo, l’obiettivo, del racconto professionale nelle scuole.