Black Friday: quando a pagare il prezzo più caro è l’ambiente
L’ultimo venerdì di novembre, il Black Friday, rappresenta un’opportunità per approfittare dei prezzi al ribasso ed effettuare acquisti convenienti riuscendo quindi a risparmiare, ma non senza conseguenze. La sovrapproduzione e il trasporto su strada, infatti, costituiscono un problema per l'ambiente e, per far fronte a questa criticità, sono nati progetti e azioni in opposizione che mirano a informare i cittadini sull'insostenibilità di questa ricorrenza.

Vedere le strade delle città popolate di persone con shopper e sacchetti contenenti gli ultimi acquisti è un’immagine apparentemente positiva per quanto riguarda l’aspetto economico, soprattutto se si confronta con la situazione drammatica, dettata dalla pandemia, di qualche anno fa: ma, a che “prezzo”?

Nei giorni scorsi, precisamente venerdì 25 novembre, il Black Friday, il “venerdì nero” di sconti “folli” di tradizione statunitense, ha radunato ragazzi, famiglie e non solo in code infinite fuori dai negozi alla ricerca delle promozioni più vantaggiose, anche in vista dei regali da comprare in occasione del Natale. Questa “ricorrenza” commerciale e iper consumistica, tuttavia, rappresenta un enorme problema per il pianeta, come denunciato da Transport&Environment (T&E), la Federazione europea dei trasporti e dell’ambiente. Da una loro ricerca recentemente condotta, sulla base di dati storici forniti da Eurostat, si evince che, secondo le stime, nella settimana del Black Friday sarebbero state consumate 1,2 milioni di tonnellate di CO2, paragonabili a 3.500 voli andata e ritorno tra Parigi e New York, e lo studio riguarda solamente i camion che trasportano le merci tra i punti vendita, escludendo quindi le consegne domestiche. Una delle soluzioni, a detta di T&E, sarebbe quella di sostituire i mezzi di trasporto su strada con alternative elettriche più ecologiche.

Secondo un’indagine svolta da Fit Small Business sulle tendenze di consumo, i settori tra i più inquinanti in cui si compra maggiormente in quest’occasione sono quelli dell’elettronica e dell’abbigliamento. A quest’ultimo si collega la questione della sovrapproduzione: i brand di vestiti sono orientati a produrre eccessivamente in vista del “venerdì nero”. Il risultato? Molti abiti, spesso, finiscono direttamente in discarica, senza essere mai stati indossati. Diversi studi riportano, inoltre, la responsabilità ambientale dello shopping online e della logistica: gli acquisti effettuati su internet comportano non solo il trasporto dei prodotti su strada, con conseguenti emissioni da parte dei mezzi inquinanti, ma anche uno spreco di carta e plastica, materiali di cui sono composti gli imballaggi utilizzati per le spedizioni.

Negli ultimi anni, valori come la sostenibilità, la consapevolezza e l’attenzione al rispetto del pianeta sono diventati sempre più centrali nella nostra società. Per questa ragione, sono nate iniziative di boicottaggio nei confronti di questa giornata volta al consumo: alcune attività, ad esempio, hanno deciso di chiudere il proprio negozio o e-commerce in segno di protesta, oppure in Francia, da qualche anno, è nato un movimento chiamato Green Friday, in aperto contrasto con il Black Friday. Greenpeace, inoltre, ha reso noto lo slogan: “Se non ti serve, non comprarlo” per sensibilizzare i cittadini sul tema: per via della logica consumistica in cui siamo immersi, infatti, spesso acquistiamo impulsivamente prodotti di cui non abbiamo realmente bisogno ma che crediamo di necessitare anche a causa della comunicazione, che insiste sul vantaggio delle offerte e sul numero limitato di prodotti in sconto, per incoraggiare l’acquisto. In alcune città italiane come Torino, fuori dai negozi di fast fashion o all’interno delle tasche degli abiti, gli attivisti hanno attaccato adesivi o inserito cartelli con questa breve frase per informare e responsabilizzare i compratori, con l’obiettivo di promuovere la sostenibilità e rendere i cittadini più responsabili e attenti a ciò che consumano.


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