“‘Terzo Paradiso’ è una celebrazione dell’eredità di Michelangelo Pistoletto, radicata nell’innovazione e nella connessione umana. La mostra invita lo spettatore a partecipare attivamente all’evoluzione dell’arte e della società. Pistoletto crea una sorta di guida verso un futuro in cui creatività, collaborazione e consapevolezza si incontrano e ridefiniscono l’essenza stessa dell’arte”: è con queste parole che Graziela Martine, una tra i direttori delle arti visive dell’Artium Institute, definisce la mostra in programma nella sede dell’istituto di San Paolo del Brasile. L’esibizione, organizzata dalla collaborazione con Galleria Continua, omaggia la carriera di Michelangelo Pistoletto, esponente del movimento dell’Arte Povera, che ha dedicato gli ultimi anni della sua pratica artistica al Terzo Paradiso, una rivisitazione del simbolo matematico dell’infinito che si apre al centro formando due poli opposti che si equilibrano proprio grazie al cerchio di mezzo. Il simbolo trinamico è presente nel palazzo storico che ospita la mostra: si è vestito di nastri tradizionali in un’installazione che lo integra alla cultura brasiliana, in particolare al culto religioso del Senhor do Bonfim. Si tratta di una festa tradizionale legata al culto religioso introdotta in Brasile nel Diciottesimo secolo e oggi famosa per i suoi nastri, simbolo della festività, ovvero degli “amuleti” annodati (di solito tre volte) intorno al polso, a simbolizzare il numero di desideri espressi in silenzio: quando il bracciale si spezza, il desiderio va considerato esaudito. Questi “nastri dei desideri” compongono un segno-simbolo di Michelangelo Pistoletto colorato e dinamico, sospeso in aria ad arricchire la sala dell’esposizione.
La mostra raccoglie anche opere comprese nel ciclo Color and Light, una serie nata nel 2014 che approfondisce temi che abbracciano l’intero corpus dell’artista, spaziando dalla sua formazione ai primi lavori pittorici, fino a raggiungere l’approccio concettuale sviluppato lungo la sua carriera artistica. La scelta dei materiali assume un ruolo cruciale per veicolare il messaggio di Michelangelo Pistoletto: la juta, un tessuto modesto e umile, rimanda ai principi dell’Arte Povera; la tela grezza, usata nei dipinti antichi, e la cornice dorata rievocano il principio della sua carriera, momento in cui Pistoletto lavorava con il padre restauratore e imparava a conoscere la storia dell’arte, le tecniche utilizzate nei dipinti antichi e il loro restauro. Il disegno iniziale dell’opera è svincolato dalle convenzioni sociali e riporta la purezza e la spontaneità dei primi disegni infantili: “Rappresenta – come si legge nel comunicato stampa della mostra – un gesto immediato che cattura l’essenza della risposta istintiva dell’artista al mondo che lo circonda. L’opera – viene specificato – diventa quindi un portale verso i ricordi dell’infanzia, evocando la semplicità e la meraviglia di quegli anni formativi”. Nella serie Color and Light ritorna il concetto di infinito che si ritrova nell’opera Metro Cubo, che esemplifica la fascinazione dell’artista per gli specchi come contenitori di infinito: questa idea è applicata a un singolo frammento di specchio.
“L’opera si presenta come una mappa visiva; una linea divide lo specchio e la tela disegnando una sorta di confine. Attraverso l’inclusione dello spettatore e dell’ambiente circostante, lo specchio diventa così una porta per andare oltre, quindi per vedere oltre la tela”. Il frammento di specchio offre la doppia prospettiva tipica dei Quadri specchianti, nei quali lo spettatore è testimone di un’interazione tra l’immobilità materiale della tela e il continuo mutare dell’immagine generata dalla superficie specchiante: la prospettiva, dunque, si estende sia davanti allo spettatore sia dietro, in una peculiare dimensione spazio-temporale. “Una porta che connette arte e vita” è data proprio dalla frammentazione dello specchio, che crea una visione contemporanea della natura virtuale delle immagini riflesse e della corporeità della materia.
Secondo Pistoletto, “è un’opera di specchi rotti, ma eseguiti in modo ordinato. I contorni prodotti dalla rottura dello specchio stesso sono inclusi nello specchio, e questi contorni formano un puzzle. Il grande specchio viene rotto e ogni pezzo assume la propria individualità. La figura universale dello specchio si divide e si moltiplica con la rottura e il taglio, diventando una quantità innumerevole di figure singole. Ogni frammento dello specchio può essere considerato come una persona che fa parte di uno specchio più grande, cioè la società. La società è come un grande specchio”.
Lo specchio ritorna in un’ulteriore installazione proposta nell’ambito della mostra Terzo Paradiso: si tratta di Metamorfosi (1976), costituita da specchi e stracci. L’opera contrappone due gruppi di stracci, uno monocromo e uno policromo, divisi da una superficie specchiante. Vengono così combinati i due strumenti visivi di Michelangelo Pistoletto, protagonisti di una serie di confronti contestuali.