Le tre “Lezioni d’artista” al Museo del Louvre di Parigi: Michelangelo Pistoletto professore d’eccezione
Il maestro è stato ospitato dal celebre museo di Parigi in occasione del ciclo di conferenze dedicate alla sua visione da artista relativa alla storia del museo stesso. Il rapporto tra Michelangelo Pistoletto e il Louvre è decennale e ha permesso la realizzazione del format di divulgazione che ha toccato più aspetti chiave della filosofia artistica del maestro, dai Quadri specchianti all’arcipelago, dall’impronta della mano sulla caverna fino al Rebirth Day. "Il Louvre – ha affermato il fondatore di Cittadellarte – può diventare il mito del futuro". Scopriamo i dettagli delle tre conferenze.

Dal 27 aprile all’11 maggio il Museo del Louvre, in partnership con Libération e Beaux Arts Magazine, ha ospitato per tre giovedì consecutivi il ciclo di conferenze Leçon d’artiste, rassegna nata perché un esponente dell’arte contemporanea racconti la propria visione del museo parigino, evidenziandone le relazioni con la propria opera artistica. Per l’edizione appena conclusa, il Louvre ha scelto Michelangelo Pistoletto, ospite d’onore nel 2013 in occasione della mostra Année 1 – Le Paradis sur Terre, momento in cui ha creato un’opera raffigurante il Terzo Paradiso collocata sulla Piramide. Il maestro è figura di spicco anche per il Louvre Abu Dhabi, dove, nella stagione 2022-2023, è esposta una serie di Quadri specchianti ispirati al Louvre, alle sue opere e ai suoi visitatori.
Pistoletto è tornato a casa – ha esordito Laurence des Cars, Presidente e Direttrice del Museo del Louvre, in occasione della prima Leçon d’artiste –: leggerà il Louvre a partire dal suo percorso di artista, pensatore, teorico dell’arte e compagno di viaggio verso Parigi e Abu Dhabi, in un rapporto di amicizia e di scambio fedele e ambizioso”. Ripercorriamo dunque gli incontri che si sono susseguiti presso l’Auditorium Michel Laclotte il 27 aprile, il 4 maggio e l’11 maggio e che hanno toccato aspetti fondamentali del percorso artistico e di vita di Michelangelo Pistoletto, dai Quadri specchianti al concetto di arcipelago, fino all’istituzione di Cittadellarte.

27 aprile. Prima conferenza: Le musée-miroir

In questa lezione – ha dichiarato Laurence des Cars introducendo l’artista –, Pistoletto proporrà un’analogia tra il museo e i suoi ‘Quadri specchianti’, tracciando così il proprio cammino al Louvre”. La stretta collaborazione tra Michelangelo Pistoletto e il Louvre, definita dall’artista stesso “un’avventura collettiva”, è al centro del primo intervento dell’artista, insieme ai Quadri specchianti, che aiutano il pubblico a ripercorrere questo legame e la carriera dell’artista.

Parte I: “I tre fondi: oro, argento, nero (1960-1961)
Agli esordi del mio percorso ho riflettuto sul ruolo di artista – ha sostenuto Michelangelo Pistoletto –: all’epoca vigeva la sua indipendenza totale e la sua individualità era sovrana. In quel momento ho compreso che l’arte aveva perso la relazione con il mondo, poiché l’artista era isolato”, ha spiegato il maestro. Così, da questi spunti di riflessione, Pistoletto all’epoca iniziò a domandarsi chi fosse, perché esistesse, quale fosse la ragione per cui si trovava su questo pianeta: “Mi sono sentito ignorante, ho compreso di non sapere chi fossi”, ha spiegato l’artista. Proprio a causa di questa “ignoranza”, Michelangelo Pistoletto si pose davanti a se stesso: “Non posso negare di esistere perché mi vedo nello specchio”. Lo specchio è l’elemento che ha permesso, nel corso della storia dell’arte, la creazione di numerosi autoritratti: in questo frangente della sua vita, anche Pistoletto si dedicò alla ricerca di sé e ne sono testimoni le prime opere oggetto dell’intervento al Louvre. “Negli anni Sessanta – così il maestro – ho cominciato a lavorare sull’autoritratto per liberare la mia identità dall’isolamento”: vennero quindi creati Autoritratto oro e Autoritratto argento (1960), nei quali è ancora evidente la volontà di ricerca di Pistoletto, speranzoso di trovare il suo essere nel processo. Solo con la serie Il presente (1961), che include opere a sfondo nero ricoperto di vernice molto brillante, quindi riflettente, l’artista avviò un ulteriore ragionamento: “Mi aspettavo una riflessione della luce, non della realtà stessa”, ha dichiarato. Il passo successivo fu trasformare lo sfondo nero brillante in uno sfondo di acciaio, dando luce al Quadro specchiante.

Parte II: “Il Quadro specchiante; Spazio-tempo; Il presente che passa e la foto che resta; La verità” (1962)
La figura che imprimo sullo specchio – ha illustrato Michelangelo Pistoletto – è una fotografia”, scelta per donare oggettività all’opera: grazie a Uomo grigio di schiena (1961) proiettato alle sue spalle, l’artista ha spiegato che la fotografia veniva copiata su carta velina, perché la pellicola fotografica era troppo spessa e faceva contrasto con lo sfondo riflettente.
L’elemento fisso del Quadro specchiante non è solo, ma vive in un rapporto con la realtà – ha precisato Pistoletto –: entra quindi in gioco la quarta dimensione, quella dello spazio-tempo, che non era presente nella pittura o nella scultura”. Lo specchio, quindi, secondo le parole dell’artista, mostra la “verità sulle cose”, si appropria dell’esistente e non è espressione individuale dell’artista, bensì opera fenomenologica a tutto tondo.

Parte III: “Il Quadro specchiante come museo”
Lo specchio attraverso l’arte non è quindi un oggetto qualunque – ha puntualizzato Michelangelo Pistoletto –: l’immagine fissa è una memoria che resta nel tempo e partecipa al tempo che scorre”. La fotografia dei Quadri specchianti rappresenta dunque una memoria di un momento del passato che esiste nel presente e che continuerà ad esistere nel futuro: “Il Louvre – ha aperto il paragone l’artista – è colmo di opere e oggetti ‘fissati’, che costituiscono una memoria, così come lo fa la fotografia sugli specchi”. Anche Michelangelo Pistoletto ha “fermato” dei frangenti storici e sociali in alcuni Quadri specchianti, quali Vietnam (1965) e No all’aumento del tram (1965), proiettati durante la conferenza. “Le persone di questi quadri sono entrate nel museo: la storia, dunque, resta. Nello specchio, però, esiste il nostro presente”.

Parte IV: “Il Quadro specchiante al museo del Louvre”
L’ultima parte della prima conferenza è stata dedicata alle opere specchianti di Michelangelo Pistoletto esposte al Museo del Louvre di Parigi e al Louvre Abu Dhabi, che uniscono in una relazione passato e presente, Quadro specchiante e spettatore. “La fusione tra il mio lavoro e quello del Louvre è formidabile – ha rimarcato Pistoletto –: il passato si rivede nel futuro facendo in modo che lo spettatore sia protagonista dell’arte”.
I Quadri specchianti, quindi, secondo l’artista trasformano qualcosa di statico e storico, attualizzandolo nel tempo grazie alla presenza dell’essere umano, “protagonista dell’arte e della vita”, come accade per le opere al Louvre Abu Dhabi, che raffigurano angoli del Louvre di Parigi, le sue sculture e gli spettatori, unendosi così al presente dell’emirato.

4 maggio. Seconda conferenza: Une histoire de l’art par Michelangelo Pistoletto

La seconda lezione di Michelangelo Pistoletto è stata presentata da Donatien Grau, consigliere della presidenza del Louvre per i programmi contemporanei. “Il Louvre – ha esordito – è stata una residenza per artisti ancor prima di diventare museo. È perciò importante dare la parola agli artisti per definire il Louvre a partire dalla loro prospettiva e dal loro percorso”. Dopo aver nuovamente rimarcato il legame profondo di Pistoletto con il museo, ha lasciato la parola al maestro, accolto da applausi entusiasmati.

Parte I: La scoperta della storia dell’arte
L’atelier del padre
Ettore Olivero Pistoletto, il padre del maestro, era artista e restauratore. Alle spalle di Michelangelo Pistoletto è stata proiettata la fotografia che lo ritrae in braccio alla madre; sullo sfondo, l’autoritratto del genitore. “Mio padre – ha raccontato Pistoletto – a otto anni aveva perso l’udito, privilegiando così l’occhio, come ho poi fatto io”. Pittore realista, Ettore accompagnò innumerevoli volte il figlio alla Galleria Sabauda di Torino, pinacoteca oggi ospitata nella Manica Nuova di Palazzo Reale.

La Galleria Sabauda
Qui – ha raccontato Pistoletto – ho visto i primi fondi dorati: sono restati impressi nella mia memoria. Vivevo con molto piacere le visite insieme a mio padre alla Galleria Sabauda. La mia – ha rimarcato – è stata una vita vissuta nell’arte”.

L’Enciclopedia Treccani
Essendo il padre di Pistoletto restauratore, Michelangelo ha avuto l’opportunità di “toccare direttamente con le mani la materia artistica del passato”, aiutandosi nella comprensione delle opere grazie all’Enciclopedia Treccani: “Grazie a questa enciclopedia ho scoperto la storia dell’arte”.

La pubblicità e la scoperta dell’arte moderna
Mio padre non amava l’arte moderna, pensava fosse la distruzione della pittura, mentre mia madre era convinta che la pubblicità potesse rappresentare il futuro per i pittori”: così, Pistoletto si iscrisse alla scuola di pubblicità di Armando Testa, il quale rimarcò subito agli allievi l’importanza dell’arte moderna. “Con la pubblicità – ha proseguito – sono entrato in contatto con l’arte moderna: ho iniziato a studiare e a frequentare gallerie, a fare tutto ciò che potesse darmi una visione di questo stile”. L’artista ha ricordato l’esperienza di incontro con un’opera di Lucio Fontana: “Tutti dicevano fosse una follia, ma io ho pensato che, se lo aveva fatto, doveva necessariamente avere una ragione. Io dovevo trovare la mia ragione”.
Ho quindi iniziato a sentirmi libero di trovare il mio motivo, la mia identità nella mia esistenza, ponendomi la domanda: ‘Qual è l’unica possibilità che ho per riconoscermi?’”. È ritornato quindi in questo frangente il concetto di autoritratto, insegnato a Pistoletto dal padre, che l’artista realizza con fondi oro, argento, brillanti: “Mi hanno permesso di portare lo specchio nell’opera, senza lasciarlo accanto all’opera come ausilio per l’autoritratto”.

Parte II: La mano, l’identificazione e il disegno degli animali e degli strumenti. Virtuale e reale
Dopo il mio primo Quadro specchiante – ha rimarcato Michelangelo Pistoletto – ho visto l’esistenza di tutto. Una realtà vicina a me che però si estendeva nello spazio e nel tempo”.
Grazie a questa riflessione, l’artista ha iniziato a pensare all’inizio della storia: “Ho visto che una mano umana era stata fissata sulla parete di una caverna. Questa è stata la prima opera d’arte”. La mano fisica e la mano “virtuale”, quindi, erano lì nello stesso momento e, nonostante la persona sia morta dopo qualche tempo, la mano è rimasta: “Tra la mano fisica e la mano virtuale si aprono le porte dell’ignoto, dove tutto è possibile”.
Non c’è solo una mano – ha sottolineato il maestro –, ma una serie di mani che insieme crearono un’identità sociale”.

Parte III: l’oro e l’icona. Tra il fondo oro egizio e la prospettiva del Rinascimento
L’immortalità è legata all’oro, sin dall’antico Egitto: “Non è più solo la mano – ha spiegato Pistoletto – ma tutta la persona a essere rivitalizzata dall’oro. La persona sopravvive attraverso la sua immagine e attraverso questo prezioso materiale”. Gli antichi egizi, come ha illustrato l’artista, avevano una concezione scientifica della materia e avevano compreso il valore concettuale e materiale dell’oro: “L’ignoto, con l’oro, è divenuto brillante e incorruttibile, ha sorpassato la durata stessa della vita. Ho così dato un senso al fondo oro che vedevo da bambino alla Galleria Sabauda”.

Parte IV: la prospettiva
Dopo un cenno alla storia dell’oro, la lezione di Michelangelo Pistoletto accompagna lo spettatore al XV secolo, momento storico ricco di studi e disegni sulla prospettiva. “Sono stato a Urbino a diciott’anni e sono stato folgorato dalla ‘Flagellazione di Cristo’ di Piero della Francesca: quest’opera – ha illustrato il maestro – si poteva considerare matematicamente come il processo che apriva la scienza del futuro, poiché la vista dell’artista era come una macchina fotografica”.

L’artista ha perciò fatto un raccordo tra fondo oro e prospettiva, fino a giungere al Quadro specchiante: “Partendo dal fondo oro, ho poi utilizzato un materiale con lo stesso grado di inossidabilità”, ovvero lo specchio. Quest’ultimo dimostra che non si tratta più di guardare avanti, ma anche guardare alle proprie spalle: “Lo spettatore è al centro della prospettiva che, a differenza del rinascimento, non è più davanti a lui, ma si sposta, divenendo circolare”.

Parte V: passato e presente. Le opere esposte al Louvre e il pubblico
Alle spalle di Pistoletto viene proiettata Ragazza che fotografa (2007): “La giovane donna – così l’artista – sembra cercare di fare una foto alle opere esposte al Louvre. Le persone intorno a lei iniziano a fare lo stesso, scattando una fotografia al Quadro specchiante e alle opere della sala del museo, riflesse in esso”. Nasce in questo modo una fusione del virtuale e del reale: “La virtualità ha fissato la donna sulla superficie del quadro, che, a sua volta, riflette la realtà”.
Il visitatore – ha concluso – cerca di essere parte dell’opera. Noi, infatti, nei musei cerchiamo la nostra identità personale e sociale attraverso le opere del passato. La società diventa l’oggetto vivente del Louvre e il Louvre è il tempio della nostra identità”.

11 maggio. Terza conferenza: L’archipel-musée

Donatien Grau ha introdotto l’ultima lezione d’artista, definendo questa “un nuovo momento profondo, denso e libero offerto da Michelangelo Pistoletto”. Dopo aver rimarcato il profondo legame di Pistoletto con il Louvre di Parigi e di Abu Dhabi, ha anticipato il fulcro della conferenza, ovvero la nozione di arcipelago e, di conseguenza, della città arcipelago. “Stasera – ha affermato prima di lasciare la parola al maestro – conosceremo Pistoletto come teorico, dopo averlo conosciuto come fedele amico del Louvre e come storico nelle scorse due lezioni”.

Parte I: La formula della creazione

Nel Quadro specchiante – ha esordito Michelangelo Pistoletto – ho trovato l’infinito, poiché davanti a esso ci si vede riflessi, ma dietro di sé esistono il tempo e lo spazio infiniti”. Per questo, a rappresentare la serie di opere specchianti del maestro è il simbolo dell’infinito: “Il punto d’incrocio è l’infinito, come nel Quadro specchiante lo è il presente, l’istante che non si ripeterà mai più”. Dall’infinito il maestro si è chiesto se potesse nascere il finito: “Ho scisso il punto centrale, incrociando due volte la linea che, incontrandosi in due punti, ha dato luce al cerchio centrale. I due cerchi esterni – ha proseguito – sono i primi due elementi che si sono incontrati per creare l’universo, ovvero spazio-tempo e massa-energia; questi elementi hanno suscitato una reazione, creando il big bang. I due elementi opposti hanno creato qualcosa che non esisteva prima”. Il maestro ha spiegato che gli elementi ai lati sono sempre opposti e creano sempre qualcosa, sostenendo la tesi con l’esempio di idrogeno e ossigeno che creano l’acqua, oppure del polo positivo e polo negativo che creano energia elettrica: “Tutto si combina in questa maniera, facendo modo che l’universo diventi sempre più grande ed esteso”. La teoria di Michelangelo Pistoletto ha ricevuto un riscontro da parte degli scienziati, che hanno confermato la correttezza della “formula della creazione”.
A partire da questo concetto ho concretizzato questa formula e ho creato il Terzo Paradiso: la formula diventa così praticabile”. Il primo paradiso, ha spiegato Pistoletto al pubblico, è quello che esisteva agli albori dell’umanità, quando quest’ultima era totalmente integrata nella natura; il secondo paradiso è quello artificiale, creato dagli esseri umani. Natura e artificio, però sono in conflitto: “L’artificio sta annientando la natura, è necessario trovare un equilibrio”.
La visione appena presentata è stata definita dall’artista mitica, ma non riflette il mito verso il passato, bensì il mito del futuro: “Siamo noi a doverlo cercare”, ha sottolineato Michelangelo Pistoletto.
Il Terzo Paradiso è stato posto sulla Piramide del Louvre nel 2013, in occasione dell’esposizione dell’artista. Orgoglioso, alle sue spalle ha mostrato gli scatti: “Il mito del Terzo Paradiso è diventato simbolo del Louvre”.

Parte II: l’arcipelago
L’arcipelago – ha raccontato Michelangelo Pistoletto – è nato a Biella, dove ho creato Cittadellarte”. La provincia piemontese nel 2019 è entrata a far parte del network delle Città Creative Unesco: l’artista ha messo a disposizione il Terzo Paradiso a simboleggiare questo traguardo. “Biella, con il mio simbolo, propone la creatività del futuro”.
L’artista, insieme al direttore di Cittadellarte Paolo Naldini, ha concepito un progetto concreto in cui inserire la città, dando luce a Biella Città Arcipelago Demopratico: “In un arcipelago ci sono isole nel mare. A Biella al posto del blu del mare c’è il verde della natura, e i comuni del territorio diventano le isole. Cittadellarte – ha precisato – si occupa di gestire con l’amministrazione ufficiale questo arcipelago”. La particolarità di Biella Città Arcipelago è di lavorare attraverso un metodo demopratico, che concretizza il Terzo Paradiso: “I diversi enti si incontrano per trovare soluzioni ai problemi che contraddistinguono il territorio, come elettricità, trasporti, scuola, alimentazione. L’arcipelago viene utilizzato per creare una nuova città che crei equilibrio tra natura e artificio. Attraverso la combinazione e il contatto di proposte si arriva a un sistema politico ed economico speciale, che può essere riprodotto altrove”.

 

Parte III: il Museo del Louvre come arcipelago: qual è il mare del Louvre?
Michelangelo Pistoletto ha risposto alla domanda posta dal sottotitolo con un riferimento alla storia: “Il mare del Louvre è la storia. Guardando al passato, si può ricombinare la storia e fare qualcosa di nuovo che prima non esisteva, con un atto di creazione – ha specificato – che tocca religione, economia, politica”. Il Louvre è un luogo, secondo il maestro, in cui questo cambiamento accade, anche grazie alla forte connessione che il museo ha costruito con gli spazi naturali del Giardino delle Tuileries, dove sono state organizzate azioni durante le esposizioni del maestro: “Le persone hanno così vissuto l’arte fuori dalla struttura fisica del museo, immergendosi nella natura”.

Parte IV: la venerazione
La Venere degli stracci – ha dichiarato Michelangelo Pistoletto – è diventata sempre più una sorta di ‘venerazione’, il cui etimo è lo stesso”. Si è così ricollegato anche alla religione, definita dal maestro la “necessità di avere una relazione con qualcosa che dona un pensiero comune e che unisce tutti”. Tuttavia, le religioni talvolta non uniscono; secondo l’artista, piuttosto, relegano. Diventa quindi necessario “trovare un sistema che possa mettere gli elementi di differenza delle religioni in condizioni di creare un rapporto nuovo tra ciò che è diverso”, ha sottolineato Pistoletto, ricordando in questo frangente l’opera Love difference (2003). “Il tavolo specchiante rappresenta il Mediterraneo: è stato chiesto a ogni Paese affacciato su questo mare di inviare una sedia, successivamente posta intorno al tavolo a significare un rapporto di incontro, di connessione. Il tavolo è ancora utilizzato”. L’esempio eloquente dimostra quindi quanto l’arte possa creare realtà pratiche nella società odierna.

La Venere – ha proseguito il maestro – è diventata un’icona dei nostri tempi: nuda, originaria del passato, rappresenta il concetto di bellezza, che sostiene una massa di stracci, i quali rappresentano la sporcizia, la fine dell’utilizzo, il pattume”. L’artista ha rimarcato il fatto che gli spettatori percepiscono subito la dualità insita nell’opera: la persistenza della memoria, ovvero la Venere, e il cambiamento, all’opposto, raffigurato dalla massa di stracci. “La dualità – ha considerato – istantaneamente produce una terza situazione. I due estremi, insieme, funzionano: la Venere può cambiare il valore degli stracci, che diventano bellezza”.
Il valore profetico dell’opera non è passato inosservato: “Quando ho creato la Venere degli stracci nel 1967 non pensavo avrebbe descritto la realtà odierna. Oggigiorno gli stracci ricoprono le spiagge, i vestiti usati distruggono la natura: ci troviamo in un momento drammatico in cui dobbiamo impegnarci perché natura e artificio trovino un equilibrio”, ha affermato Michelangelo Pistoletto.
La Venere – ha spiegato il maestro –, a differenza delle altre sculture del Louvre che hanno una base e sono rialzate, ha i piedi a terra e si abbassa all’altezza degli stracci per abbracciarli”.

La terza lezione d’artista si è conclusa con il Terzo Paradiso umano, creato nel 2012 in occasione del Rebirth Day: “Si pensava – ha illustrato l’artista – che il 21 dicembre del 2012 sarebbe finito il mondo secondo il calendario Maya. A Cittadellarte abbiamo deciso di rendere quella giornata il ‘giorno della rinascita’”. Da quel momento, sono nate le ambasciate del Terzo Paradiso, oggi più di 200.
Il mito – ha concluso Michelangelo Pistoletto – può sempre essere trasformato. Il Louvre può diventare il mito del futuro”.


Per visionare le tre Lezioni d’artista sul canale ufficiale YouTube del Museo del Louvre, cliccare qui.