Cin cin! Chi non ha mai fatto uso di questa evocativa onomatopea per annunciare un brindisi? L’atto di alzare il bicchiere e bere alla salute di qualcuno, in segno di felicitazione o di augurio, continua a essere un gesto ricorrente nella cultura – non solo popolare – di ogni età. Che sia, ad esempio, una cena nella sfera familiare o lavorativa, è un frangente simbolico che dona una quasi ossimorica autorevolezza informale al momento. Volgendo lo sguardo a Cittadellarte, non si trova solo un contesto in cui nascono e si sviluppano idee e progetti per connettere l’arte a ogni ambito del tessuto sociale, ma anche una caffetteria che da anni ospita pranzi, cene e pause caffè che assumono, a seconda della circostanza, forme convivali. Ed è proprio dopo un brindisi, con un calice di vino in mano, che i legami possono diventare più profondi, trasformarsi da professionali a personali, dando nuova linfa alle relazioni. Nella caffetteria Al Bistrot le Arti della Fondazione Pistoletto è il vino di Marcello Zaccagnini che da anni è sfondo attivo di dialoghi e confronti multi-tematici e intergenerazionali. Così, nell’ottica di porre sotto i riflettori questa eccellenza, vi proponiamo l’intervista al titolare di questa realtà, la Cantina Zaccagnini.
L’azienda nasce nel 1978 con il nome ‘Fattoria Zaccagnini’ in un locale al centro del paese natio di Marcello Zaccagnini e si limita per i primi anni di attività a produrre alcune migliaia di bottiglie. Sempre a Bolognano, località sulle colline del pescarese, in Abruzzo, indicata come ‘regione verde d’Europa’, Zaccagnini coltiva la vite e produce vini di pregio da oltre 40 anni. Per lui il vino è un culto sintetizzato nel ‘tralcetto’: un rametto di vite legato con rafia e posto sulle bottiglie, diventato simbolo di eccellenza, passione e amore per l’arte e il vino. Nel corso degli anni la Cantina Zaccagnini si è affermata anche come luogo di incontro culturale, tra arte, artisti e vinificazione. “Il vino, arte dell’uomo” è il claim che Marcello Zaccagnini ha coniato per l’azienda, interpretando la sua filosofia sin dal 1984, quando l’artista Joseph Beuys presentò nella barricaia il progetto Difesa della natura. La Cantina oggi annovera numerose certificazioni di qualità ed esporta vino in 45 Paesi e rappresenta l’Abruzzo nel mondo. Ad oggi Zaccagnini produce circa 6 milioni di bottiglie l’anno, ed esporta l’85% dei suoi prodotti. I vitigni a bacca rossa coltivati in azienda sono il Montepulciano d’Abruzzo, il Cannonau – con cui viene prodotto uno splendido passito rosso – e la selezione Zaccagnini da uve Cabernet Franc – con la quale viene prodotto il ‘Capsico’ -, mentre quelli a bacca bianca sono il Trebbiano d’Abruzzo, il Riesling Renano, lo Chardonnay, il Moscato di Castiglione a Casauria, il Pecorino e la Passerina. Il nome Zaccagnini è attualmente associato al vino in tutto il mondo, mentre l’eccellenza associata al brand deriva da caratteristiche uniche, come la cura dei dettagli, il processo di produzione e la selezione delle materie prime.
Di recente, inoltre, la Cantina è entrata a far parte di Argea, un’innovativa realtà di produzione e distribuzione di vino italiano nel mondo: sintesi di cultura vitivinicola, territorio, industria e finanza, si è da subito concentrata su una missione di sostenibilità, responsabilità sociale e valorizzazione e promozione del vino italiano nel mondo. Argea rappresenta un progetto unico e strutturato in cui vengono riconosciuti e reputati tutti gli attori che concorrono alla produzione del vino. Il nome è un neologismo creato dal sostantivo arte e dal suffisso greco gea (terra), i due elementi fondanti del Gruppo, che mira a valorizzare, attraverso una oculata politica di acquisizioni, alcune eccellenze italiane; l’obiettivo è dunque offrire alle filiere territoriali nuove possibilità di sviluppo e proporre agli appassionati di tutto il mondo un portafoglio di etichette dove il gusto internazionale e l’identità della ricca varietà di vitigni italiani si incontrano nell’equilibrio organolettico dei vini proposti. La direzione è dunque quella di portare il vino italiano nella sua ricchezza, complessità, qualità e cultura sui mercati internazionali in maniera accessibile e sostenibile lasciando alle generazioni future un modello di integrazione e sviluppo. In quest’ottica, le parole chiave che caratterizzano Argea sono rispetto, impegno, attenzione, innovazione, condivisione e passione, sempre con un impegno costante alla sostenibilità. L’assetto azionario è strutturato in una holding, controllata a maggioranza dal fondo Clessidra ma a cui partecipano anche le famiglie Botter, Martini e, appunto, Zaccagnini, fondatrici delle aziende del gruppo.
Da Argea torniamo ora alla Cantina e scopriamo così l’eccellenza enologica abruzzese attraverso le parole del titolare Marcello Zaccagnini
Sul sito ufficiale dell’azienda, la sezione ‘chi siamo’ è introdotta dallo slogan “Eccellenza, passione, amore per l’arte e il vino”. Che tipo di relazione lega, a tuo avviso, questi ultimi due elementi? Qual è il tuo rapporto con l’arte?
Il vino è arte. 40 anni fa ho coniato una frase per dar forma a questa suggestione, ossia “Il vino, arte dell’uomo”. Mi sento come Pistoletto, con le dovute proporzioni: quando si ama un vino si manifesta l’espressione dell’arte. Sono in molti a produrlo, ma ci sono differenze essenziali: si produce con rispetto e passione? Con che sfumatura di acidità? Con che colori? Parliamo a tutti gli effetti di arte. Quando ho preso consapevolezza di questo parallelismo ho riversato tutte le mie energie sul campo in questione. Così, con sacrifici economici, ho dato nuova vita al garage della mia famiglia, trasformandolo in una piccola cantina. E, nel vino come nell’arte, non era importante solo la ricchezza economica, ma quella interiore: per fare arte non sono indispensabili i migliori pennelli o strumenti, per emozionare può bastare una tela bianca. Questo è quello che ho fatto col vino, a partire dall’etichetta, che – senza avvalermi di esperti di marketing o comunicazione – ho proposto scritta a mano, in una sorta di arte povera, inserendo in ogni bottiglia uno stralcio della vite; ho voluto così manifestare la mia espressione artistica. Un riconoscimento personale di assoluto valore arrivò quando Joseph Beuys apprezzò il mio lavoro, affermando che il mio prodotto era per lui un’opera d’arte con dentro il vino. Ebbi poi il privilegio di ospitarlo nella mia cantina per un incontro dedicato ai temi dell’ecologia – era già precursore, a suo modo, della sostenibilità! – e, ovviamente, dell’arte. La mia passione per l’arte è stata inoltre trasmessa a mio figlio, che, a sua volta, ha sentito una vocazione fin da bambino poi sviluppatasi nel tempo: prima si è diplomato al liceo artistico, poi si è laureato all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Questa strada non è stata indirizzata dal sottoscritto, ma è stata intrapresa da lui per sua scelta naturale: questo è, a mio avviso, fondamentale, perché un figlio deve essere libero di potersi esprimere e, non a caso, lui oggi è sereno soprattutto grazie all’arte.
Cos’è per te la sostenibilità?
È, in primis, il rispetto. Riguarda, poi, ogni fase produttiva del vino, dalla nascita fino alla vendita. La sostenibilità è attualmente sulla bocca di tutti, ma poi a livello pratico sono in pochi ad applicarla. Si tratta di un processo culturale: se si è abituati a rispettare l’ambiente nella propria sfera famigliare risulterà naturale essere più sensibili a questo tema. È a tutti gli effetti una forma di educazione che parte inevitabilmente da lontano e occorrerebbe una formazione ad hoc fin dai primi anni di vita. A questo proposito ho un sogno: parlare di sostenibilità fin dall’asilo adottando un approccio ludico.
Come riferimento di vini d’eccellenza, ritieni di avere delle responsabilità a livello produttivo e per i consumatori?
Sì! E quello che per me conta, a livello umano e professionale, è mantenere la propria identità, camminando sempre verso la propria strada, non su una indicata da altri. Con questo intendo che non è necessariamente un male seguire le tendenze per esigenze di mercato, ma non bisogna scendere a compromessi che pregiudichino la qualità dei propri prodotti. Nel tempo, infatti, sono stato avvicinato da diversi gruppi e fondi, anche con offerte economicamente allettanti, ma non ho mai accettato perché vedevo proposte che celavano solo speculazione. Con Argea, invece, ho trovato un gruppo forte, che mette al centro l’arte e la sostenibilità.
Il Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto è un simbolo di armonia tra gli opposti. Con la tua azienda agricola come ottieni l’equilibrio tra l’elemento naturale e quello artificiale?
Io vivo e lavoro – in questo frangente, mostra in videochiamata il suggestivo panorama che può osservare ogni giorno dal suo ufficio, ndr – in un contesto naturale splendido, circondati dalla Maiella, dal Gran Sasso e dagli Appennini. Io amo e rispetto l’ambiente abruzzese che mi circonda, mi dona energia e positività. Credo che questo sia un aspetto fondamentale e d’ispirazione per i miei prodotti, perché il vino è come un’opera d’arte della natura.
Come hai conosciuto il maestro biellese e cosa rappresenta per te la sua pratica artistica?
L’ho conosciuto nella mia cantina, disquisendo di arte, cultura e della figura di Beuys. Sottolineo che, fin dal nostro primo incontro, non ho dialogato con Michelangelo Pistoletto per la sua fama d’artista, ma semplicemente per ciò che è. Come affermava il pittore e scultore tedesco, ogni uomo è artista di se stesso e il maestro, così come Ettore Spalletti o Mimmo Paladino, è un creativo che non si è mai messo sul piedistallo, ponendo la sua arte oltre ogni forma di ego. Anche sul piano umano lo stimo profondamente. Ricordo con piacere, a questo proposito, un aneddoto di molti anni fa: mio figlio, ancora bambino, mostrò a Michelangelo dei suoi disegni chiedendogli un parere e il maestro con incredibile sensibilità e delicatezza riuscì a donargli energia creativa, dando una carezza alla sua arte, seppur ancora infantile. Ho inoltre la fortuna di avere delle opere di Michelangelo, che, ça va sans dire, custodisco come un tesoro.
Quale ragione ti spinge da decenni a sostenere ininterrottamente Cittadellarte con le tue eccellenze?
Il motivo è uno: il rispetto assoluto che nutro per Michelangelo e per tutta Cittadellarte. Per me è commovente sapere quanto il maestro apprezzi il mio vino, quindi fargliene dono è un modo per ringraziarlo per l’artista che è. In generale, ritengo che saper offrire sia un gesto profondo, il fiore della vita.
Negli incontri conviviali di Cittadellarte, che vedono la partecipazione di persone provenienti da ogni parte del mondo e di ogni ambito del tessuto sociale, viene sempre bevuto il tuo vino, che diventa così sfondo di frangenti culturali eterogenei. Che valore ha per te questo aspetto?
Sono molto felice che i miei prodotti vengano conosciuti anche in una realtà di tale importanza. Inoltre, come sostiene Mauro Bonetti, Trade Marketing Director di Argea, in contesti di scambio e relazioni interpersonali il vino può aiutare la socialità e il dialogo. Quale soddisfazione più grande nel sapere che, in questo processo, il mio vino è un facilitatore?
Se ti ponessi davanti allo specchio con una tua bottiglia in mano, cosa vedresti?
Vedrei un artista che ha creato e realizzato il suo sogno. Questo perché in ogni mia bottiglia c’è arte, sudore, gioie e dolori… insomma, la mia vita. Inoltre, non mi sento mai arrivato a un ipotetico traguardo professionale: sono come un atleta che si sta allenando rimanendo coi piedi per terra. A questo proposito, scherzando con Massimo Romani, CEO di Argea, gli chiesi, in riferimento alla mia adesione e partecipazione alla sua realtà, “Mister, mi fai disputare una partita di calcio?” e lui, cogliendo la metafora, mi rispose di allenarmi ancora, così, un giorno, sarei stato pronto per giocare. Ecco, nella vita, come nel mondo del vino, funziona così: bisogna rimanere umili ed essere sempre desiderosi di imparare e migliorarsi.
Michelangelo Pistoletto, sulla scia dell’intervista, ha voluto dedicare un messaggio a Zaccagnini: “La foto – ha affermato il maestro, rivolgendosi al produttore, in riferimento all’immagine di copertina, ndr – testimonia un momento importante, ossia quando hai offerto i tuoi vini per la cerimonia di inaugurazione del Terzo Paradiso alle Terme di Caracalla; non solo, mi sta a cuore perché rimane testimonianza della nostra amicizia e del comune interesse per lo ‘spirito’ dell’arte e ‘spirito’ del vino. Per me, come per te, la sostenibilità non è una parola, ma è un impegno di continua ricerca. Grazie Marcello”.