Non più un teatro formale, ottocentesco e snob. Addio all’abito giusto e idoneo per un luogo considerato quasi di culto, addio all’aura che per troppo tempo ha avvolto il teatro. Ma soprattutto, addio alla divisione che separa pubblico e attore. In quest’ottica, come espresso da Peter Brook, il teatro è una possibilità data all’uomo di accrescere l’intensità delle sue percezioni ed emozioni, luogo che deve far vivere emozioni proprie della quotidianità. L’essenza profonda del teatro, quindi, deve essere cercata nella relazione fra spettatore e attore. Su questa scia si muove anche Orti Insorti che quest’anno festeggia i suoi quindici anni.
La passione per la terra e l’amore sconfinato per suo nonno contadino Pompilio spinge la narratrice Elena Guerrini a lasciare il mondo del teatro, per il quale ha lavorato per tutta la vita, e a trasferirsi in Maremma, luogo in cui viveva suo nonno paterno. “Le storie che racconto in Orti Insorti – ha esordito Guerrini – sono narrative, parlo della storia di mio nonno e ho cercato di trovare una vicinanza con la terra. Tutto con lui si rigenerava perché nell’orto e nel giardino tutto risorge; non comprava nulla, riusava tutto. La vera economia circolare l’ho sviluppata poi nella mia stessa vita. Non lavorando più per mantenermi ho deciso di chiedere al pubblico, in cambio della mia esposizione, dei doni. La domenica mattina, ad esempio, mi recavo con mio figlio e mio marito nelle case delle persone, nei loro giardini, mangiavamo insieme e dopo iniziavo a raccontare le mie storie. In cambio, chiedevo loro un biglietto di ingresso in natura, quindi non monetario. Il baratto era proprio ciò che producevano loro stessi: olio, vino, verdure, vassoi di pasta fatti in casa, farina. In questo modo io non ho quasi fatto la spesa per due anni”.
L’obbiettivo reale di Orti Insorti, inoltre, è proprio quello di creare una connessione e una rete con le persone attraverso il dialogo aperto e la condivisione attiva. Elena Guerrini vuole far emergere l’utilità e la passione che trova nei confronti del teatro e come quest’ultimo possa essere d’aiuto alle persone. La dimostrazione è infatti visibile nella sua scelta di lasciare la sua vita per riconnettersi alla terra e per creare delle reti comunitarie solide. Orti Insorti, in quest’ottica, si rivolge quindi al sociale, da iniziare dai luoghi in cui esso avviene. È facilmente deducibile, quindi, che lo spettacolo non sia fine a se stesso ma sia fonte di dialogo.
All’interno del contesto di “Casa Creature Creative”, inoltre, Elena Guerrini ha dato vita ad un orto olistico in cui ha ricreato il simbolo del Terzo Paradiso. In questo orto sinergico le piante si aiutano l’un l’altra: “Il parallelismo con il simbolo trinamico – ha affermato Guerrini – è lampante. Il segno-simbolo mi ha infatti aiutata per la rinascita ed il contatto con la terra. Ho ricreato allora i tre cerchi dell’opera: in uno ci sono delle palmette, in questo modo diventa per me una sorta di paradiso meditativo, nell’altro, nel centro, ho voluto elogiare la condivisione e sarà dove metterò le verdure, infine, nell’ultimo cerchio posizionerò le erbe aromatiche. Per me il Terzo Paradiso significa anche una riconnessione fra le persone: ognuno è importante e necessario per l’altro ed il suo benessere”.