Ripensiamo alla nostra infanzia: nelle avventure che ci venivano raccontate da amici, familiari, libri o film, gli antagonisti delle storie avevano spesso forme mostruose. Il cattivo, come a rafforzare metaforicamente la sua negatività, era spesso esteticamente brutto, oltre che mosso da principi tutt’altro che onorevoli. E ogni volta, il protagonista, per far fronte al cattivo di turno, poteva avere la meglio con la magia e dispositivi speciali, o semplicemente grazie all’aiuto di amici o altri alleati. Insomma, il nemico veniva sconfitto, ma l’eroe non era nudo e solo di fronte all’avversità.
Ecco, il Coronavirus, il mostro del nostro tempo, sta facendo vittime, continuamente, in ogni parte del pianeta. Ma gli scudi per affrontare la spada del nemico, anche se preparati di fretta, in Italia ci sono. I ricercatori sono impegnati ogni giorno per ideare possibili vaccini, i medici operano quotidianamente per salvare vite, i politici – o alcuni di essi – pensano alle misure per contenere il contagio. Un sistema che ha evidenziato numerose falle (i passati tagli alla sanità vi dicono qualcosa?), ma agisce, è attivo. E giorno dopo giorno cerca di migliorarsi. Insomma, l’eroe che sta affrontando il mostro è stanco per la battaglia, ma allo stesso tempo si rivela ogni giorno più forte, con nuovi scudi, nuove armature. E presto, si spera, riuscirà a sconfiggerlo una volta per tutte.
Ma cosa accadrebbe se l’eroe fosse solo, nudo e senza strumenti, ad affrontare un nemico più grande – non per dimensioni – di lui? Questo scenario allegorico, purtroppo, è realtà. E, in quest’ottica, a lanciare l’allarme è Save The Children, che, attraverso una nota, ha annunciato come una risposta lenta alla pandemia potrebbe costare milioni di vite nei paesi più poveri, soprattutto in Asia Meridionale e nell’Africa Sub-sahariana. Non si tratta di prospettive pessimistiche, ma di ipotesi frutto di una ricerca dell’Imperial College, che ha confrontato diversi scenari per la risposta al Covid-19.
Il primo prevedrebbe un’azione precoce e decisiva per testare e isolare i casi, promuovere il distanziamento sociale e trattare le popolazioni colpite. Questa risposta provocherebbe il decesso di 800mila persone. “Una cifra enorme ma che con un’azione ritardata aumenterebbe a quasi quattro milioni di morti“. Sì, perché la tempistica è un fattore chiave di questa battaglia. L’organizzazione internazionale indipendente che dal 1919 lotta per migliorare la vita dei bambini ha infatti sottolineato come la minaccia pandemica debba essere affrontata subito: “Se agiamo ora e in modo deciso – ha dichiarato Inger Ashing, Direttrice Generale di Save the Children International – possiamo prevenire e contenere la minaccia pandemica che affligge i paesi più poveri. Ogni colpevole ritardo avrebbe un costo di almeno tre milioni di vite in più e creerebbe anche nuovi rischi per tutto il mondo: questa non è una crisi che rispetta i confini. Ritardare la prevenzione e il contenimento nell’Asia meridionale e nell’Africa sub-sahariana non solo provocherebbe molte morti in quelle regioni, ma alimenterebbe potenzialmente la pandemia in Europa, Nord America e in altre aree. La mancata azione potrebbe portare a quasi un miliardo i casi di contagi dal Coronavirus proprio nell’Asia meridionale e nell’Africa sub-sahariana”.
Come sottolineato da Save the Children, se da una parte prevenire le trasmissioni attraverso l’allontanamento sociale in tutta la popolazione potrebbe ridurre il numero di decessi di circa un terzo, dall’altra potrebbe portare a un collasso dei sistemi sanitari nei paesi a basso reddito, con un picco della domanda di letti di terapia intensiva 25 volte superiore ai numeri disponibili di posti. I governi africani, ad esempio, stanno già affrontando la pandemia con campagne di sensibilizzazione pubblica e di risanamento, divieti di volo, blocchi e coprifuoco. Ma non è abbastanza: “Bisogna – così l’organizzazione – fare di più con il sostegno della comunità internazionale“. E non è complesso immaginare la drammaticità dello scenario socio-sanitario nei paesi vulnerabili: il Coronavirus sta già travolgendo i sistemi sanitari nei paesi più ricchi del mondo, in quelli più poveri gli effetti sarebbero devastanti.
Save the Children, a questo proposito, prende come esempio l’Africa sub-sahariana, spiegando come abbia i sistemi sanitari più deboli del mondo e i più alti livelli di povertà. La metà della popolazione, infatti, non ha accesso a solidi servizi sanitari. Non solo: non vanno dimenticate la malnutrizione infantile e adulta e la malaria endemica, fattori di rischio che potrebbero portare a livelli più elevati di mortalità per il Covid-19 rispetto a quelli riscontrati nei paesi più ricchi. “Nella ricerca sull’impatto globale del Coronavirus – specifica Save the Children – l’Imperial College ritiene che non vi siano differenze sostanziali tra lo stato di salute generale della popolazione cinese rispetto alle altre e la percentuale di diffusione della malattia in rapporto alla popolazione. Tuttavia, poiché un terzo dei bambini nell’Asia meridionale e nell’Africa sub-sahariana vivono di stenti e visto l’elevato carico di malattie infettive che bambini e adulti affrontano in quei paesi, è probabile che le popolazioni siano molto più vulnerabili. Inoltre, il modello utilizzato dall’Imperial College non considera sufficientemente il basso livello di assistenza medica in molti dei paesi più poveri”. Insomma, lo scenario potrebbe essere ancora più drammatico di quello paventato.
L’organizzazione non governativa, alla luce di questa emergenza, ha quindi esortato la comunità internazionale a cooperare per definire di un piano teso a portare aiuto in prima linea dove è necessario; un processo che passa da fondi globali per il recupero e la protezione collettiva in cui al centro figurano famiglie e bambini, senza dimenticare un supporto all’istruzione e all’apprendimento.
Il mostro, così, potrà essere progressivamente indebolito. L’eroe, però, non può sconfiggerlo da solo.