Martedì 29 maggio ho avuto l’opportunità di assistere alla preview di Giobbe, un’opera ad “immersione totale” di Yuval Avital, artista conosciuto grazie alla collaborazione con Pistoletto in Alma Mater, Milano 2015, la più grande installazione sonora mai realizzata in Italia, e con Cittadellarte in Rivers, rappresentato lo stesso anno proprio a Biella, con il coinvolgimento dei rifugiati e dell’associazione Pacefuturo.
Yuval Avital si contraddistingue per il suo essere visionario ed originale, per la sua sensibilità e chiarezza della sua posizione estetica ed etica, perché alla “pornografia del dolore” preferisce il racconto, l’immagine, il video che improvvisamente accelera fino a seimila volte dall’originale perché “alla rappresentazione della sofferenza nulla aggiunge un corpo dilaniato, tutti sappiamo, tutti facciamo finta di nulla, tutti siamo Giobbe, ossia l’uomo, che non ha ancora trovato il modo di fermare il carnefice di se stesso che è in lui”.
(Immagine a sinistra: Liliana Segre e Yuval Avital (foto di Paul Richard Cecchini). Foto a destra: Yuval Avital (foto di Benny Steiner)
Prima di scrivere questo articolo ho chiamato Yuval, per complimentarmi sicuramente, ma anche per chiedere, per scoprire, per sapere cosa l’avesse mosso in delle scelte. “Ma allora dobbiamo esser seri” il suo commento e, in un attimo, è stato come reimmergersi nella cornice delle Terme di Diocleziano, con la musica che ti avvolge, i cori che ti scuotono e l’incessante incedere dei narratori che ti porta nelle immagini, racconti di vita e di una “coscienza collettiva, con Dio-Satana-Giobbe che si trasformano in un Leviathano, ossia in noi stessi”.
“Giobbe è l’emblema della sofferenza umana, ci sono tanti Giobbe tra di noi, ombre che hanno perso tutto e a cui rimane solo la speranza”.
Nell’opera si alternano e si fondono molti elementi simbolici e storici, tra essi emerge la figura di Liliana Segre, “la parte iconografica di Giobbe, la personificazione del tutto, in un’intervista silenziosa, emblema della sofferenza umana, non solo ebraica, di genocidi e olocausti di una storia millenaria che si ripete quotidianamente”.
Il silenzio è “il silenzo di Liliana Segre, l’impossibilità a verbalizzare, che solo a sessant’anni ha trovato la forza di raccontare e di diventare testimone della Shoah. Ma è anche il silenzio delle tante vittime dei genocidi che ho intervistato e che non hanno o ancora non hanno la forza di raccontare”.
Giobbe ci fa riflettere sulla fragilità della fortuna e sulla necessità di aprirci all’Altro, sul tener sempre presente che noi, nati sotto una stella fortunata, possiamo in ogni momento trovarci dall’altra parte, costretti a fuggire, bisognosi di aiuto, diversi. Giobbe ci impone di metterci nei panni dell’altro, ci racconta senza mezzi termini che il futuro non è nelle nostre mani e che chi chiede oggi potrebbe essere nostro figlio o nostro fratello domani.
Giobbe è un monito per ognuno di noi, contro l’egoismo del benessere e l’indifferenza per i perseguitati.
Giobbe è quindi l’uomo che si ribella al suo creatore, ma non lo rinnega, non lo abbandona, spera sempre nella sua misericordia, così era e così è: studente felice colpito sotto le pallottole di un folle, passante vittima di attentati integralisti, immigrato che cerca di sfuggire alle persecuzioni vivendo sulla propria pelle la crudeltà del viaggio e quella del rifiuto, o dell’indifferenza.
Giobbe è tutto questo, Giobbe è l’Opera di Yuval Avital in scena al Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano, il 30 e il 31 maggio e il primo di giugno.
Giobbe di Yuval Avital
30,31 maggio e 1 giugno 2018
A cura di: Marilena Citelli Francese e Viviana Kasam
Produzione: Musadoc
Composizione, video art e regia: Yuval Avital
Libretto: Haim Baharier e Magda Poli
Narratrice silenziosa: Senatrice Liliana Segre
Narratori: Lorenzo Lucchetti e Gaia Petronio
Ensemble vocal: Ensemble Auditivvokal, Dresda
Direttore: Olaf Katzer
Ensemble strumentale: PMCE Parco della Musica Contemporanea Ensemble
Direttore: Tonino Battista
Assistenza direzione artistica: Sara Agostinelli