Incendi, uragani, sciami di cavallette, scioglimento di ghiacci, frane, monsoni, alluvioni, squilibrio delle stagioni, pandemia. Da ciò che accade nel mondo – Marco fa riferimento, ad esempio, a questo e questo articolo – è fin troppo chiaro, agli occhi di chi vede e non guarda semplicemente, cosa sta creando o, di fatto, disfacendo, comportando, il crimine commesso dall’uomo, che, svincolandosi dalle proprie responsabilità, addita il virus un giorno, la natura un altro, come i colpevoli, gli assassini, i malvagi, i cattivi di turno.
Gli effetti senza le cause.
Immagine da Wikipedia (Guerra del Golfo).
La macchina delle informazioni e i motori di condivisione (quelli, per intenderci, dotati di emittenza globale), le sale di attesa dei salotti virtuali, quei network sociali, nei quali i seguaci (followers) di ‘sette’ del momento, esprimono la loro partecipazione, riversando dissenso e sfogo, fini a se stessi, di chi vive di riflesso, praticando l’usa e getta (tanto, c’è la differenziata…) dell’opinione, fanno il gioco di chi divide et impera, di chi traccia il fuori rotta, di chi manomette la bussola, di chi sposta il nord.
Ma gli alisei non possono fermarsi, il fuoco non può smettere di bruciare, l’acqua non può fermare il suo ciclo. E l’aria? Che aria tira tra questi uomini? Che stiamo facendo, noi, per rallentare, per restituire il tempo che stiamo rubando ai nostri figli, per riparare ai danni che stiamo perpetrando e sommando?
Una lista di domande.
Apriamo una lista! Di e per chi vuole partecipare attivamente, invece di essere soltanto spettatore, testimone silente, colpevole di non fare, dello stare a guardare, del dare giudizi, del non portare peso, di non essere disposto nemmeno a cambiare le abitudini, di non dire grazie, di non chiedere mai scusa.
Smettiamola di educarci a comprare o vendere, a strappare, a togliere, chiamandolo cogliere!
Torniamo a sentire, a far parte, davvero, della macchina del progresso, che può, ormai essere solo di tutti, comune!
Io, te, noi. Io e un albero e l’albero che è in te. Mettiamo radici in quello che facciamo, perché viva di se stesso, duri! Aiutiamo a scendere, a passare dalla superficie a quanto c’è sotto, stringendo le nostre appendici a quelle di altri, sentendo quello che sentono, provando quello che provano e non solo perché ci fa stare bene!
Mettiamoci davvero nei panni degli altri, disposti, sin da subito, da ieri, a cambiare prospettiva, ad essere secondi e terzi. Fin quando saremo uno, senza capire il più, non faremo mai tre.
Immagine da Wikipedia (Chernobyl).
Cos’è questa necessità di mettere la firma, soltanto il proprio nome, perdendosi nel come e non sapere quanto, quanta distanza crea quell’individualismo? Se sto bene, posso far star bene l’altro. È facendo star bene gli altri che si sta meglio! È donarsi, mettersi al servizio, dare di più, se e quando abbiamo di più: è la legge della Terra, programmata per la riproduzione della vita! Essa si dà, senza chiedere, offrendo tutto e più di quello che ha. E noi continuiamo a offenderla, depredarla, con la nostra sete di avere e di essere per avere, possederci, come prova di non essere poveri. Ma è la povertà quello che più ci avvicina alla vita!
Altro che prendere, aggiungere, collezionare, sommare. Cominciamo a togliere, non risparmiando noi stessi, in una nuova sottrazione di equazione ed equa azione!
(-1) + (-1) = 3
Perché eco sia ecco e non sia ego.
Perché dire “me ne frego”, non fa essere più forti, non allunga i passi corti di chi, fermo a un cellulare, crede invero di parlare, peggio ancora, che sia fare! Forse è ora di cambiare, quanto meno di provarci, di provare che non siamo stati usati, come cavie, da esaltati o malati di potere.
Dove è andato o si è nascosto, trasformato in un piacere, questo senso del dovere, che mi fa sentire vivo, quando scrivo e chiedo aiuto, non per me ma per chi è cieco, per chi è sordo, per chi è bieco, per chi dice “io non c’ero, non ricordo, mi dispiace”, per chi ha perso ogni confine tra dispetto ed esclusione, di chi vanta discipline, per chi crede che emozione voglia dire appropriazione, per chi cerca chi gli è affine o chi è oppresso dal possesso, per chi lascia sulle spine chi respira di riflesso?
Il dovere è l’emozione che fa rima col diritto, perché gli uomini hanno scritto libertà e costituzione!
Questo è lo stato in cui ci troviamo, la vista appannata, ad appannaggio di pochi, adescati e spinti all’indifferenza, alla prostituzione dell’io, del sé, ignoranti, limitati, incapaci di avere dubbi, di vedere oltre, dopo, il prossimo e, quindi, di sognare il futuro!
Tu che leggi, mi dirai che sono duro. Certamente, meglio puro, che affrontare ogni esperienza, con, negli occhi, “io prometto” o “te lo giuro”: tutte chiacchiere, aria fritta, per chi crede che vittoria voglia dire altrui sconfitta.
Lavorare tutti assieme, dando spazio a quanto preme.
Marco Papa