Al supermercato, una confezione da quattro mele con pellicola e involucro di plastica costa all’incirca più di due euro. Prendendo quattro mele sfuse con stessa varietà e peso si spende meno di un euro e cinquanta. Questo vale per tutti i prodotti ortofrutticoli, per cui il confezionamento comporta sempre un aumento del prezzo. Tuttavia, si tratta di una differenza che i consumatori sono disposti a pagare, perché compensata da altri vantaggi: si velocizza la spesa evitando di scegliere il prodotto e di apporvi il prezzo sul sacchetto, oltre ad avere l’impressione di una maggiore igiene e sicurezza. Pertanto, il confezionato esiste per un’esigenza del consumatore, che cerca questo tipo di servizio senza avere la consapevolezza che sebbene la differenza di costo appaia minima, il costo ambientale è enorme. Infatti, il riciclo non è più sufficiente per proteggere il nostro pianeta dai problemi ecologici che la plastica apporta. Per questo motivo, è necessario essere maggiormente coscienti di ciò che mettiamo nel nostro carrello, in modo da limitare l’eccessivo utilizzo di questo materiale quasi eterno.
Stop alla plastica
Nella battaglia contro confezioni e oggetti monouso di plastica, la Spagna segue l’esempio della Francia e si avvia a recepire le norme dell’Unione Europea. La vendita di frutta e verdura in imballaggi usa e getta sarà proibita sia nei supermercati sia nei negozi d’ortofrutta a partire dal 2023. Si tratta di una delle misure più importanti contenute nel regio decreto sugli imballaggi e sui rifiuti che il Governo di Madrid sta finalizzando e che il ministero della Transizione ecologica è in procinto di varare. Infatti, Teresa Ribera, titolare del dicastero, ha aperto il dialogo con le organizzazioni ambientaliste e le rappresentanze del mondo imprenditoriale per condividere le linee d’azione che ispirano la bozza di decreto. Se confermata, questa sarebbe una grande vittoria per i gruppi ambientalisti che si battono da anni per scoraggiare l’uso e l’abuso di plastica nella grande distribuzione.
Il decreto
Ugualmente a quanto contenuto nella legge francese anti-spreco, il divieto di confezionamento per i prodotti ortofrutticoli interesserà tutte le attività commerciali al dettaglio, indipendentemente dalla dimensione, e si applicherà ai lotti di peso inferiore a un chilo e mezzo. Viceversa, sarà permesso per quegli alimenti che senza imballaggi rischiano di deteriorarsi più in fretta, determinati da un elenco redatto dall’Agenzia spagnola per la sicurezza alimentare e la nutrizione. Per i rivenditori, il governo prevede misure per promuovere la vendita all’ingrosso di prodotti freschi senza imballaggio. Questi venditori, ad esempio, devono consentire ai clienti di portare i propri contenitori riutilizzabili da riempire, anche se le condizioni di pulizia e idoneità saranno stabilite dalle imprese. La norma contiene anche misure per disincentivare il consumo di acqua in bottiglia, tra cui l’obbligo per le autorità amministrative di ogni livello di promuovere l’installazione di fontanelle per l’acqua negli spazi pubblici, d’introdurre alternative alla vendita di bevande confezionate e di bloccare la distribuzione di bicchieri in plastica monouso in occasione di eventi pubblici.
Gli obiettivi
Il decreto contiene anche alcuni obiettivi numerici. Primo fra tutti, la riduzione del 50% nella vendita di bottiglie di plastica per le bevande entro il 2030. Inoltre, si cercherà progressivamente di avviare a riciclo la totalità degli imballaggi in circolazione. Alberghi, ristoranti e bar dovranno raggiungere il 50% di bottiglie riutilizzabili entro il 2025 e il 60% entro il 2030. Percentuali ancora più ambiziose per birre e bevande rinfrescanti: per le prime l’80% è fissato al 2025 e il 90% al 2030, mentre per le seconde gli obiettivi sono rispettivamente del 70% e dell’80%. Molto più timidi gli auspici per le famiglie, chiamate a raggiungere una quota del 10% di bottiglie riutilizzabili entro il 2025 e il 20% entro il 2030.
L’esempio francese
Del tutto simile è la misura “anti-spreco” appartenente al territorio francese, pronto a dire addio agli imballaggi di plastica utilizzati per confezionare frutta e verdura già a partire dal 2022. Il ministero della Transizione ecologica francese, guidato da Barbara Pompili, ha sottolineato che la direttiva servirà ad eliminare oltre un miliardo di imballaggi in plastica non necessari ogni anno. Tuttavia, il processo di eliminazione degli imballaggi nemici dell’ambiente procederà in maniera graduale e sarà previsto un periodo di tolleranza di 6 mesi per lo smaltimento delle scorte. Infatti, dal 1° gennaio del prossimo anno dovranno essere eliminati gli imballaggi di plastica soltanto in una trentina di prodotti ortofrutticoli, mentre dal 2026 il materiale in questione sarà bandito completamente e saranno utilizzati contenitori portati dagli stessi clienti o forniti dai vari punti vendita; l’obbiettivo finale è l’abbandono completo della commercializzazione entro il 2040.
E in Italia?
L’Italia resta indietro rispetto alla Francia e alla Spagna. Infatti, l’unico progetto previsto nel nostro paese – attraverso il decreto Semplificazioni – è quello del deposito cauzionale, che incentiva i consumatori a restituire il vuoto dopo l’utilizzo, in cambio della restituzione di un sovrapprezzo pagato inizialmente, ma che non ne garantisce un riutilizzo (più probabile che il vuoto venga in seguito riciclato). Nessuna nuova invece sul fronte della scelta della Spagna. Eliminare gli imballaggi di plastica dalla frutta anche nel nostro paese sarebbe un passo ben più deciso verso un sistema meno inquinante.