L’acqua radiottiva di Fukushima nel Pacifico, il Giappone ci pensa
Ha suscitato scalpore la proposta del ministro dell'Ambiente giapponese: anche se, per ora, resta solo un'idea, la notizia ha creato un allarmismo internazionale non indifferente. Quali conseguenze avrebbe una mossa simile per l'ecosistema?

È l’unica opzione possibile”: è questo quanto affermato dal politico nipponico Yoshiaki Harada, in relazione alla possibilità di versare in mare l’acqua radiottiva di Fukushima. Anche se si tratta di una dichiarazione del ministro della Protezione ambientale uscente – è previsto un un rimpasto di governo voluto dal primo ministro Shinzo Abe – la proposta verrà dibatutta tra dalle ‘alte sfere’ e potrebbe presto trovare riscontro. La notizia ha subito creato allarmismo internazionale, non solo tra le associazioni ambientaliste. È semplice evincerne il motivo: l’acqua contaminata della centrale atomica di Fukushima – tragicamente colpita dallo tsunami nel 2011 – provocherebbe ingenti danni all’ecosistema. La ‘soluzione’ di versare il liquido inquinanto nell’Oceano Pacifico era stata paventatata dalla Tepco – Tokyo Electric Power Company, che aveva annunciato la prossima mancanza di spazio nelle strutture di stoccaggio. La compagnia elettrica del Giappone che serve la regione del Kantō ha addirittura dato una data limite: dal 2022 non avrà più modo di immaganizzare le enormi quantità di liquido contaminate proveniente dai condotti di raffreddamento dei reattori. Al momento, infatti, i serbatoi contengono 1,1 milioni di tonnellate d’acqua, ma la loro capacità massima – di 1,37 milioni di tonnellate – sarà raggiunta fra 3 anni.

Nello specifico, analizzando l’acqua inquinata, è il trizio a preoccupare maggiormente: si tratta un isotopo di idrogeno a bassa radioattività considerato relativamente innocuo per l’uomo (non riesce a penetrare la pelle umana, anche se può essere dannoso se ingerito o inalato), ma che potrebbe gravare alla salute della fauna marittima con conseguenti problematiche per l’ambiente e per la pesca. A questo proposito, Shaun Burnie, specialista di energia nucleare di Greenpeace, ha lanciato l’allarme: “Il governo giapponese deve impegnarsi nell’unica opzione accettabile dal punto di vista ambientale per la gestione di questa crisi idrica, ossia lo stoccaggio e l’elaborazione a lungo termine delle scorie per rimuovere la radioattività, inclusa quella del trizio”.

La notizia del possibile versamento nell’oceano si è diffusa dopo la conferenza stampa di martedì scorso (10 settembre), in cui Yoshiaki Harada ha affermato che “l’unica opzione sarà scaricarla in mare e diluirla. L’intero governo ne discuterà”. Il segretario di gabinetto giapponese Yoshihide Suga, però, in un’altra comunicazione ufficiale, ha specificato che le affermazioni di Harada e le sue idee su come affrontare la criticità sono solo “la sua opinione personale”. Come un’altalena di dichiarazioni, comunque, il presidente dell’Autorità giapponese per il nucleare, Toyoshi Fuketa, ha affermato che scaricare l’acqua contaminata in mare è l’opzione più ragionevole e sicura. Si troverà una soluzione a basso impatto o sarà inflitta una nuova grave ferita al nostro pianeta?


Immagine di copertina: Fukushima (crediti foto Wikipedia).