Da sempre l’agricoltura è un campo in continua trasformazione, sperimentazione e ricerca volte alla soddisfazione delle esigenze sempre più complesse che la società richiede. I cambiamenti demografici, climatici e di mercato sono una continua sfida per le società che si occupano di coltura. La scienza, inoltre, si prodiga nello studio e nella selezione delle varietà più forti ed adattabili, in modo da stare al passo di queste continue trasformazioni. Molte problematiche si sono riscontrate nel corso degli anni, in quanto spesso l’evoluzione scientifica e la ricerca delle “perfezione” genetica hanno portato ad una perdita di quelle peculiarità che hanno contraddistinto certi tipi di sementi e varietà autoctone e tradizionali.
Nel contesto dell’agricoltura sostenibile, un italiano si è aggiudicato il Bologna Award, premio internazionale dedicato al settore agroalimentare che si celebra in occasione del World Food Day 2017. Si tratta di Matteo Dell’Acqua, genetista della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che ha realizzato uno studio e ricerca in collaborazione con un gruppo di agricoltori etiopi per selezionare delle nuove varietà di frumento che presentino un’elevata ereditarietà dei tratti genetici e l’apprezzamento di questi nuovi tipi da parte degli agricoltori locali. La ricerca si concentra sulle diversità delle risorse agronomiche che la regione offre per un suo possibile utilizzo nella produzione di varietà migliorate. Le metodologie di genomica, solitamente usate in nome del più asettico sviluppo economico, sono affiancate ora alla conoscenza contadina.
La ricerca è stata affrontata in maniera diretta, fianco a fianco agli agricoltori che, per due settimane, hanno valutato quali potessero essere le caratteristiche più interessanti ed utili di centinaia di varietà di grano. Ciò ha permesso di identificare quei fattori genetici che determinano la preferenza di alcuni sementi da parte dei contadini etiopi.
“Molte di queste varietà – argomenta Matteo Dell’Acqua – hanno resistenza innata ai patogeni e possono contribuire, grazie al perfezionamento degli incroci, a combatterli riducendo l’uso di pesticidi. L’idea è di incorporare la conoscenza dei piccoli agricoltori nelle pratiche di miglioramento genetico del grano. Non un ritorno al passato, ma piuttosto la proiezione della conoscenza tradizionale nell’era della genomica del grano. Integrare la conoscenza dei contadini significherebbe velocizzare e migliorare la produzione di varietà che rispondano prima di tutto ai bisogni degli agricoltori di sussistenza. Insomma, proponiamo un metodo che potenzialmente può essere applicato a qualunque specie e a qualunque popolazione di piccoli agricoltori, che nel sud del mondo sono moltissimi, se non la maggior parte”.
Come esplica la ricerca stessa, attraverso questa modalità di ricerca si può quindi passare dal produrre “una varietà con una spiga più grande” a “una varietà con una spiga di una grandezza preferita dal contadino”.