Non bisogna giudicare un libro dalla copertina: una frase che ci viene ripetuta come un mantra fin da bambini. Eppure, il primo impatto, seppur costruito con effimere sensazioni e irrazionalità, ha sempre una importanza non indifferente, conscia e inconscia, nel nostro giudizio, che si tratti di una persona o di un libro, appunto. L’impressione che ho avuto vedendo per la prima volta quella di Cambia-Menti – l’Italia che cambia per cambiare il pianeta: dalla teoria alla pratica di Daniel Tarozzi è stata quella di un libro new age o da intellettuale di sinistra, che poteva contenere soluzioni teoriche, al confine col mistico, su come cambiare la vita del prossimo. Però, conoscendo l’autore a livello professionale – Daniel, oltre a dirigere Italia Che Cambia, è stato il direttore del Journal di Cittadellarte – e personale – negli anni è diventato uno dei miei più cari amici -, sapevo già che quella mia interpretazione non avrebbe rispecchiato la realtà e il contenuto, non poteva che rivelarsi fallace e distorta. Così è stato e, come specifica il titolo del libro, Daniel riesce a passare dalla teoria alla pratica con estrema facilità, in modo lineare e armonioso. Teoria e pratica, quindi, non opposte, non dicotomie, ma due parole e concetti che, con gli strumenti giusti, possono unirsi. Nel libro di Daniel vengono offerti gli elementi per dar forma e articolare questo processo, lasciando alla sensibilità del lettore la libertà di poterli cogliere. Ciò che rende il libro un regalo perfetto a tutti coloro che hanno bisogno di un’iniezione volontaria di fiducia è il fatto che questo fornisca le chiavi e gli esempi per poter dare una svolta alla propria vita. Come esplicato dalla narrazione, gli ingredienti necessari per realizzare i nostri sogni non sono magici, fantasiosi, irraggiungibili o stravaganti, ma sono più vicini di quanto si possa pensare, il più delle volte alla nostra portata. Daniel, con la sua testimonianza e le sue riflessioni, fa comprendere che noi siamo artefici del destino dei nostri sogni, non esistono scuse o deleghe. Ok, ma le difficoltà? Le barriere? Basta capire come superarle e allora il nostro sogno non sarà più utopia.
“Questo libro – si legge nella presentazione del libro – racconta di un viaggio lungo dieci anni attraverso i volti che popolano un’Italia diversa, che tra mille difficoltà cambia la propria vita (e il mondo) ogni giorno. A bordo di un camper, l’autore è andato a caccia di storie attraverso le regioni e nel cuore di un’Italia sorprendente, e grazie a centinaia di incontri ha potuto stilare una mappa delle costanti che ci frenano o che, al contrario, permettono il cambiamento individuale e collettivo. Raccontandoci le esperienze di chi ha deciso di ‘lasciare la via vecchia per la nuova’, ci accompagna a fronteggiare le nostre paure proponendoci le soluzioni adottate da chi ci è già passato. Ma ‘Cambia-Menti’ ci mostra da vicino anche le certezze e le paure (per non dire l’orrore) di chi ogni giorno si occupa di cambiamento ed è costantemente terrorizzato ed estasiato da ciò che incontra. I media ci offrono un mondo di decadenza, morte, mediocrità: ma centinaia di voci, qui, ci parlano di un mondo le cui ‘tinte forti’ sono anche splendidi colori”. Questo è solo un assaggio di ciò che attende chi volesse iniziare la lettura. Quello che vi aspetta è un’avventura, simile a quello che ha percorso l’autore, in viaggio verso la bellezza, alla scoperta dell’Italia che cambia. Vi consiglio di salire nel libro a forma di camper (o viceversa). Alla guida c’è lui, l’autore, Daniel Tarozzi. Dopo, la vostra vita, se lo vorrete, non sarà più la stessa.
Il viaggio vi spaventa? Non conoscete ancora la meta? Abbiamo intervistato Daniel per mettere in luce alcuni contenuti del suo libro e scoprire così altri aspetti della sua opera letteraria.
La copertina del libro.
Ritengo che il tuo libro riesca e possa innescare nel lettore una ventata di positività, onde di parole che travolgono di intraprendenza e voglia di fare. La soluzione per cambiare le menti è lì, in un’opera di un centinaio di pagine. Quale obiettivo ti sei posto col tuo scritto? Quale effetto speri che sortisca nel lettore?
Quando scrivo non mi pongo un obiettivo preciso, se non quello di raccontare e trasmettere qualcosa, come ogni giornalista. Perché scrivere un libro se ormai le vendite del settore sono in calo ed economicamente porta pochissimo? In parte per dare una fisicità a un lavoro, perché sul web non si riesce a dare una forma, un ordine o uno sviluppo a un contenuto editoriale. Poi perché dopo aver scritto libri in cui davo voce ad altre persone, ho valutato e deciso che dopo dieci anni in viaggio per l’Italia poteva essere giunto il momento di trarre delle conclusioni personali (che spesso si rivelano nuove domande) frutto delle esperienze precedenti. Dopo tutto il tempo passato a raccontare e raccogliere storie attraverso Italia Che Cambia, mi viene spesso domandato come affrontare le paure e le criticità – burocrazia, denaro, mancato appoggio dei familiari, politica e le più svariate motivazioni – che si presentano quando si vuole realizzare un sogno. Io non ho la risposta, ma le migliaia di persone che ho intervistato in questi anni sì! ‘Cambia-menti’ nasce con questo intento: rispondere a come si può dar forma a un progetto personale o sociale. Sono migliaia le esperienze positive in atto che ho messo in luce, ma non bisogna distaccarsi dalla realtà, perché è innegabile che in Italia non manchino l’abusivismo, la sporcizia, il dolore e le follie che l’ego incarna. Ecco, nel libro mi sono focalizzato anche su questo in chiave personale: il mio dolore, le mie sconfitte e le mie delusioni. Raccontare l’Italia che cambia, infatti, non significa non soffrire, ma scegliere di trasformare questi elementi in qualcosa di nuovo. Dal letame nascono i fiori.
Citando il titolo del tuo libro, il primo passo per originare una scintilla di reali cambia-menti nella propria vita può essere offrire le informazioni e gli esempi virtuosi di chi è riuscito a realizzare i propri desideri. Offri infatti una panoramica – o meglio, solo un assaggio – di incredibili progettualità di successo che si discostano da quelle drammatiche o negative a cui solitamente i mass media danno spazio (a questo proposito nel volume ti soffermi anche sull’agenda setting). Insomma, come si evince dalle tue testimonianze l’Italia non è solo terra di mafia, corruzione e burocrazia, ma anche e soprattutto di innovazione, solidarietà e sostenibilità. Come far sì che nella percezione sociale emerga anche questo lato luminoso della nostra penisola?
Personalmente lo sto facendo tramite Italia Che Cambia. Gli unici che possono far cambiare la percezione sono i giornalisti, i produttori di cinema e audiovisivo e tutti gli addetti ai lavori del mondo della comunicazione; un risultato a larga scala, però, si avrebbe se grandi quotidiani o, ad esempio, la Rai decidessero di rendere evidenti storie e progetti positivi. Noi, come Italia Che Cambia, nel nostro piccolo, ce ne occupiamo già. Anche il lettore, però, può fare la sua parte scegliendo verso cosa rivolgere il proprio sguardo. Siamo inconsciamente stati educati a raccontare ciò che non va, ma invece dobbiamo mettere in luce quello che ‘va’. E se qualcosa non funziona possiamo valutare come cambiare la situazione. Io, nel libro, faccio riferimento all’effetto ‘Panda gialla’: quando cominci a notare le buone notizie intorno a te, ti accorgi che non sono isolate, ma sei circondato! Questo accade anche se compri una Panda gialla: credi di avercela solo tu, ma poi, dopo la tua nuova attenzione, ti accorgi che ce l’hanno più persone di quante potessi immaginare.
Nella tua narrazione, che offre anche numerosi frangenti introspettivi, non censuri i tuoi momenti intimi di sconforto legati a fallimenti personali o di realtà che hai messo in luce attraverso Italia Che Cambia. Riveli, infatti, che la strada per avviare e imboccare e un cambiamento è raramente in discesa, bensì richiede sforzi, impegno e tempo. Le tue testimonianze, gli episodi negativi e i tuoi sfoghi contribuiscono a offrire un’idea chiara e vera della strada da percorrere per realizzare i propri sogni, perché, come scrivi, il cambiamento fa paura. Quale consiglio daresti a chi sta abbandonando il proprio obiettivo alle prime difficoltà?
Innanzitutto non è detto che il cambiamento che credi di voler realizzare lo devi fare per forza. Non tutti sono tenuti a dover modificare qualcosa. Se una persona decide di arrendersi alle prima difficoltà è perché quello che vuole attuare è un cambiamento che non desidera davvero. E questo va accettato! Ad esempio, può succedere che i vantaggi di un lavoro che non ti soddisfa siano più forti degli svantaggi che genera. Allo stesso tempo, non è vero che se vuoi cambiare non puoi: sempre in ambito professionale, non ha senso lamentarsi del proprio posto lavorativo e non fare nulla per cambiarlo. A questo proposito, nel libro invito il lettore a scrivere su un foglio cosa conviene e non conviene se si mette in atto il cambiamento che si ha in mente. Così si ha di fronte a sé un bilancio chiaro. In generale, se davvero si desidera un cambiamento, è necessario cercare chi si trova nella tua stessa situazione, scoprendo e studiando chi e come ce l’ha fatta. Se si vuole cambiare vita, inoltre, bisogna trovare almeno mezzora al giorno per progettare questo processo. Dopo le opportune valutazioni, a un certo punto bisognerà ‘buttarsi’ e ci si dovrà trovare pronti ad affrontare anche delusioni che si presenteranno prima di arrivare al traguardo.
l libro è il frutto e la sintesi di dieci anni on the road che ti hanno visto impegnato a dar voce all’Italia che cambia. In questo decennio, tra gli episodi e le storie che hai raccontato come giornalista ce n’è una a cui sei maggiormente legato?
Ancora oggi, dopo tutti questi anni, non so cosa rispondere perché non c’è una storia in particolare. Posso però fare riferimento ai luoghi e nello specifico alle persone che li vivono: la Sardegna, la Sicilia, il Friuli Venezia Giulia, le Marche e Sicilia, solo per citare alcune regioni straordinarie, che sono spesso quelle mediaticamente meno esposte. Le ‘genti’ che le vivono sono accomunate dal comune intento di voler realizzare un cambiamento. Mi riferisco a queste persone usando il termine ‘genti’ – e non gente – perché a me dà l’idea di pluralità, io la interpreto così, la trovo indicata per riferirsi a comunità varie e diverse che vivono in un luogo e lo differenziano.
A mio avviso uno dei capitoli più rappresentativi ed emblematici per i contenuti del tuo libro è quello intitolato ‘Quando il come sostituisce il se’, in cui spieghi che il segreto per portare a termine un progetto o un desidero non è chiedersi se realizzarlo, ma come. Puoi anticipare e dettagliare a chi deve ancora leggere il libro questa considerazione?
Capita che mi venga chiesto cosa accomuna le persone che ho incontrato in questi anni di lavoro. La risposta? Quasi niente! Ho conosciuto e raccontato storie di individui e collettività di differenti professioni e generazioni. Il comune denominatore è che tutti loro, di fronte un problema, non si chiedono se realizzare un cambiamento, ma come. Come ho riportato nel mio libro, sembra un piccolo dettaglio lessicale, ma in realtà ha delle implicazioni importantissime. Quando ci chiediamo, ad esempio, se possiamo comprare un casale in campagna per aprire la tanto desiderata azienda agricola e lasciamo un posto di lavoro e una città che detestiamo, ammettiamo una risposta positiva e una negativa. Se invece ci chiediamo come possiamo comprare un casale per aprire la tanto desiderata azienda agricola e lasciare un lavoro e una città che detestiamo la nostra attenzione va alle diverse possibilità e modalità senza contemplare la risposta negativa. E così fanno quelli che cambiano. Questo processo riguarda ogni ambito, dal personale al politico e dall’economico fino al sociale.
Daniel, qual è stato il cambiamento più importante nella tua vita? E quale invece ti immagini o prefiggi per il futuro?
Ho fatto tanti cambiamenti nella vita: lavori, partner, città… di tutto. Il cambiamento esterno più grande è stato l’inizio del mio viaggio in camper, che significava abbandonare le certezze, intraprendendo un nuovo percorso senza sicurezze economiche e senza sapere cosa avrebbe portato il progetto, se non l’uscita di del libro ‘Io faccio così’. Quello personale, invece, è stato trasferirmi dove abito oggi: il passaggio significativo è stato passare dalla città a una casa immersa nella natura. L’altro cambiamento più grande è essere diventato padre. Quanto messo in luce finora non è una classifica, ma sono i momenti più forti in una vita di costante cambiamento.
Per quanto concerne il futuro non ho progettato cambiamenti. Forse perché rispetto al passato sono più sereno e, ad oggi, non ho quella smania che avevo un tempo; oppure – e in questo ragionamento l’età incide, 44 anni! – la spiegazione sta nel mio desiderio di radicarmi, non geograficamente, ma interiormente.