Nell’ambito del progetto Woolscape, che mira a valorizzare la cultura laniera del territorio biellese con la volontà di rendere il luogo più attrattivo per i turisti e per chi lo abita, viene proposta The Golden Age di Matteo Nasini, un’installazione ideata per gli spazi della Fondazione Pistoletto che consiste in una struttura di fili tesi a definire un campo sensibile in relazione a un arazzo di grandi dimensioni. L’immagine rappresentata è un paesaggio marino di carattere vulcanico, con i coni che si innalzano tra mare e cielo dando adito a una visione di bellezza e di meraviglia. Impossibile dire se ci si trovi in un passato remoto o in un futuro a venire. Certo è che, se la lana con cui l’opera è stata realizzata ispira un senso di familiarità, i colori dell’immagine sono accesi in modo innaturale. Il mare è di un blu fin troppo luminoso, il cielo è tinto di giallo, nere le formazioni terrestri, rosse sono le fiamme che i vulcani più alti stanno eruttando. L’insieme risulta estraneo, addirittura perturbante; suggerisce la presenza di un’energia potente, non facile da affrontare: questo mondo è chiaramente animato da forze soverchianti di fronte alle quali ogni parvenza di normalità collassa. Quasi che il paesaggio, troppo spesso ridotto a oggetto, rivendichi ora una propria autonomia. In questa immagine, che si offre come allarmata proiezione dell’ansia dovuta al cambiamento climatico, si manifesta la consapevolezza di un futuro imprevedibile e impensabile, che non finisce necessariamente con il genere umano.
Il giorno dell’inaugurazione di Arte al Centro, l’installazione costituisce lo scenario della performance sonora Splendore Neolitico. In questo caso Nasini si ispira a un mondo ancestrale. I musicisti usano strumenti in ceramica che l’artista ha creato sulla base di scansioni in 3D di ossa di animali vissuti tra i quarantamila e i trentamila anni fa, all’epoca della comparsa dell’essere umano sulla terra. Il loro suono, evocativo e primordiale, è un invito a ripercorrere all’indietro il cammino della civiltà, fino a un tempo anteriore. L’insieme fa così pensare a come l’atto creativo sia stato, per l’essere umano, un impulso primigenio. Ma traccia anche una correlazione tra il passato preistorico e il futuro, facendo cadere l’idea di linearità temporale a favore di una ciclicità che non si è abituati a pensare.
Il suono degli archeo-strumenti è riattivabile da parte dei visitatori lungo tutto l’arco della mostra, e fruibile grazie a una serie di scranni messi a loro disposizione. La visita a The Golden Age costituisce dunque una situazione atta alla riflessione; un’occasione in cui attivare un pensiero propositivo, progettuale, rispetto al tema del paesaggio troppo spesso interpretato solo come una commodity a disposizione. L’esistenza umana deve potersi svolgere in una delicata reciprocità con il mondo intorno. Solo questo può contribuire a ristabilire il necessario equilibrio.
Gabi Scardi