Una rete articolata di dirottamenti illegali su spedizioni, gestite in modo non autorizzato, di rifiuti plastici: è stata definita Plastic connection l’infiltrazione di gruppi criminali nel commercio di questo tipo di spazzatura. Un fenomeno sviluppato ed esteso a livello globale che è emerso da una complessa operazione resa nota dall’Organizzazione internazionale della polizia criminale, il Rapporto di analisi strategica sulle tendenze criminali emergenti nel mercato globale dei rifiuti di plastica da gennaio 2018 (INTERPOL’s strategical analysis on emerging criminal trends in the global plastic waste market since January 2018). Il periodo da cui è partito il lavoro non è casuale: fino a tra anni fa la Cina riceveva metà dei rifiuti plastici del mondo, ma, dopo delle nuove norme che ne hanno limitato l’importazione, il traffico di plastica si è diramato su altre nazioni in modo illecito. Come sottolineato dal rapporto, infatti, si è così accesa la miccia della criminalità opportunistica, che interessa in particolare i paesi asiatici in via di sviluppo, spesso con capacità limitate di gestione e applicazione delle normative sui rifiuti. Un esempio è la Malesia, che a maggio scorso ha fatto ‘tornare ai mittenti’ oltre 3700 tonnellate di rifiuti di plastica (equivalenti a 150 container) verso 13 diversi paesi da dove provenivano.
La criticità plastica, da tre anni non è quindi divenuta tale solo a livello ambientale – in particolare in riferimento a quella usa e getta – ma rappresenta un complesso e globale problema internazionale sul fronte legalità. Sì, perché stando all’analisi dell’INTERPOL, esiste un sistema di spedizioni illegali lungo rotte commerciali transregionali e intraregionali. La diffusione del fenomeno non è ridotta: la dimensione di questa gestione illegale di plastica riguarda almeno 52 delle 257 rotte commerciali analizzate. “L’inquinamento globale da plastica – ha dichiarato il presidente del Comitato consultivo per la conformità e l’applicazione dell’ambiente di INTERPOL, Calum MacDonald, anche direttore esecutivo della Scottish Environmental Protection Agency (SEPA) – è oggi una delle minacce ambientali più pervasive per il pianeta e la sua corretta regolamentazione e gestione è di fondamentale importanza per la sicurezza ambientale globale”.
Per porre sotto i riflettori mediatici questa emergenza il WWF ha fatto sentire la propria voce, chiedendo che sia ideata e applicata un’azione globale ad hoc da parte di governi, forze dell’ordine, imprese e consumatori. Nello specifico, la maggiore associazione ambientalista italiana, ha delineato una serie di azioni per far fronte alla criticità rivolgendosi ai governi di tutto il mondo. Come si legge in una nota ufficiale sul loro sito, sono quattro le macro-proposte: accelerare i negoziati per un accordo globale legalmente vincolante con piani d’azione e regolamenti nazionali chiari, compreso il supporto per la gestione dei rifiuti nei paesi a basso reddito; rafforzare i meccanismi esistenti come l’eliminazione graduale della plastica monouso, il miglioramento della capacità di riciclaggio domestico nei mercati sviluppati e la risoluzione delle lacune nella gestione dei rifiuti nelle economie in via di sviluppo; innovare e ampliare le alternative alla plastica rispettose dell’ambiente; investire nella ricerca e nello sviluppo di capacità per migliorare il monitoraggio e l’applicazione delle norme sui rifiuti di plastica.
Gli appelli del WWF stanno avendo seguito: circa 2 milioni di persone – in tutto il pianeta – hanno firmato una petizione che esorta i governi a stabilire un trattato globale legalmente vincolante per affrontare l’inquinamento marino da plastica. Non solo, 133 paesi hanno già reso noto di voler supportare la causa.
“La presenza di attività criminali relative ai rifiuti – ha affermato nella nota sul portale web del WWF Italia Isabella Pratesi – è una minaccia crescente che getta le sue radici in un problema più profondo: l’incapacità di gestire sia l’utilizzo che la nostra produzione di plastica. A fianco del crescente e pervasivo inquinamento da plastica sugli ecosistemi marini e gli studi che dimostrano l’esposizione degli organismi viventi, compresi noi umani, a nano e microplastiche che pervadono ogni angolo del pianeta, ora assistiamo anche alle sue implicazioni criminali. L’unica soluzione per affrontare questa crisi che ormai trascende i confini nazionali è un cambiamento dell’intero sistema e una maggiore responsabilità. Dobbiamo essere consapevoli – ha concluso Pratesi, direttore conservazione di WWF Italia – che i rifiuti di plastica sono un vero e proprio business criminale, che mette a rischio la salute del pianeta, partendo da quella del mare. Il WWF chiede ai leader mondiali di unirsi per un trattato globale che affronti l’inquinamento marino da plastica”.
In attesa che il mondo intero dia una risposta concreta, nuovi segnali dovrebbero arrivare dal 2021, quando, secondo la Convenzione di Basilea, si dovrebbero adottare a livello mondiale misure internazionali sul commercio internazionale di rifiuti di plastica.