Salvatore Iaconesi è stato un artista, un teorico e un pensatore critico dei possibili sviluppi della tecnologia. Con Oriana Persico ha dato vita a un duo artistico che ha prodotto varie esperienze e riflessioni sul contemporaneo tecnologico: in Art in Open Source e Her: She Loves Data, hanno lanciato un centro di riflessione culturale che mediante gli algoritmi e l’intelligenza artificiale crea processi di accelerazione culturale. Umanistico è il progetto di vita Angel_F, una Intelligenza Artificiale bambina come algoritmo. Un’indagine sulle relazioni parentali, familiari, naturali, e i temi dell’amore, della solidarietà, della comunità, della partecipazione, della trasformazione umana e sociale.
Ma è La Cura che porta Iaconesi a identificarsi completamente con l’arte. Un’opera in cui il soggetto si fa dispositivo artistico. È un appello alla condivisione ‘open source’ di una cura che può distaccarsi dalla semplice pratica della prescrizione/somministrazione del pharmakon. Salvatore dopo la diagnosi della malattia ha riallocato il suo corpo in una dimensione artistico-partecipativa che può avvenire solo quando un libero scambio di informazioni permette a tutti, nell’immenso ed eterogeneo panorama delle opportunità, di accedere alle informazioni indispensabili per raggiungere – per l’appunto – una giusta cura.
La Cura rappresenta una performance artistica che per milioni di persone poteva sembrare un appello, ma per lui era semplicemente la malattia che elevata a opera d’arte diventava dispositivo di indagine e ricerca di un contemporaneo; ovvero i dati e le segretezze a essi impropriamente associate, la mancanza di una condivisione globale delle pratiche mediche, l’espropriazione digitale del corpo, l’organicizzazione dell’essere e la sua riduzione a codice. Un’opera d’arte in cui si sfumano i confini dell’autore e dell’opera, ovvero dove l’opera coincide con l’artista e con il concetto stesso di arte. Un artista che ha fatto della propria vita un tutt’uno con la ricerca artistica fino a far coincidere il suo esserci con l’opera d’arte, un presente che continuerà con la narrativa messa in atto dal suo stesso diventare opera d’arte.
Con la Fondazione Pistoletto, per Unidee Residency Programs, aveva partecipato – in veste di mentore insieme alla compagna di una vita Oriana Persico – a una residenza nel maggio 2015, dal titolo Ubiquitous Infoscapes. L’obiettivo era esplorare come i dati e le informazioni siano ovunque. Infatti arricchito di informazioni, il paesaggio fisico diventa infoscape, ovvero un paesaggio di informazioni (nel filmato sopra una sua intervista sulla residenza). Il direttore dell’Accademia Unidee, Francesco Monico, che nel corso degli anni ha collaborato con Iaconesi, lo ricorda così: “Come studioso tra filosofia, arte e tecnica ho condiviso una cultura che si faceva con Salvatore, quella dei media studies e della conseguente trasformazione sociale. Incontrato per la prima volta all’epoca dei collettivi informatici, conosciuto nella scena hacker, abbiamo discusso assieme del G8 di Genova. Quindi fu, con Oriana Persico, tra i primi artisti italiani ad aderire agli incontri promossi dal Planetary Collegium, il primo programma di ricerca dottorale PhD per artisti e autori dei cultural e media studies. Dava il suo contributo in appassionate discussioni con Roy Ascott, Derrick de Kerckhove, Pierluigi Capucci, e dell’allora presente Antonio Caronia. Salvatore era sempre e comunque una certezza, quella del dibattito critico, della riflessione aperta, della visione creativa sulle cose importanti di questo primo XXI secolo. Per questo – ha concluso – possiamo dire che l’Accademia Unidee della Fondazione Pistoletto eredita quindi anche il suo contributo, perché sicuramente ha dato il suo contributo al lavoro dell’Accademia sul rapporto tra umanità, tecnologia, innovazione sociale e gli studenti studieranno le sue esperienze artistiche.”