Fornire una serie di proiezioni aggiornate relative all’innalzamento del livello del mare per tutti gli stati e territori degli Stati Uniti: è questo, in sintesi, l’obiettivo del Sea level rise 2021, rapporto che si basa sull’incrocio di vari dati, dalle misurazioni delle maree alle osservazioni satellitari, sulla scia delle analisi contenute nell’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc). Lo studio, realizzato dalla National oceanic and atmospheric administration (Noaa) in collaborazione con altre sei agenzie federali americane, è teso infatti a determinare le proiezioni sull’aumento del livello del mare negli Usa, che, secondo gli esperti del settore, è causato principalmente dallo scioglimento delle calotte di ghiaccio e dei ghiacciai a seguito del costante aumento delle temperature globali. Ciò che emerge dal documento non lascia spazio all’immaginazione: entro il 2050 il livello del mare lungo le coste degli Stati Uniti potrebbe salire in media da 25 a 30 centimetri – la stessa portata dell’aumento registrato negli ultimi cento anni – e la conseguenza più grave di questo innalzamento sarebbe un aumento rilevante della frequenza delle inondazioni costiere, anche in assenza di forte vento e tempeste.
Non solo, sono tutti fenomeni che nei prossimi 30 anni si verificherebbero dieci in volte in più rispetto ad oggi. In quest’ottica, Sea level rise 2021 mira quindi a fornire una panoramica futura per aiutare le comunità e gli addetti ai lavori a valutare e avviare i potenziali cambiamenti sistemici e strutturali. Nel report, a questo proposito, viene specificato che il monitoraggio continuo di come e perché il livello del mare stia cambiando è una parte importante dell’informazione dei piani di adattamento; risulta inoltre fondamentale la capacità di monitorare e comprendere i singoli fattori che contribuiscono all’innalzamento del livello del mare, che consentirebbe di avere strumenti, analisi preventive e risorse, come, ad esempio, l’uso dei satelliti per tracciare il livello globale degli oceani e lo spessore della calotta glaciale. “Gli scienziati – si legge nella nota stampa dedicata di ASviS – offrono proiezioni fino all’anno 2150, pur riconoscendo che nel lungo periodo la variabilità dei modelli aumenta anche in considerazione delle traiettorie di emissioni attuali e future. Ad esempio, se il riscaldamento globale verrà mantenuto a circa 2 gradi sopra i livelli preindustriali, la Nooa stima che l’innalzamento del livello del mare negli Stati Uniti potrebbe essere limitato a circa 60 centimetri entro la fine del secolo. Se le temperature supereranno quella soglia, la previsione aumenta fino a oltre due metri”.
Alla luce di questo spaccato, secondo Bill Nelson, amministratore della Nasa, “lo studio conferma ciò che sappiamo da tempo: il livello del mare continua a salire a un ritmo allarmante, mettendo in pericolo le comunità di tutto il mondo. La scienza è indiscutibile ed è necessaria un’azione urgente per mitigare una crisi climatica che è ben avviata”. L’impatto maggiore, nello specifico, si potrebbe registrare nella zona del Golfo del Messico e lungo la costa orientale, mentre quella occidentale e le Hawaii sarebbero colpite meno della media. “Questo rapporto – ha sottolineato Rick Spinrad, amministratore della Nooa – è un campanello d’allarme per gli Stati Uniti, ma ci fornisce le informazioni necessarie per posizionarci al meglio in futuro”. Gina McCarthy, consigliere nazionale della Casa Bianca per il clima, ha ‘suggellato’ l’emergenza, confermando come la crisi climatica abbia raggiunto il cosiddetto ‘codice rosso’. Time is over.