Arte e Cittadellarte. Un legame indivisibile, un’unione che si sposa nel nome e in tutte le macroaree della Fondazione Pistoletto. A dirigere la sinfonia artistica c’è la figura di Juan Esteban Sandoval, Responsabile Ufficio Arte. Con questa intervista Sandoval illustra il funzionamento di questa parte fondamentale e la sua relativa ramificazione nei progetti paralleli.
Qual è il suo ruolo a Cittadellarte?
Lavoro qui dal 2001, sono responsabile dell’ufficio arte, mi occupo di far seguire le mostre e i nuovi progetti che riguardano appunto l’arte. Curo le esposizioni fin dalle basi, dal concepimento dell’idea, spesso insieme a Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte, e Michelangelo Pistoletto, fino al loro sviluppo finché non diventano fruibile dal pubblico. Nello specifico il mio ruolo principale è tradurre progetti e processi in qualcosa che si concretizzi nello spazio fisico a disposizione dei visitatori. Mi occupo anche delle iniziative esterne a Cittadellarte, che riguardano sia mostre sia interventi negli spazi urbani.
Qual è l’impronta che Cittadellarte dà a livello internazionale?
Un fattore importante è stato dato dalla residenza di Unidee, cioè chi partecipava all’Università delle Idee. Consisteva in un corso, nel quale io stesso ho lavorato e partecipato, dove gli iscritti, prevalentemente artisti, venivano a vivere a Cittadellarte per quattro mesi. In questo periodo seguivano attività e progetti con la partecipazione di esperti. Essendo un programma internazionale portava visibilità e riconoscimenti mondiali, visto il richiamo che dava nei residenti stranieri. Ora, anche se la residenza è cambiata con moduli settimanali, il riscontro rimane sempre a livello mondiale. Ovviamente la nostra calamita principale d’immagine è Pistoletto, che attira sguardi da tutto il mondo. Altro fattore importante è la collaborazione con l’Onu, in vari ambiti, come con la moda e la trasformazione urbana, di cui mi sono occupato personalmente. Sono rapporti fondamentali che stiamo potenziando e l’ufficio arte ha contribuito con mostre e ricerche.
A livello locale invece?
Anche sul territorio biellese stanno capitando fatti importanti, anche non specificatamente inerenti all’ufficio arte. Un esempio è Hydro, ci è voluto molto per realizzarlo, ma ora sta funzionando. Nel tempo porterà un rapporto entrata-uscita molto forte, così come i laboratori Unidee. Può rivelarsi un crocevia significativo di comunicazione tra noi e la città. L’ufficio arte, inoltre, si rapporta col pubblico locale attraverso mostre e laboratori didattici.
Ci spiega qual è il percorso che c’è dietro l’organizzazione di una mostra?
Lavoro alla realizzazione delle mostre con Grazia Amendola, la mia assistente, ci occupiamo del processo creativo e tecnico. C’è un grande impegno di dialogo e studio, oltre che investimenti cospicui.
La prima mossa è passare dal concetto alle forme concrete, arrivando così a qualcosa di tangibile. Deve quindi avvenire un processo di traduzione d’immagine, che seguo sia autonomamente sia in dialogo con altri responsabili di Cittadellarte. Infine bisogna arrivare al pubblico promuovendo il tutto tramite reti sociali.
Come sono concepite e studiate le mostre per i visitatori?
Noi le immaginiamo sempre con una visita guidata, infatti sono esposizioni di progetti, è importante che il pubblico capisca che sta osservando un’opera che non è solo d’impatto a livello estetico, ma che esprime dei concetti. Come per i laboratori, la mostra è una porta d’ingresso per capire l’argomento, ma la guida è basilare per illustrare più aspetti, intuibili anche leggendo la descrizione delle opere. Per questo tipo di lavori, che portano numerosi significati, è fondamentale la componente di mediazione.
Quali sono le prospettive sulle mostre e sul pubblico?
Le mostre ci presentano al mondo, da tutti i visitatori fino chi partecipa a Unidee, quindi, in quanto strumento di comunicazione per la Fondazione, vogliamo continuare a coinvolgere studenti, giovani e artisti importanti. Utilizzando le nostre risorse culturali, economiche e di spazio, puntiamo a una crescita collettiva. Per quanto concerne il pubblico proseguirà la collaborazione con le scuole, dall’educazione dei più piccoli, fino ai futuri studenti del SID. Dobbiamo arrivare ad avere sempre più visitatori e continuare a lavorare al meglio con il nostro bacino d’utenza specializzato.
Quali sono, a suo avviso, le iniziative più importanti organizzate o alle quali avete partecipato?
Sono tante le occasioni che andrebbero menzionate. A livello storico la Biennale di Venezia nel 2005, a San Servolo, fu di grande valore, un impegno di un mese e mezzo per costruire la mostra. Anche il progetto a Cuba di Michelangelo Pistoletto è fondamentale. Molto rilevanti, inoltre, il progetto ad Anversa o la mostra a Zurigo nel 2003.
Cosa rappresenta per lei l’arte e in che mondo può darle soddisfazione personale e professionale?
L’arte è uno strumento di trasformazione sociale, per questo in Fondazione la mettiamo in rapporto con altre discipline, può portare a un’evoluzione. L’arte è un motore, non deve essere isolata dalla vita di tutti i giorni, ma radicata e in dialogo con tutto il mondo sociale.
Per me è una soddisfazione tradurre un’idea in qualcosa di concreto come con le mostre. Se si rivela accattivante per i visitatori è motivo di gioia, visto che le esposizioni sono il nostro strumento per essere visti e conosciuti.