La GAM punta i riflettori sulla scultura italiana del quarantennio che va dal 1940 al 1980: è attualmente visitabile, infatti, una mostra che presenta 50 opere realizzate da 40 artisti attivi nell’arco di questo periodo, contrassegnato da profondi cambiamenti e da forti scosse stilistiche sia dal punto di vista dei soggetti sia delle tecniche. In quest’ottica, la Galleria d’Arte Moderna prosegue la ricognizione sul proprio patrimonio dedicando dunque una mostra ad hoc, aperta fino al prossimo 10 settembre. “La ricca collezione della GAM – si legge nella nota stampa dedicata –, oltre che dalle opere di scultura acquisite nel tempo dal museo, ha potuto contare negli anni sul determinante ruolo della Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris e della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT che hanno contribuito, con importanti acquisizioni, ad accrescere la raccolta”. Come indicato sul sito della Galleria, la mostra, intitolata Viaggio al termine della Statuaria e curata da Riccardo Passoni, prende avvio dal confronto sorprendente tra le figure femminili del Ritratto di Eva di Edoardo Rubino, scultore dei Savoia e Senatore del Regno, e l’implosivo espressionismo de La pazza di Sandro Cherchi, per poi proseguire rievocando le tante declinazioni della scultura informale italiana. “Questa prima parte attesta come, intorno al 1945 e negli anni a seguire, salvo poche eccezioni, la scultura cominci ad affrontare – viene specificato – una serie di svolte di grande portata: tenta di uscire da una dimensione o da un pensiero di impostazione monumentale, o ornamentale, o di ritrattistica sia celebrativa sia privata, per avvicinarsi a nuovi soggetti e tecniche sperimentali”. Per illustrare il nuovo corso della scultura di questo periodo, oltre a Cherchi e Giuseppe Tarantino trovano spazio le terrecotte di Leoncillo, i bronzi dinamici di Umberto Mastroianni e di Pietro Consagra, i ferri di Franco Garelli, di Nino Franchina, gli assemblaggi di Ettore Colla. Al contempo, campeggiano in mostra il drammatico gruppo ligneo de Miracolo (Olocausto) di Marino Marini e il grande Concetto spaziale in metallo di Lucio Fontana, cui fanno da contraltare le Donnine in ceramica di Fausto Melotti.
“Gli anni sessanta – viene aggiunto nella nota – sono rappresentati tra gli altri da lavori di Giuseppe Uncini, Nicola Carrino, Pietro Gallina, Mario Ceroli, con opere che sperimentano materiali eterogenei. Con il suo tappeto natura La Zuccaia del 1966, Piero Gilardi – da poco scomparso e a cui la GAM vuole rendere un affettuoso omaggio – approda a una inedita scultura morbida, in poliuretano espanso colorato, con cui affronta il tema natura/artificio e allo stesso tempo denuncia la mercificazione dell’ambiente. Con ovvie ragioni il binomio arte/natura è più che affrontato dai protagonisti dell’Arte Povera: da Lavorare sugli alberi, Alpi Marittime di Giuseppe Penone, a Senza titolo di Giovanni Anselmo, fino ai processi chimico-fisici proposti da Gilberto Zorio”. Il percorso si conclude con le ultime esperienze degli anni settanta – inizio anni ottanta: qui uno dei protagonisti è Michelangelo Pistoletto, che lasciava la stagione degli Oggetti in meno a favore di opere specchianti, assorbendo lo spazio circostante come in Raggiera di specchi del 1973 – 1976 (nell’immagine di copertina), presente in mostra. Si passa poi a Nanda Vigo, che, con l’intento di indagare un nuovo esito percettivo, proponeva nel 1976 Exoteric Gate, in vetro ferro e neon: una riconnotazione dello spazio, alterato da un’installazione geometrica e luminosa. La riappropriazione della scultura, dopo la stagione concettuale e poverista (ma facendone tesoro) sarà riattivata con la terracotta da Giuseppe Spagnulo e Nanni Valentini, con il gesso da Paolo Icaro, secondo diversi paradigmi, per giungere al trionfo monumentale della ricerca plastica de La Campana di Luigi Mainolfi.