Daniel Tarozzi intervista Rob Hopkins, alla scoperta dello sconfinato potere dell’immaginazione
Il direttore del nostro Journal, per Italia Che Cambia, ha dialogato con il fondatore del Transition Towns Network nella nuova puntata della rubrica "Matrix è dentro di noi". Nel confronto, articolatosi a partire dai contenuti dell'ultimo libro di Hopkins, si è riflettuto sull'impatto dell'immaginazione nei cambiamenti individuali e collettivi: "Immaginare - così l'autore - è il nostro superpotere, ed è ciò che ci rende diverso dagli altri animali di questa Terra". L'ospite della rubrica ha messo inoltre in luce la nascita del Movimento della Transizione e ha spiegato perché la capacità di chiedersi ‘come sarebbe se…?’ sia il primo passo per costruire il futuro dei nostri sogni. Vi proponiamo il filmato.

George Clooney, con uno sguardo ammiccante, si rivolge al telespettatore: “Immagina, puoi“. Sette anni fa queste due parole pronunciate dall’attore hollywoodiano nello spot televisivo di una nota azienda italiana di telecomunicazioni hanno avuto molto successo, diventando quasi un’espressione scherzosa ricorrente nel linguaggio comune. L’affermazione utilizzata per la promozione della compagnia di telefonia racchiude una verità molto più complessa e articolata. Non sappiamo se la pubblicità volesse spingere l’ascoltatore a rifletterci. Probabilmente no, è facile credere che volesse essere una frase d’impatto senza ambire a innestare profonde analisi. Chi invece ha ideato un movimento attorno al potere dell’immaginazione è Rob Hopkins, attivista e scrittore inglese che ha fondato il Transition Network. Daniel Tarozzi, direttore del nostro Journal, lo ha intervistato nell’ambito della rubrica Matrix è dentro di noi di Italia Che Cambia. Il dialogo, che ha visto la partecipazione dell’interprete e attivista Deborah Rim Moiso e del giornalista Andrea Degl’Innocenti, ha toccato più volte i temi trattati nell’ultimo libro di Rob Immagina se… Libera il potere dell’immaginazione per creare il futuro che desideri (appena pubblicato in Italia da Chiarelettere). Nel volume l’autore si sofferma sul ruolo dell’immaginario nel processo di costruzione del futuro e motiva l’importanza di immaginare una realtà diversa e virtuosa. Chiedersi come raggiungere un determinato obiettivo (che sia un desiderio individuale o un cambiamento sociale, ambientale o economico), per Rob, è il primo passo per far sì che si concretizzi.

Daniel, nell’11esima puntata della rubrica, ha esordito delineando i parallelismi tra Italia Che Cambia e il movimento Città di Transizione, spiegando come dal 2012, anno in cui è stato avviato il suo progetto editoriale, attraverso una serie di viaggi in camper ha costruito una narrazione su quella parte della nostra penisola che si attiva per cambiare in meglio le cose: “Proponendo un nuovo immaginario – ha affermato – abbiamo mostrato un mondo diverso, in cui le persone si autodeterminano e affrontano i problemi che li affliggono realizzando i propri sogni. In questi 8 anni di ricerca abbiamo capito che cambiare se stessi e il mondo è quasi la stessa cosa”. In questo percorso professionale e personale Italia Che Cambia ha conosciuto e messo in luce l’approccio transizionista, che ha influenzato la visione del progetto nel corso degli anni. Anche in quest’ottica è stato scelto Rob come ospite dell’ultima puntata di Matrix.

Daniel ha esordito domandandogli quale fosse per lui il ruolo dell’immaginario nella costruzione della realtà. “Prima di creare qualunque cosa nel mondo – ha risposto Rob – la devi immaginare; ciò che vediamo intorno a noi, infatti, è stato prima immaginato. La nostra memoria riassembla le cose che conosciamo in un altro modo. A questo proposito, il pedagogo John Dewey ha affermato che l’immaginazione consiste nel ‘vedere le cose altrimenti’, dote di cui abbiamo molto bisogno nel 2020. L’immaginazione credo che sia quello che noi facciamo come essere umani quando stiamo bene, è un indicatore di salute. Immaginare è il nostro superpotere ed è ciò che ci rende diverso dagli altri animali di questa Terra”.

L’ospite si è poi soffermato su un’espressione che l’ha colpito utilizzata da alcuni studiosi, ovvero fallimento dell’immaginazione, che si può a suo avviso ricondurre al cambiamento climatico. “Come è possibile – si è chiesto – che nel 2020, con tutto quello che abbiamo, avere un fallimento dell’immaginazione? Mi sono messo in cammino per rispondere a questa domanda e ho intervistato più di 100 persone, tra neuroscienzati, artisti, poeti e birrai. Dopo numerosi confronti, ho concluso che quest’anno la società ha creato una tempesta perfetta di fattori che danneggiano la nostra capacità di immaginare”. Rob illustra le cause alla base di questa criticità: “Proprio ora che dovremmo immaginare un mondo migliore, abbiamo quasi perso la capacità di giocare e non abbiamo tempo e spazio per farlo, ma è fondamentale per un processo di cambiamento. Poi passiamo tanto tempo davanti a schermi e social media (che danno dipendenza) e poco in natura. Anche il sistema educativo svaluta o non dà molto spazio all’immaginazione. Sono dannose, in quest’ottica, anche povertà, discriminazione, ansia e stress”.

Daniel ha proseguito l’intervista chiedendo approfondimenti sulla nascita del movimento: “Tutto nacque da un esercizio di immaginazione, un lavoro con un gruppo di studenti che si chiedevano come potesse esserci un mondo non basato sulle fonti fossili. da uno sforzo di pensiero c’è stato un movimento diffuso in tutto il mondo. Oggi cosa state immaginando all’interno del Transition Network?
Ogni movimento – ha replicato Rob – ha il suo mito fondativo. Tutto è cominciato quando insegnavo permacultura in Irlanda: chiesi ai miei studenti, per un progetto, ‘come sarebbe il mondo se non dipendessimo dal petrolio fino e ci trovassimo così in un posto migliore da quello in cui siamo partiti?’. È cominciato tutto così, con un esercizio, ma abbiamo capito quanto fosse importante. Poi ci siamo domandati: ‘E se fondassimo un movimento con questa idea?’. Quando si comincia qualcosa non si sa mai dove si andrà a finire…

Tarozzi ha poi riflettuto su come passare da un immaginario costruito attorno alla critica (contro il governo, i padroni, le multinazionali ecc.), ad uno in cui si cerca di avere un dialogo con l’altro. “È troppo difficile – così Daniel – in questo momento storico?
Durante le mie ricerche per l’ultimo mio libro – ha raccontato l’ospite – ho parlato del potere di fare delle ottime domande, che cominciano con ‘immagina se’. Ho incontrato in giro per il mondo dei movimenti che tengono in vita interrogativi enormi. Ad esempio, nel volume tratto di un movimento negli Stati Uniti che si immagina come sarebbe il mondo se non ci fossero il sistema penitenziario e l’incarceramento di massa. Se non ci facciamo queste grandi domande, se non immaginiamo queste cose, non succederanno mai. Se non pensiamo a un mondo di pace senza armi e guerre non ci sarà mai. Ne va della nostra sopravvivenza. Abbiamo quindi bisogno sia di movimenti che ci dicono cosa non va bene e non è accettabile, soprattutto se sono non violenti e democratici (come Extinction Rebellion), sia di azioni di protesta e di costruzione di un nuovo mondo”.

Daniel ha poi interrogato Rob su come alimentare la consapevolezza di poter incidere nella società: “I complottisti ritengono che poche persone governino il mondo, mentre noi siamo impotenti. Come contrapporre un altro immaginario che mette al centro le persone o non dei possibili poteri occulti?
È nella natura stessa del capitalismo – ha argomentato Rob – concentrare il potere nelle mani di pochi. Le teorie del complotto, sentite tanto in questo periodo di pandemia, arrivano da persone che travisano come funzione il capitalismo: hanno solo capito che concentra il potere nelle mani di pochi, ma non hanno compreso il perché. Penso che questi ‘pochi’ che hanno il potere sono rappresentanti di un’economia (come quella che ha a che fare con gli idrocarburi, con le auto e un vecchio modo di produzione energetica) che oggi sta perdendo di senso: il nuovo mondo di cui abbiamo bisogno per sopravvivere richiede anche un passaggio di potere molto più decentralizzato. Per esempio, se guardiamo i nuovi sistemi energetici (fotovoltaico, eolico), necessitano di proprietà molto più diffuse nel territorio. Oggi è vero che molto potere sta nelle multinazionali, ma ogni persona ha potere, che inizia a prendere vita quando ci connettiamo con i soggetti che ci stanno interno, dai nostri vicini a coloro che vivono nella nostra città”.

Il direttore del nostro Journal si è poi focalizzato sull’operato di Italia Che Cambia: “Da anni raccontiamo esperienze di cambiamento positivo. In alcuni casi ci viene detto che questo è controproducente, perché di fronte a problemi complessi come il cambiamento climatico non c’è più tempo per le questioni personali, ma occorre pensare di più ad altro, come ai governi e alle banche. Tu che ne pensi?
Lavorare tra banche e governi o sul livello personale è una falsa dicotomia. Non esiste un singolo approccio o un’unica soluzione. Bisogna sì cambiare il sistema e riformare le banche, idem per il sistema energetico e le assicurazioni, ma dobbiamo lavorare alla scala delle comunità e delle singole persone; tante sono scoraggiate, pensano di non avere potere, ma tutti i grandi cambiamenti cominciano così. Harry Potter e Frodo all’inizio si sentono piccoli, ma poi compiono la grande impresa che si erano prefissati. Il lavoro di Italia Che Cambia, in quest’ottica, è prezioso perché mostra che alcune cose, anche se all’apparenza difficili da realizzare, sono possibili”.

L’intervista si è poi concentrata sulle neuroscienze, che “oggi dimostrano – così Daniel – che immaginare una cosa in parte la rendi reale. Specifici esperimenti hanno dimostrato che se si immagina di fare attività fisica si sviluppano i muscoli. Da questo punto i vista immaginare un mondo in cui natura, scuola bellezza e armonia sono realtà diventa il primo passo per renderli reali, proprio a livello cerebrale. A maggior ragione in Italia e nel mondo ci sono tantissime realtà virtuose. Eppure molti si sentono soli, anche perché i media guardano da un’altra parte. Cosa possiamo fare per diffondere queste immaginazioni e soluzioni che già esistono?
Come accennavo – ha riflettuto Rob – l’immaginazione è legata ai ricordi, che sono fondamentali per comporre un nuovo immaginario. Molte realtà condividono storie ed è importante, così come vedere i posti e i progetti in azione, perché si costruisce la nostra memoria. C’è anche bisogno di media specializzati: 9 anni fa sono stato negli USA, pensando che a nessuno importasse nulla del cambiamento climatico visto che producono il 25% delle emissioni clima alternati del pianeta. Ma non è così: negli Stati Uniti è tutto un fiorire di iniziative e progetti virtuosi, ce ne sono ovunque, ma non li vediamo in TV. Come succederebbe se la CNN, la Fox News e tutti i canali trasmettessero queste storie ogni giorno? Cambierebbe il mondo”.

Il dialogo si è concluso con due domande del giornalista di Italia Che Cambia Andrea Degl’Innocenti: “Uno dei contenuti che mi ha colpito nel tuo libro è che quando si pensa alla democrazia, l’immaginario comune ritiene che il modo più democratico di azione in politica sia fare a maggioranza o a referendum. Nel tuo libro, invece, racconti esperienze diverse…”.
Il referendum sulla Brexit – spiega Rob – è stato costruito come l’apoteosi della democrazia. Ma non lo è affatto! Prendere una decisione su una questione così complessa come il rapporto con l’UE presuppone tante posizioni possibili, non c’è solo un sì o un no. Questo è un atto di per sé distruttivo. Nel mio libro, invece, metto in luce episodi di democrazia partecipativa, storie che danno il senso di come possiamo fare la differenza come cittadini”.

Andrea ha inoltre domandato quale sia il ruolo dell’immaginazione ai tempi del Coronavirus: “Questa pandemia mi ha fatto percepire il paradosso dell’immaginazione: da una parte sento che avremmo bisogno di pensare a qualcosa di diverso, cambiando radicalmente il nostro modo di vivere, dall’altra mi pare che siano tutti molto indaffarati nel mettere le pezze al sistema che sta crollando e che nessuno abbia tempo per immaginare. Come ne usciamo?
“Ci stiamo pensando tutti. È il tema e il paradosso del momento. Zoom è uno strumento straordinario come altri tecnologici, ma non c’è sostituto per trovarsi in uno spazio con altri esseri umani. Quando potremo farlo – ha concluso Rob – credo che capiremo cosa possono fare i movimenti della transizione per andare avanti”.

Che mondo sarebbe senza immaginazione? Abbiamo un potere sopito dentro di noi, che dovremmo esercitare più volte: può realmente rivelarsi la chiave per dare una svolta alla nostra quotidianità e a tutto il contesto sociale che viviamo.

 

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